Italia fascista
De Wikipedia, la enciclopedia libre
Artículos principales |
El fascismo en Italia (que originó la llamada Italia fascista) fue un movimiento político del siglo XX que surgió en Italia al finalizar la Primera Guerra Mundial.
Nació en parte como reacción a la Revolución Bolchevique de 1917 y a las fuertes peleas sindicales de trabajadores y braceros que culminó en el bienio rojo, en parte como polémica respecto a la sociedad liberal-democrática que salió maltrecha de la experiencia de la Primera Guerra Mundial.
El nombre deriva de la palabra italiana fascio (lat.:fascis). La palabra, en la antigua Roma, era usada como símbolo de la unión de los luchadores. El símbolo fascista es el Fasces romano que significaba el poder del régimen, en particular el poder juridiccional.
El Fascismo es una gran movilización de fuerzas materiales y morales. ¿Qué se propone? Lo decimos sin falsas modestias: gobernar la nación. ¿Con qué modo? con el modo necesario para asegurar la grandeza moral y material del pueblo italiano. Hablemos francamente: no importa el modo concretamente, no es antiético, ni convergente con el socialismo, sobre todo aspira a la reorganización nacional y política de nuestro país. Nosotros cambiamos los valores tradicionales, que el socialismo continue o desaparezca, pero sobre todo, el espíritu fascista se refugia en todo lo que es arbrbitrario sobre el misterioso futuro. — Benito Mussolini, 19 de agosto 1921 - Diario della Volontà.
[editar] Los ideales del fascismo
La Italia Fascista exaltaba la idea de nación frente a la de individuo o clase; suprimía la discrepancia política en beneficio de un partido único y los localismos en beneficio del centralismo. Utilizaba hábilmente los nuevos medios de comunicación y el carisma de un líder, Benito Mussoilini en el que se concentraba todo el poder. Aprovechaba los sentimientos de miedo y frustración colectiva para exacerbarlos mediante la violencia, la represión y la propaganda, y los desplazaban contra un enemigo común real o imaginario, interior o exterior, que actúa de chivo expiatorio frente al que volcar toda la agresividad de forma irracional, logrando la unidad y adhesión (voluntaria o por la fuerza) de la población . El Facismo es expansionista y militarista, utilizando los mecanismos movilizadores del irredentismo territorial y el imperialismo que ya habían sido experimentados por el nacionalismo del siglo XIX.
Ea componente social del fascismo pretende ser interclasista: niega la existencia de los intereses de clase e intenta suprimir la lucha de clases con una política paternalista, de sindicato vertical y único en que trabajadores y empresarios obedezcan las directrices superiores, como en un ejército. Tal es el corporativismo italiano o el nacionalsindicalismo español. El nacionalismo económico, con autarquía y dirección centralizada se adaptaron como en una economía de guerra a la coyuntura de salida de la crisis de 1929. No obstante, no hubo en ningún sistema fascista ni planes quinquenales al estilo soviético, ni cuestionamiento de la propiedad privada ni alteraciones radicales del sistema capitalista más allá de la intervención del mercado. Hay que preguntarse si todo ello sirve a los intereses de alguna clase en concreto.
[editar] Historia
[editar] Situación italiana al término de la Primera Guerra Mundial
Al término de la Gran Guerra la situación interna italiana no era tan buena como la de los otros paises aliados:
- El tratado de Versalles no había beneficiado ni económica ni territorialmente al Estado italiano, ni siquiera a la más moderada revindicación.
- El país entró en crisis económica porque la Lira italiana había perdido buena parte de su valor durante la guerra, el costo de vida aumento un 450%.
- Se carecía de materias primas y industria no pudo convertir la producción bélica en producción de paz. Además no de pudo absorber toda la mano de obra que anteriormente eran soldados, y mucha gente quedó desempleada.
[editar] El nascimiento del fascismo
[[Immagine:fasces.png|thumb|right|Il fascio littorio, simbolo del fascismo.]] Tra gli strati sociali più scontenti e più soggetti alle suggestioni ed alla propaganda nazionalista che, a seguito del Trattato di Pace, si infiammò ed alimentò il mito della vittoria mutilata, emersero le organizzazioni di reduci ed in particolare quelle che raccoglievano gli ex-arditi (truppe scelte d'assalto), presso le quali, al malcontento generalizzato, si aggiungeva il risentimento causato dal non aver ottenuto un adeguato riconoscimento per i sacrifici, il coraggio e lo sprezzo del pericolo dimostrati in anni di duri combattimenti al fronte. Fu questo il contesto nel quale il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano il primo fascio di combattimento, adottando simboli che sino ad allora avevano contraddistinto gli arditi, come le camicie nere e il teschio.
Il nuovo movimento espresse la volontà di "trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana" autodefinendosi partito dell'ordine riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali, nella speranza che la massa d'urto dei "fasci di combattimento" si potesse opporre alle agitazioni promosse dai socialisti e dai cattolici popolari.
Al neonato movimento mancava inizialmente una base ideologica ben delineata e lo stesso Mussolini non s'era in un primo tempo schierato a favore di questa o quell'altra idea, ma semplicemente contro tutte le altre.
[editar] Los años del squadrismo
Nel movimento, oltre agli arditi, confluirono anche altre persone che dettero vita alle famigerate squadracce nere che, solo 20 giorni dopo la fondazione dei Fasci, si scontrarono con diversi socialisti e assaltarono la sede del giornale socialista L'Avanti!, devastandola. Nel giro di qualche mese le squadre fasciste si diffusero in tutta Italia dando al movimento una certa caratteristica paramilitare.
Mentre nel gennaio 1921 il Partito Socialista Italiano si disgregava (dando vita tra gli altri al Partito Comunista Italiano), il 12 novembre 1921 nasceva il Partito Nazionale Fascista (PNF), questa contava ben 300.000 iscritti (nel momento di massima espansione il PSI aveva superato di poco i 200.000 iscritti) forte dell'appoggio dei latifondisti emiliani e toscani. Proprio in queste regioni le squadre guidate dai ras colpivano i sindacati e i socialisti a colpi di manganello, usando l'olio di ricino o addirittura commettendo omicidi restando il più delle volte impuniti. In questo clima di violenze alle elezioni del 15 maggio 1921 i fascisti ottennero a sorpresa 45 seggi.
La celebrità del partito crebbe ancora quando i sindacati proclamarono per il 1 agosto 1922 uno sciopero generale come ritorsione per degli scontri avvenuti a Ravenna: i fascisti per ordine di Mussolini sostituirono gli scioperanti facendo fallire la protesta. Con questa mossa si guadagnarono credibilità e quasi una sorta di simpatia da parte dell'opinione pubblica italiana.
Nell'agosto del 1922 gli abitanti di Parma, con epicentro nel quartiere popolare di Oltretorrente, organizzati dagli Arditi del Popolo, comandati da Guido Picelli e Antonio Cieri riuscirono a resistere alle squadre fasciste pesantemente armate guidate dal quadrumviro Italo Balbo, l'"eroe trasvolatore" del fascismo. Si tratta dell'ultima resistenza rivoluzionaria all'incalzare del fascismo. Dopo la vittoria, temporanea ma stupefacente, dei popolani del rione, una scritta in dialetto parmigiano comparve sugli argini del torrente: "Balbo, hai passato l'Atlantico ma non il torrente Parma".
[editar] La marcha sobre Roma y los primeros años de gobierno
Il 30 ottobre dopo la Marcia su Roma a Benito Mussolini venne dato l'incarico di formare il nuovo governo. Tra le prime iniziative prese vi furono l'ordine di rinfoderare i manganelli e la creazione di una Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Entrambe le idee però non erano prive di problemi: i fascisti più intransigenti, contrari ad un Mussolini "travestito da democratico", scatenarono una violentissima ondata di terrore che portò il futuro Duce alla creazione della Milizia proprio per dare una parvenza di legalità ai suoi uomini, ma dando un vero e proprio schiaffo morale al re quando fece giurare fedeltà ai suoi ormai ex squadristi a lui solo.
Per dar prova di zelo il governo emanò una miriade di decreti, anche insensati, come ad esempio quello che obbligava i pedoni a camminare sui marciapiedi di sinistra.
[editar] El fascismo se transforma en dictadura
Plantilla:Nota2 In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale che avrebbe dato i tre quinti dei seggi alla lista che avesse raccolto il 40% dei voti. La campagna elettorale si tenne in un clima di tensione senza precedenti con intimidazioni e pestaggi. Il listone guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti.
Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera contestando i risultati delle elezioni. Il 10 giugno 1924, su ordine di Giovanni Marinelli (capo della polizia segreta fascista), Matteotti venne rapito e ucciso.
L'opposizione rispose a questo avvenimento ritirandosi sull'Aventino, ma la posizione di Mussolini tenne fino a quando il 16 agosto il corpo decomposto di Matteotti fu ritrovato nei pressi di Roma. Uomini quali Ivanoe Bonomi, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando esercitarono allora pressioni sul re affinché Mussolini fosse destituito ma Vittorio Emanuele III appellandosi alla Costituzione replicò: «Io sono sordo e cieco. I miei occhi e i miei orecchi sono la Camera e il Senato» e quindi non intervenne.
Ciò che accadde esattamente la notte di San Silvestro del 1924 non sarà forse mai accertato. Pare che una quarantina di consoli della Milizia, guidati da Enzo Galbiati, ingiunsero a Mussolini di instaurare la dittatura minacciando di rovesciarlo in caso contrario.
Il 3 gennaio 1925 alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti:
- «Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi.»
Con questo discorso Mussolini si era dichiarato dittatore. Nel biennio 1925-1926 vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi: vennero sciolti tutti i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, venne soppressa ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, venne ripristinata la pena di morte e venne creato un Tribunale speciale con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.
[editar] La crisis económica
Il primo grosso problema che la dittatura dovette affrontare fu la pesante svalutazione della lira. La ripresa produttiva successiva alla fine della Prima Guerra Mondiale portò effetti negativi quali la carenza di materie prime dovuta alla forte richiesta e ad un'eccessiva produttività rapportata ai bisogni reali della popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono un generale aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una diminuzione dei salari e la mancanza di investimenti in Italia e nei prestiti allo stato.
Per risolvere il problema, come in Germania, venne deciso di stampare ulteriore moneta per riuscire a ripagare i debiti di guerra contratti con Stati Uniti e Gran Bretagna. Ovviamente questo non fece altro che aumentare il tasso di inflazione e far perdere credibilità alla lira, che si svalutò pesantemente nei confronti di dollaro e sterlina.
Le mosse per contrastare la crisi non si fecero attendere: venne messo in commercio un tipo di pane con meno farina, venne aggiunto alcool alla benzina, vennero aumentate le ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di salario, venne istituita la tassa sul celibato, vennero aumentati tutti i possibili prelievi fiscali, venne vietata la costruzione di case di lusso, vennero aumentati i controlli tributari, vennero ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti i prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli.
Sicuramente la trovata propagandistica più nota fu la famosa quota 90. Rivalutando la lira nei confronti della sterlina, Mussolini riuscì sì a far quadrare i conti dello stato, ma mise il paese fuori dai mercati d'esportazione poiché con tale mossa raddoppiò il prezzo delle merci italiane all'estero.
Quando poi il 29 ottobre 1929 Wall Street crollò, la parola d'ordine di Mussolini fu quella di ignorare totalmente l'evento pensando che la cosa non avrebbe toccato minimamente il nostro paese. L'economia nazionale entrò invece in una profonda crisi che portò alla nascita dell'IRI e che durò fino al 1937-1938. Solo nella metà degli anni 30 Mussolini si rese conto della situazione e solo allora svalutò la lira del 41% e introdusse nuove tasse. Da quel momento in poi egli non si preoccupò più dell'economia del paese, riversando tutte le sue energie nella guerra d'Etiopia e di Spagna prima e nella Seconda Guerra Mondiale a fianco della Germania Nazista poi.
[editar] La conciliación con la Iglesia
L'11 febbraio 1929 Mussolini diventò, secondo le parole di papa Pio XI, l'uomo della Provvidenza firmando i famosi Patti lateranensi. La frase con cui il Papa definì il Duce pesò su tutto il suo pontificato, ma il significato di quei patti, che sancirono il reciproco riconoscimento tra il Regno d'Italia e la Città del Vaticano, fu il coronamento di estenuanti trattative tra emissari del papa e rappresentanti di Mussolini. Infatti quest'ultimo gestì l'intera faccenda personalmente e non in qualità di capo del governo.
Tra fascismo e Chiesa ci fu sempre un rapporto ostico: Mussolini si era sempre dichiarato ateo ma sapeva benissimo che per governare in Italia non si poteva andare contro la Chiesa e i cattolici. La Chiesa dal canto suo, pur non vedendo di buon occhio il fascismo, lo preferiva di gran lunga all'ideologia comunista.
Alla soglia del potere Mussolini affermò (giugno 1921) che «il fascismo non pratica l'anticlericalismo» e alla vigilia della Marcia su Roma informò la Santa Sede che non avrebbe avuto nulla da temere da lui e dai suoi uomini.
Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, venne istituito l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole e venne riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della Santa Sede.
[editar] La propaganda
All'inizio degli anni '30 la dittatura si era ormai stabilizzata ed era fondata su radici solide. I bambini, così come tutto il resto della popolazione, erano inquadrati in organizzazioni di partito, ogni opposizione era stroncata sul nascere, la stampa era profondamente asservita al fascismo. L'Italia insomma si era abituata al regime, tanto da osannarne il suo leader.
Fu in questo clima che vennero organizzate diverse imprese aeronautiche. Dopo le crociere di massa nel mediterraneo e la prima trasvolata dell'Atlantico meridionale (1931), nel 1933 il quadrumviro della Marcia su Roma, Italo Balbo, organizzò la seconda e più famosa trasvolata dell'Atlantico settentrionale per commemorare il decennale dell'istituzione della Regia Aeronautica (28 marzo 1923). A bordo di 25 idrovolanti SIAI-Marchetti S.55X dal 1 luglio al 12 agosto 1933 Balbo e i suoi uomini compirono la traversata fino a New York e ritorno attraversando tutte le maggiori nazione europee e buona parte degli Stati Uniti. Per l'epoca fu un'impresa epica che diede al giovane ferrarese una fama addirittura superiore a quella di Mussolini.
[editar] El nacimiento del Imperio
Alle 22.30 di sabato 9 maggio 1936 Mussolini annunciò al popolo italiano la fondazione dell'Impero. Le truppe del maresciallo Pietro Badoglio entrarono infatti in Addis Abeba il 5 maggio, ponendo così fine alla guerra d'Etiopia.
Già dal 1934 Mussolini cercò un pretesto per poter invadere lo stato governato dal negus Hailè Selassiè. La notte del 5-6 dicembre lo ottenne quando sulla frontiera somala ci fu uno scontro tra soldati somali che prestavano servizio nelle truppe coloniali italiane e soldati abissini.
Per tutto il 1935 il Duce preparò la guerra sondando le possibili reazioni delle altre nazioni e infiammando gli animi degli italiani. Mussolini volle dare alla guerra un'impronta fascista e per questo mandò in guerra solo reparti della Milizia. Le operazioni cominciarono il 3 ottobre con al comando Emilio De Bono, che chiese a Mussolini tre divisioni: ne ottenne ben dieci ed in seguito addirittura 25.
La guerra fu pianificata male e combattuta peggio: i rifornimenti non mancarono, anzi furono talmente abbondanti che non si trovò un modo per farli giungere dal porto fino alla prima linea; gli uomini della Milizia si dimostrano ben presto non idonei alla guerra a causa dell'assenza di una vera e propria istruzione militare e furono sostituiti con uomini dell'esercito regolare.
Intanto mentre la Società delle Nazioni sanzionò l'Italia, Emilio De Bono venne silurato in favore del maresciallo Pietro Badoglio che fu autorizzato ad utilizzare i gas. Mentre la guerra si trasformò in una fonte di onorificenze per tutti i gerarchi, Badoglio commise stragi inaudite che finirono su tutti i giornali esteri (quelli italiani ovviamente censurarono ogni avvenimento).
La nascita dell'Impero comunque non portò nessuna delle ricchezze promesse: né oro, né ferro, né grano. L'Impero al contrario prosciugò le casse statali per la costruzione di strade, di dighe e di palazzi e dette a Mussolini l'illusione di avere un esercito potente e la capacità di poter piegare gli stati europei che sanzionarono il nostro paese senza peraltro mettere in pratica le temute minacce.
[editar] Los años de consenso
L'11 ottobre 1935 l'Italia venne sanzionata per l'invasione dell'Etiopia. Le sanzioni in vigore dal 18 novembre consistevano in:
- Embargo sulle armi e sulle munizioni
- Divieto di dare prestiti o aprire crediti in Italia
- Divieto di importare merci italiane
- Divieto di esportare in Italia merci o materie prime indispensabili all'industria bellica
Paradossalmente, nell'elenco delle merci sottoposte ad embargo mancano petrolio e i semilavorati.
In realtà fu soltanto la Gran Bretagna a osservare le regole imposte dalle sanzioni. La Germania hitleriana così come gli Stati Uniti furono i primi due paesi a schierarsi apertamente verso l'Italia, garantendo la possibilità di acquistare qualunque bene. La Russia rifornì di nafta l'esercito italiano per tutta la durata del conflitto, ed anche la Polonia si dimostrò piuttosto aperta.
In questo periodo l'Italia tutta si strinse intorno a Mussolini. La Gran Bretagna venne etichettata col termine di perfida Albione, e le altre potenze furono etichettate come nemiche perché impedivano all'Italia il raggiungimento di un posto al sole. Ritornò in voga il patriottismo e la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'autarchia, secondo la quale tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato. Tutto ciò che non poteva essere prodotto per mancanza di materie prime venne sostituito: il tè con il carcadè, il carbone con la lignite, la lana con il lanital (la lana di caseina), la benzina con il carburante nazionale (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne abolito perché «fa male».
Nel 1929 l'autarchia entrò anche nel linguaggio. Furono infatti bandite tutte le parole straniere da ogni comunicazione scritta ed orale: ad esempio chiave inglese diventò chiave morsa, cognac diventò arzente, ferry-boat diventò treno-battello pontone. Conseguentemente vennero rinominate tutte le città con nome francofono dell'Italia nord-occidentale e con nome tedescofono dell'Italia nord-orientale: secondo la toponomastica fascista, per fare un paio di esempi, Courmayeur diventò Cormaiore e Kaltern diventò Caldaro. Inoltre si scoprì che anche l'uso del lei aveva origini straniere, perciò venne inaugurata una campagna per la sostituzione del lei con il voi, capeggiata dal segretario del partito Achille Starace.
[editar] La ayuda en la guerra civil española
Il 18 luglio 1936 scoppiò in Spagna la guerra civile che vide contrapposti le sinistre del Fronte Popolare, che erano al potere dalle elezioni del 1936, e la Falange, una forza ideologicamente paragonabile al fascismo. Questa organizzazione non sarebbe mai stata capace di mettere il potere nelle mani del generale galiziano Francisco Franco senza l'aiuto della Chiesa, dei nazisti tedeschi e dei fascisti.
Allo scoppio delle ostilità oltre 60.000 volontari accorsero da 53 nazioni in aiuto dei repubblicani mentre Mussolini e Hitler fornirono in via ufficiosa l'appoggio alla Falange. In questo contesto non di rado persone provenienti dall'Italia schierate dalle due parti si scontrarono in una vera e propria lotta fratricida. Gli italiani accorsi a combattere per la Seconda Repubblica Spagnola erano fra i più numerosi, per nazionalità superati solo da tedeschi e francesi. Tra essi alcuni dei più bei nomi della resistenza al fascismo, come Emilio Lussu, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Carlo Rosselli e il fratello Nello Rosselli (barbaramente assassinati qualche tempo dopo in Francia).
Ciò che spinse Mussolini a lanciarsi in un'impresa senza alcun reale tornaconto fu probabilmente la possibilità di offrire agli italiani reduci dalla conquista dell'Etiopia un'altra avventura bellica. Per Hitler invece la questione era legata alle materie prime presenti in Spagna: la Germania aveva infatti un disperato bisogno del ferro spagnolo che nel 1937 verrà importato per una quantità pari a 1.620.000 tonnellate. Inoltre il Führer voleva sondare la sua capacità bellica in una sorta di test. Oltre al carattere economico di questo scontro, si deve evidenziare la lotta ideologica in corso, tra fronti popolari e fascismi, con la complicazione data dalla natura della repubblica spagnola, di chiara ispirazione socialista. Forse proprio per questo le democrazie liberali non difesero tenacemente la Spagna dall'aggressione fascista, che vedeva in un nuovo "stato rosso" un enorme pericolo. Si deve anche considerare che era presente un'ulteriore lotta ideologica tra socialisti e filosovietici che impedì una coesione totale nella battaglia antifascista.
Nessuno dei due dittatori ebbe comunque un reale tornaconto dalla vittoria finale di Franco: quest'ultimo infatti negherà l'appoggio all'Asse e si dichiarerà neutrale nei confronti di Francia e Gran Bretagna allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
[editar] Italia racista
Il 14 luglio 1938 il fascismo scrisse una delle pagine più vergognose della storia d'Italia: in quel giorno infatti fu pubblicato sui maggiori quotidiani nazionali il "Manifesto della razza". In questa sorta di tavola redatta da cinque cattedratici (Arturo Donaggio, Franco Savorgnan, Edoardo Zavattari, Nicola Pende e Sabato Visco) e da cinque assistenti universitari (Leone Franci, Lino Businco, Lidio Cipriani, Guido Landra e Marcello Ricci) venne fissata la «posizione del fascismo nei confronti dei problemi della razza».
I dieci imperativi categorici erano:
- Le razze umane esistono
- Esistono grandi razze e piccole razze
- Il concetto di razza è un concetto puramente biologico
- La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza ariana e la sua civiltà è ariana
- È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici
- Esiste ormai una pura "razza italiana"
- È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti
- È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte e gli Orientali e gli Africani dall'altra
- Gli ebrei non appartengono alla razza italiana
- I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo
Con questo manifesto si dava il via a quel processo che portò alla promulgazione delle leggi razziali.
[editar] La Alianza con Alemania
Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Sudeti e con il successivo Congresso di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia, mentre Mussolini dopo l'Etiopia stava cercando nuove prede per non perdere il passo dell'alleato d'oltralpe.
La vittima designata venne trovata nell'Albania. In due soli giorni (7-8 aprile 1939) con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati Tirana fu conquistata.
Il 22 maggio tra Germania e Italia venne firmato il Patto d'acciaio. Tale patto assumeva che la guerra fosse imminente, e legava l'Italia in una alleanza stretta con la Germania. Alcuni membri del governo italiano si opposero, e lo stesso Galeazzo Ciano, firmatario per l'Italia, definì il patto una «vera e propria dinamite»
[editar] La segunda guerra mundial
Il 1 settembre 1939 60 divisioni tedesche invasero la Polonia dando il via alla seconda guerra mondiale. Rapidamente l'esercito germanico riuscì a conquistare Varsavia per poi spostare le sue attenzioni prima al nord, occupando Danimarca e Norvegia; rivolse poi le sue forze ad ovest avanzando contro i Paesi Bassi e, attraverso il Belgio, contro la Francia.
Benito Mussolini rimase in attesa degli eventi e inizialmente dichiarò l'Italia non belligerante. Quando, impressionato dalle facili e rapide vittorie della Germania e dall'imminente crollo della Francia, si convinse di una vittoria nazi-fascista e già con la testa al momento della spartizione del "bottino-Europa" dichiarò guerra alle "demo-plutocrazie" di Francia e Inghilterra il 10 giugno 1940. La consegna a quasi tutti i comandi era di mantenere un contegno difensivo. Il Duce era infatti convinto che, una volta arresasi la Francia, anche la Gran Bretagna avrebbe rapidamente trovato una soluzione di compromesso al conflitto.
Il 21 giugno, dopo la firma dell'armistizio franco-tedesco (il 17 giugno), 325.000 soldati italiani ricevettero l'ordine di attaccare le restanti forze francesi oltre le Alpi. Nessuno in Italia sembrò rendersi conto della capitolazione della Francia e l'azione fu giudicata malissimo dall'opinione pubblica internazionale. Franklin Delano Roosevelt arrivò a definire l'azione una «pugnalata alla schiena».
Il 24 giugno venne firmato l'armistizio italo-francese, che sanciva una smilitarizzazione in territorio francese dei 50 km vicini al confine. Le divisioni italiane avanzarono di soli 2 km, con la perdita di 6.029 uomini contro i 254 francesi.
Dopo un esordio da dimenticare, l'obiettivo per Mussolini fu l'attacco alla Grecia, che il dittatore italiano decise di attaccare senza prima avvertire l'alleato tedesco. Al grido di "spezzare le reni alla Grecia" e dopo la promessa delle dimissioni da italiano di Mussolini nel caso le truppe italiane non fossero riuscite nell'impresa, fu lanciato l'attacco il 28 ottobre. Le divisioni italiane si trovarono ben presto in difficoltà davanti ad una resistenza inaspettata, e con un equipaggiamento arretrato ed inadeguato. Hitler si vide quindi costretto a inviare la sua Wehrmacht nei Balcani per risolvere in breve tempo la situazione. La mossa peraltro rimandò di qualche tempo l'invasione della Russia (Operazione Barbarossa), tanto che lo stesso Führer, qualche anno dopo, indicò questa occasione come una delle cause della futura sconfitta tedesca.
A seguito di questa esperienza, Mussolini perse l'iniziativa e continuò ad utilizzare l'esercito italiano come supporto all'alleato tedesco, spedendo le sue truppe alpine in Russia.
[editar] El 25 de Julio y el 8 de septiembre
Dopo che in maggio le ultime unità della Prima Armata italiana si arresero in Tunisia , il 10 luglio 1943 una formidabile forza d'invasione anglo-americana riuscì a sbarcare sulle coste sud della Sicilia. Ogni resistenza, che fu per quanto possibile accanita, si dimostrò vana di fronte alla preponderanza di mezzi alleata. Il re e lo stato maggiore capirono ben presto che ormai era ora di sbarazzarsi di Mussolini, che in soli 2 anni di guerra aveva creato una situazione insostenibile. Il 25 luglio, dopo lunghe pressioni, il Duce si vide costretto a convocare il Gran Consiglio del Fascismo che votando l'ordine del giorno Grandi portò alla destituzione e all'arresto di Mussolini e al ritorno dei poteri militari al re.
Levato di mezzo Mussolini, il governo italiano iniziò a trattare la resa con i comandi Alleati che ormai stavano dilagando in Sicilia. Il 3 settembre a Cassibile (presso Siracusa) Pietro Badoglio firmò segretamente l'armistizio con l'impegno di comunicarlo alla nazione entro 15 giorni, poco prima di un programmato sbarco alleato sulla penisola.
L'8 settembre 1943 avvenne in Italia qualcosa che riempì di vergogna la corona e il governo dell'epoca: gli alleati, dopo aver avvisato Badoglio dell'impossibilità della difesa di Roma, ingiunsero l'obbligo al governo italiano di annunciare l'armistizio entro le 18.30 dello stesso giorno poiché era già stato programmato uno sbarco a Salerno. La paura iniziò ad attanagliare i vertici del paese, che arrivarono addirittura a pensare di fingere una rottura con gli anglo-americani per guadagnare tempo con i Tedeschi. All'ora prestabilita comunque Dwight D. Eisenhower annunciò alla radio l'armistizio, seguito alle 19.42 da Badoglio che concluse il comunicato con l'ambiguo verso: «Ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.». Soprattutto quest'ultima frase, seguita dalla fuga di Badoglio e della monarchia da Roma alle 5 del mattino del 9 settembre, furono gli atti che portarono al caos che seguì quel giorno, dove nessun ordine ufficiale fu impartito, lasciando le unità sparse un po' dovunque per tutto il territorio europeo senza direttive chiare, alla mercé dei Tedeschi che ovviamente non presero per niente bene il voltafaccia degli ex alleati italiani.
[editar] Italia dividida
Nell'Italia del sud liberata dagli Alleati e formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, mentre nell'Italia settentrionale Mussolini, liberato dalla prigionia dai tedeschi su ordine di Adolf Hitler, dette vita al governo fantoccio (riconosciuto internazionalmente solo dalla Germania), fondando la Repubblica Sociale Italiana a Salò in provincia di Brescia.
Per oltre due anni, dal 14 novembre 1943 fino al 25 aprile 1945, la penisola fu quindi divisa in due su una linea di confine non ben definita che continuò a spostarsi nel corso del conflitto sempre più a nord fino alla completa ritirata dell'esercito tedesco.
[editar] La República Social Italiana
Formalmente la Repubblica Sociale Italiana nacque dal Congresso di Verona, dove i vecchi gerarchi del partito fascista si riunirono per ricreare il partito distrutto dopo l'8 settembre. Essenzialmente dal congresso uscirono: un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; un manifesto programmatico che sancì la struttura del nuovo stato; la nascita della Repubblica sociale che prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente e riaffermava l'alleanza con la Germania nazista.
La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo i principi iniziali del Fascismo repubblicano persi, a detta degli estensori della Carta stessa, durante il ventennio fascista; tra questi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche.
Venne anche costituito un esercito, spesso male armato, composto da reclutati a forza (pena di morte per i renitenti) e da un limitato numero di volontari. Comunque, tranne che in sporadiche occasioni, tali forze armate, in cui i comandi tedeschi non riponevano alcuna fiducia, furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento di resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall' esercito nazista.
[editar] Fin del Fascismo
La situazione per i tedeschi verteva comunque al peggio. La Wehrmacht era ormai in ritirata su tutti i fronti e, nonostante gli sforzi di difesa sulla Linea gotica, i rifornimenti e l'equipaggiamento non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quello degli alleati, che potevano anche contare sul apporto delle truppe partigiane e sulla collaborazione della popolazione che era avversa all'occupazione nazista.
Tutte le principali città italiane furono abbandonate dai tedeschi davanti all'avanzata anglo-americana ed all'insurrezione generale ordinata dal CLN; i comandi nazisti in Italia decisero di trattare autonomamente la resa per assicurarsi una ritirata sicura verso la Germania.
Nel frattempo Mussolini, dopo il tentativo di un accordo parallelo, decise di aggregarsi ad una colonna tedesca per raggiungere la Germania. Fermato da un gruppo di partigiani nei pressi di Como fu imprigionato e quindi giustiziato insieme all'amante Claretta Petacci e ad altri gerarchi.
Gli altri gerarchi fascisti vennero processati e imprigionati, o addirittura giustiziati. Con la Costituzione Italiana del 1948 il Partito Nazionale Fascista venne messo definitivamente fuorilegge e la sua rifondazione fu vietata. Per anni dopo la fine della guerra si registrarono omicidi e regolamenti di conti tra fascisti e antifascisti, come vendetta per tutto quello che accadde durante il ventennio precedente.