Intarsio
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L'intarsio o tarsia lignea è un tipo di decorazione che si realizza accostando legni o altri materiali (avorio, osso o madreperla) di colori diversi, tagliati sulla scorta di cartoni. Diffusa già nel Trecento tra il 1440 e il 1550 raggiunge il massimo della fioritura, sviluppando quello che verrà definito da André Chastel: il Cubismo del Rinascimento. La tarsia è impiegata nella decorazione di cofanetti, cassoni nuziali, porte, mobili da sacrestia, e per il rivestimento di sagrestie, cori e studioli.
Simile è l'ebanisteria, dove però come materiale viene utilizzato esclusivamente il legno.
[modifica] Trecento senese
Il primo esemplare di intarsio è un frammento del coro del Duomo di Orvieto, con l'Incoronazione della Vergine, ora conservato nel Museo dell'Opera del Duomo (Orvieto), opera anteriore al 1357 e affidata al capomastro Vanni di Tura dell'Ammannato, e ad una piccola squadra d'intarsiatori senesi, che utilizzarono cartoni di alta qualità, che creano figure dalle sagome chiuse e insulate come una vetrata o una tappezzeria tardogotica.
Nel corso del Trecento furono gli intarsiatori senesi a ricevere le maggiori commesse: Pietro di Lando realizzò gli il coro ligneo per il Duomo di Fiesole nel 1371 e nel 1390 quello di Santa Maria del Fiore a Firenze (entrambi perduti); Francesco da Siena realizzò quello di Santa Croce a Firenze nel 1355 (perduto) e Nicolò dei Cori il coro del Duomo di Siena, completato nel 1394 (perduto), dal 1415 e al 1428 realizzò il coro ligneo della cappella del Palazzo Pubblico a Siena, unica sua opera conservata; Mattia di Nanni esegue dal 1425 al 1430, la Giustizia e l'Intercessione della Vergine per Siena per un dossale della Sala delle Balestre del Comune senese.
[modifica] Maestri di prospettiva a Firenze
Con il successo del metodo prospettico a Firenze, la tarsia muta il repertorio decorativo orientandosi su solidi geometrici e su vedute prospettiche, diventando il principale veicolo di trasmissione della rivoluzione prospettica. Nel 1436 venne commissionata ad Antonio Manetti e Agnolo di Lazzaro il rivestimento a intarsio delle pareti laterali della Sagrestia delle Messe in Santa Maria del Fiore, completata nel 1445; successivamente lavorarono sugli armadi della sacrestia Benedetto e Giuliano da Maiano con Scene della vita di cristo e Profeti tra il 1463 e il 1465 su cartoni di Alessio Baldovinetti e di Maso Finiguerra. Giuliano da Maiano, in collaborazione con il Francione (attivo successivamente a Pisa), esegui le figure di Petrarca e Dante su cartone di Botticelli nel 1481 per la porta dell'Udienza nel Palazzo della Signoria, a Pisa tra il 1471 e il 1479 lavora nel coro del Duomo, infine è a Perugia nel 1491 dove esegue, con Domenico del Tasso, il coro del Duomo.
[modifica] Due studioli metafisici
Ai Maestri di prospettiva si rivolgevano la classe culturalmente più elevata, infatti il maggior campo di applicazione della tarsia era rappresentato dagli stalli dei cori e dagli studioli, entrambi simboli di un'ideale separatezza riflessiva, in cui sia il carattere immobile e della tarsia sia i soggetti rappresentati: campionario di strumenti umanistici, armadi semiaperti che illusionisticamente lasciano intravedere il loro contenuto e le vedute di città ideali, sono adatti a incontrare i gusti dei colti committenti. Le tarsie per lo studiolo di Federico da Montefeltro a Palazzo Ducale tra il 1474 e il 1476 vennero realizzati da Baccio Pontelli. La parete bassa dello studiolo è completamente rivestite di tarsie, specie di stalli profani con scansie colme di libri, strumenti scientifici, armi allegoriche e vedute di città ideali, mentre nella parete sovrastante si innestano, i 28 Ritratti di uomini illustri di Giusto di Gand e Pedro Berruguete, disposti su due registri. Dello stesso tenore è lo studiolo eseguito per il palazzo di Gubbio, ora conservato al Metropolitan Museum di New York.
[modifica] La Bottega dei Lendinara
Al contrario dell'Italia centrale nel Nord, i maestri intarsiatori coincidevano con i preparatori di cartoni. La bottega meglio organizzata e a cui furono commissionate le più importanti opere in molte città del Nord fu quella dei fratelli Cristoforo e Lorenzo da Lendinara, a contatto diretto con la pittura di Piero della Francesca, che contribuirono con la loro bottega e i loro collaboratori a diffondere il genere in tutto il Nord Italia: lavorarono insieme nello studiolo di Belfiore presso Ferrara tra il [1449] e il 1453, tra il 1462 e il 1469 sono a Padova dove realizzano il coro della Basilica del Santo (distrutto nel 1749) e le porte della sacrestia della stessa. Dal 1469 i due fratelli si separano Lorenzo lavora nel Veneto ai dossali della sacrestia dei Frari a Venezia e esegue il coro di Sant'Antonio in Polesine. Nel 1474 Bernardino, figlio di Cristoforo, realizza le spalliere della sacrestia del Duomo di Modena e tra il 1489 e il 1494 gli stalli del Battistero di Parma. Cristoforo da Lendinara lavora al coro della Cattedrale di Parma, in collaborazione con Luchino Bianchino e nel 1477 eseguì le quattro tarsie con gli Evangelisti per il Duomo di Modena. Nel 1486 è a Pisa per il coro del Duomo, completato da Guido da Saravallino; muore prima di poter iniziare la sua ultima opera: i banconi della sacrestia dei Consorziati a Parma, realizzata da Luchino Bianchino; Pietro Antonio degli Abati, cognato dei Lendinara e loro collaboratore, nel 1484 lavora a Vicenza per il coro di Santa Maria di Monte Berico, e tra il 1487 e il 1497 lavora a Padova nella chiesa di San Giovanni di Verdara. Giovanni Maria Platina, il miglior allievo dei Lendinara fu attivo a Cremona realizzando tra il 1477 e il 1480 un armadio per reliquie e tra il 1483 e il 1490 il coro del Duomo della stessa città.
[modifica] La maniera Veneto-Napoletana
A Venezia lavorò Fra Sebastiano da Rovigo e il suo allievo Fra Giovanni da Verona, tra il 1491 e il 1499 esegue il coro di Santa Maria in Organo a Verona, le sue tarsie abbandonando il classico repertorio geometrico, diventano più intricate, tra il 1503 e il 1505 esegue il coro di Monte Oliveto a Siena; dal 1506 al 1511 lavora al convento di Monteoliveto a Napoli e tra il 1511 e il 1512 lavora alle spalliere della Sala della Segnatura a Roma, (perdute). Suoi allievi furono Giovanni Francesco d'Arezzo, che nel 1524 circa realizza il coro della Certosa di San Martino a Napoli e i fratelli Bencivenni che dal 1521 al 1530 eseguirono il coro della Cattedrale di Todi.
[modifica] La Cappella Sistina dei "Legni tinti"
Il genere venne perdendo importanza quando si abbandonarono i temi geometrici per sostituirli con soggetti prettamente pittorici: ne sono un esempio le tarsie per gli sportelli di copertura del coro di Santa Maria Maggiore a Bergamo di Gianfranco Capoferri, su cartoni del Lotto realizzate tra il 1522 e il 1532: all'esterno da coperta: allegorie che introducevano alle scene bibliche.
[modifica] A Bologna il gran teatro di Fra Damiano
Fra Damiano Zambelli (noto anche come Damiano da Bergamo) dal 1517 al 1526 è attivo maggiormente a Bologna dove viene in contatto con gli studi sulla scenografia teatrale di Baldassarre Peruzzi. Dal 1528 al 1530 realizza le spalliere del presbiterio di San Damiano in Bologna, tra il 1530 e il 1535 realizza le spalliere per la cappella di San Domenico con Storie di san Domenico; tra il 1537 e 1538 il leggio e la porta del coro; dal 1541 al 1549 esegue le storie bibliche del coro maggiore della basilica di San Domenico a Bologna.
[modifica] Il Settecento Piemontese
Una grande stagione per la tarsia, l'intaglio e l'ebanisteria avvenne in Piemonte nel XVIII secolo nel periodo tra il regno di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, re di Sardegna.
Le tecniche innovative prima di Pietro Piffetti ( 1701-1777 ) ed in seguito di Giuseppe Maria Bonzanigo(1745-1820), che prevedevano l'uso di legni pregiati, avori, madreperla e tartaruga, caratterizzeranno l'arredamento rococò delle reggie sabaude dell'epoca , lasciando degli autentici capolavori di arredamento.
Il Bonzanigo, influenzato dall'opera di Antonio Canova, utilizzerà queste tecniche anche nella scultura , dando origine a pregevoli pannelli in legno con avorio intarsiato in stile neoclassico, su cui si inseriscono al centro ritratti in pietra e marmo della nobiltà dell'epoca.
[modifica] Conclusione
La tarsia come genere può dirsi concluso, si realizzarono successivamente solo opere minori e venne sempre esclusa dalla grande arte, tanto che nell'ottocento molti capolavori vennero distrutti. Probabilmente ciò avvenne a causa del gusto neoclassico, che preferiva l'ebanisteria all'intarsio: è proprio questa l'epoca in cui il principale ebanista mondiale, Giuseppe Maggiolini, fa conoscere le sue opere alle principali corti europee, prima fra tutte quella degli Asburgo....