Battaglia di Tigranocerta

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Battaglia di Tigranocerta
Parte Guerre mitridatiche
Data: 6 ottobre? 69 a.C. Luogo: Tigranocerta, Armenia Esito: Vittoria dei romani
Schieramenti
Esercito romano	Armenia
Comandanti
Lucio Licinio Lucullo	Tigrane II
Effettivi
10-12.000 uomini	Secondo le fonti 700.000, probabilmente non più di 100.000
Perdite
Minimo	Quasi tutto l'esercito

La Battaglia di Tigranocerta fu combattuta nel 69 a.C., e vede contro da una parte il governatore romano della provincia romana d'Asia Lucio Licinio Lucullo e dall'altra parte il "Re dei re" Tigrane II.

[modifica] Contesto storico

Questa battaglia venne combattuta all'interno di una campagna che aveva come obiettivo quello di sconfiggere definitivamente Mitridate VI del Ponto, un sovrano orientale che da anni tentava di conquistare la provincia asiatica. Nel 71 a.C. il re Mitridate si era reso conto che la macchina bellica romana gli era troppo superiore e per questo non trovò di meglio che fuggire alla corte del genero, appunto il re Tigrane II, che gli promise aiuto per riconquistare il suo regno perduto. Questa decisione ebbe come conseguenza l'invasione romana dell'Armenia.

Lucullo, che era famosissimo per i suoi suntuosi banchetti (da qui il termine "pasto luculliano"), si comportava in modo molto diverso in guerra, e per questo iniziò una lunga marcia di mille miglia da Amiso alla capitale armena Tigranocerta, alla testa di due sole legioni. La marcia fu molto dura e Lucullo non esitò a dividere con i suoi soldati le difficoltà e le sofferenze. Dopo solo due mesi raggiunsero la loro meta.

Appena i romani arrivarono nelle vicinanze di Tigranocerta il re ne venne informato. La sua reazione fu di far uccidere chi gli aveva portato la notizia (così che nessuno osasse più farlo) e fuggì, lasciandosi dietro la regina, i figli, i tesori e la guarnigione.

[modifica] La battaglia

A questo momento a Lucullo non rimase che cingere d'assedio la città con circa 6.000 uomini. Per questo si mosse verso Tigrane con circa 10.000 legionari veterani e 2.000 cavalieri galati e traci. Tigrane schierava invece circa 100.000 uomini, contadini strappati alle loro terre e armate in fretta e furia in modo dozzinale, più un gran numero di catafratti. Quest'ultimi erano cavalieri interamente corazzati, in quanto anche i cavalli erano ricoperti da una maglia di ferro, e usavano lunghe lance. Queste due caratteristiche li rendevano molto temibili, ma anche lenti e impacciati, in quanto le lance erano troppo lunghe per essere usate in mischia. Quando Tigrane vide l'esercito romano schierato pronunciò la frase "se vengono come ambasciatori sono troppi, come soldati pochi". Infatti il re come tutti i sovrani orientali era convinto che in una battaglia contassero solo i numeri, e non anche il territorio e la strategia. Così lanciò la sua enorme massa di uomini senza ordini precisi e contro un esercito schierato in posizione sopraelevata.

I legionari non chiedevano di meglio, in quanto erano stufi dell'Armenia e non vedevano l'ora di combattere. Rimaneva comunque il problema di come affrontare i catafratti. A questo ci pensarono i cavalieri galati, che caricarono i nemici sul fianco e li annientarono. Questo perché le lance nemiche si rivelarono inutili dopo essere stati caricati sul fianco, e inoltre perché i galati mirarono soprattutto alle gambe, che erano l'unica parte non coperta da armatura (servivano per guidare il cavallo, le staffe non erano ancora state inventate). I cavalieri in rotta vennero sbattuti contro i propri compagni che nel frattempo venivano annientati dai legionari. La battaglia finì con una rovinosa rotta.

Appena si accorse di questo il re Tigrane passò la corona sulla testa del figlio, che a sua volta la diede ad un servo che fu poi catturato.

[modifica] Epilogo

A questo punto a Lucullo non restava altro da fare che conquistare la città. Questa era difesa da mercenari greci che, per evitare di fare una brutta fine, decisero saggiamente di aprire le porte della città. Al suo interno furono trovate enormi ricchezze, che furono prontamente distribuite tra i legionari. Questi, divenuti di colpo ricchi, decisero di non seguire più il loro comandante, aspirando soltanto al congedo. Per evitare l'ammutinamento a Lucullo non rimase che accettare le loro richieste e tornare a casa.