Scazzamurrieddhru
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Lo Scazzamurrieddhru è un antico folletto presente nelle leggende salentine che rappresenta un essere dispettoso. Altri suoi nomi sono Scattamurreddhru,Urulu, Sciacuddhruzzi, Uru, Laùru, Tiaulicchiu, Carcaluru e Moniceddhru (monacello).
Il termine scazzamurrieddhru viene utilizzato in particolare nell'area ionico-salentina.
Nelle antiche leggende è un piccolo folletto, brutto e peloso che durante la notte intrecciava la criniera e la coda dei cavalli e saltava sulla pancia di chi compiva cattive azioni.
Anche nel foggiano è presente questa credenza popolare. Il nome cambia però in Scazzamurrill al quale viene affiancato il fatto che questo piccolo e brutto folletto appaia in sogno sedendosi sul nostro petto e facendoci svegliare. Se si è cosi abili da sottrargli il cappello lui piangerà e pur di riavere il suo cappello sarà disposto ad esaudire un nostro desiderio (che di solito, nella tradizione, è legato alle monete d'oro).
== Il folletto salentino: ==
lu Scattamurreddhru raccontato da storici ed etnografi
"Il folletto (che oltre il nome comune di Laùru gode del polinomio di Scattamurreddhru, di Moniceddhru e di Carcaluru), benefico di frequente, è un piccoletto alto tre spanne, bruttino, fosco, peloso, vestito di panno color tabacco, con cappellino in testa; d'ordinario scalzo; smanioso quindi di possedere un pajo di scarpette, se ne sdebita con chi gliele dona regalandogli un gruzzolo di moneta sonante, o indicandogli il luogo ove giace nascosto un tesoro. Vuoi tu altra via, e men costosa, per guadagnarti uno di quei tesori? Se mai verrà da te, presso il tuo letto, fagli trovar alcuni sassolini nelle tue pantofole; egli li prenderà ed in cambio vi deporrà oro.si dice anche che se si risce a togliergli il berretto se ne vada,lasciandoli libero di respirare.
T'avverrà lo stesso se giungerai a rubargli il cappellino. Però il signorino ha il gusto di saltare a piè pari sul dormiente che visita, e raggomitolarsegli sullo stomaco, producendogli un senso di gran malessere, di pesantezza e di pressione (da carcare, calcare, premere, carcaluru); e ciò massime se è donna, e più se fanciulla, ché anche egli sente il pizzicor d'amore. Protegge le giovinette da' furori delle matrigne o delle dispotiche padrone, sino a compiere tutti i servizi della casa che esse dovrebbero compiuti dalla sue protette: e quando le sente sgridate o le vede manomesse, disturba la quiete notturna, rompe "lu cofanu de la culata" (conca "del bucato"), lancia pietre contro le vetrate, rovescia le padelle etc. etc. e fa altri dispetti alla famiglia. Orbene: lu Laùru è lo spirito incubo di Plinio, di Servio, di S. Agostino, di Petronio Arbitro, etc. con qualche piccolissima aggiunzione o cambiamento; è il morbo efialte (?) dei nosografi che sorprende non di rado il dormiente supino, per modo da fargli parere che una forza esterna lo assalga e l'opprima. Però non sempre i dotti si sono separati dal volgo e parecchi scrittori di medicina del secolo scorso (tra' quali il veneziano Sebastiano Merlli), seguendo certi moralisti, ebbero il coraggio di scrivere che messer lu Laùru è incubo e succubo e che si compiace di fare or l'una or l'altra parte di un certo giuoco. Incubo e Succubo sono le specie del genere degli spiriti concumbenti.
Lu Laùru volge la sua attenzione agl'animali; di notte, striglia, abbevera, dà la profenda ai cavalli, agli asini; qualche volta anche li bastona, li impiaga, li fa intristire [ossia trascura la pulizia dei crini che s'increspano e si aggrovigliano in modo inestricabile] e non mancano casi in cui d'una coppia d'animali ben l'uno e mal veda l'altro; toglie allora dal secondo e dà al primo la profenda della biada, della crusca etc. Una volta una famigliuola scasò da casa appigionata ed andiede ad abitare in un'altra per ragione che il Laùru, disturbandola durante il corso della notte, facevala dannare.
Bene: la prima notte che passarono nella casa novellamente appigionata, udirono rumori e domandandosene la ragione tra essi, ebbero a sentire una vocina stridula, che diceva: "Avevate dimenticato li cestieddhi [panchette] e la camastra [catena da fuoco], io ve li ho riportati, perciò fo tanto rumore, eh... non me ne volete ringraziare?". Quanti di questi Cunti non ci han fatto passare le lunghe serata d'inverno, quieti, tranquilli, anzi mogi e paurosi presso il focolare! Non ho potuto sapere se lu Laùru appartenga alla famiglia de' Nani. Parrebbe di sì. Tra questi ultimi è lu Cumpare Sangunazzeddhru intorno al quale recitano una filastrocca, però nella famiglia dei Laùri (Auri) vi sono gli Auricchi (l'Auricchi) a Taranto.
In generale, s'ha idea molto confuda del Laurus, esso è un amalgama dei Lares e dei Penates: come quelli è l'"augurio della casa", come mi diceva una vecchia tranese (l'auru - l'augurio?), e sarebbero le anime dei buoni antenati della famiglia, legate strettamente alla casa che si curano di proteggere; come questi, accompagnano sempre e dovunque della casa avita, giri o emigri dovunque la famiglia" (De Simone).
"è un essere che preoccupa la mente degli sciocchi. Irritante ed irritabile, danneggia e benefica, secondo capriccio, è il Dio Lare di quei tuguri che sceglie a dimora. E già lo Uru suole impossessarsi d'un abitacolo scendendo dai tubi fumaioli d'un camino. Infatti le cento volte ho sentito dipingerlo basso, anzi piccin piccino, gobetto, con gambe un po' marcate in fuori, peloso di tutta la persona, ma d'un pelo morbido e raso. Copregli il capo un piccolo cappelletto a larghe tese e indossa una corta tunica affibbiata alla cintola. I piedi poi... non so nulla dei suoi piedi per non averli mai visti. (andrea man. ti amo by miao) L'uru viene solo se mandato da suo padre (lucifero) per aver commessso dei peccati In fin dei conti l'Uru altro non è se non uno di quei folletti tra il bizzarro e l'impertinente, tra lo stizzoso e lo scherzevole, cattivo con chi lo ostacola o sveli le sue furberie, condiscendente, anzi benefico, con chi gli usa tolleranza. Bazzica più volentieri nelle stalle, dove ospitatosi una volta difficilmente ne esce. Impadronitosi di una di esse tosto s'innamora della cavalla o dell'asina che meglio gli garba e l'assiste e la carezza di preferenza, nutrendo della biada sottratta alle compagne, o rubata ai presepi prossimi o lontani. È da notare che la bestia favorita gode l'alto onore di essere da lui stesso strigliata, lisciato il pelo ed intrecciati graziosamente i crini del collo e della testa.
Di giorno non appare giammai, esercita di notte le sue trappolerie. Se poi s'impossessa di un'abitazione, s'appiatta nei luoghi più reconditi, per lo più nel sacernale (trave maestra del tetto). Di là nella notte spicca il salto e cade giù producendo un tonfo sordo come pantofola scagliata contro un muro.
Talaltra volta, scapolato quatto quatto da buchi inosservati, o da catasta di vecchie quisquiglie eccolo a metter sossopra masserizie ed annessi, cambiandogli di luogo, a sparecchiar gomitoli e tele del telaio o a svegliar le persone, rompendo piatti, bottiglie, bicchieri.
Guai se è in collera col suo ospite. Se questi dorme i suoi sogni dorati, questi improvviso gli cavalca il petto e glielo calca fino a fargli perdere il respiro (incubo). È un brutto momento, uno di quelli in cui si crede di morire. Ma se l'oppresso riesce a vincere l'affanno e stende la mano sull'oppressore, ghermirlo per ciuffetto e tenerlo fermamente, fortunato lui! La sua sorte è fatta! L'Uru è geloso fino alla morte della propria libertà e ghermito così piange e prega e tutto promette a riaverla. Non gli si chiegga danaro allora, perché vi colmerebbe di cocci; meglio chiedergli cocci che vi subisserà di danaro.
Ad interpretare un tal nome dovremmo investigare nel latino, nel greco ed anche nell'ebraico. Più di rado lo chiamano moniceddhru (monacello) o scattamurreddhru" (Castromediano). "il Lauro è il più fantastico e il più capriccioso dei nostri folletti. La sua personcina delicata e il suo cappuccetto nero ve lo rendono simpatico.
Amico dei bimbi, li va a visitare di notte mentre dormono scendendo nelle case pei camini e li regala di monete e di chicche.
Ai cavalli intreccia i crini e riempie di biada la greppia di notte.
E c'è chi giura d'averlo visto: alto una spanna, vestito di verde, in capo una specie di papalina rossa, in bilico sulla sponda del letto ghignare furbescamente. Altri assicurano d'averci addirittura parlato: una vocina fessa e nasale. E se ti domanda: vuoi soldi o cocci? Ti porterà cocci - il burlone - se chiedi soldi, ma denari se avrai chiesto cocci" (Nuzzone). "Capriccioso e bizzarro, ne combina di tutti i colori. Non più alto di 40 o 50 centimetri, con occhietti neri e penetranti, con i capelli lunghi e ricciuti, vestito di velluto nero e con il capo ricoperto da un appuntito cappellino rosso, era il crepacuore di quanti, uomini o donne, ne paventavano la presenza.
Altro dispetto che lo scanzonato scattamurreddhru soleva fare era quello di portare cocci (cuperchi) a chi gli chiedeva denaro e viceversa. Suggeriva luoghi in cui erano nascosti lasciti (acchiature) e si prendeva beffe di chi, dopo aver scavato e scavato, se ne tornava a casa ovviamente a mani vuote. Ma l'omino bizzarro era capace di ben altro: si divertiva ad intrecciare, nelle stalle, le code dei cavalli, portava via dalle greppie le razioni di biada oppure toglieva la paglia ad uno per somministrarla all'altro, sì che, mentre il primo dimagriva, il secondo ingrassava a vista d'occhio, con disperazione e rabbia del povero padrone"