Battaglia dell'Assietta
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La battaglia dell'Assietta, combattuta il 19 luglio 1747, fu un significativo episodio della Guerra di successione austriaca, conflitto che sconvolse l'Europa della metà del settecento.
Battaglia dell'Assietta | |||||||
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Parte della Guerra di successione austriaca | |||||||
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Schieramenti | |||||||
Francia | Regno di Sardegna | ||||||
Comandanti | |||||||
Charles Louis Auguste Fouquet, conte di Bellisle | Conte di Bricherasio | ||||||
Effettivi | |||||||
n. d. | n. d. | ||||||
Perdite | |||||||
5.000 | 77 |
Guerra di successione austriaca: Italia |
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Camposanto – Villafranca – Casteldelfino – Madonna dell'Olmo – Bassignano – Piacenza – Rottofreddo – Assietta |
Indice |
[modifica] Antefatto
La Francia aveva deciso di annientare completamente le truppe piemontesi, considerate pericolose in quanto forti e ben arroccate. Luigi XV, però, aveva già tentato varie volte di penetrare in Piemonte, assediando Cuneo e combattendo aspramente a Olmo e a Bassignana, ma venendo sempre ripetutamente sconfitto. Era dunque il 1747 quando Luigi XV ordinò l'avanzata finale per farla finita con il re Carlo Emanuele III di Savoia. Egli avanzò con una poderosa armata di oltre 150 reggimenti di fanteria, 75 squadre di cavalleria e 2 brigate d'artiglieria. Il comando di queste forze era affidato a due generali: il Maresciallo Carlo Luigi Augusto duca di Bellisle e il marchese Las Minas, i quali avrebbero dovuto concordare un unico piano d'operazione, ma le cose non andarono proprio come previsto: secondo il Bellisle sarebbe stato opportuno minacciare Torino valicando le Alpi, ma per il suo collega spagnolo era meglio assediare Genova
Se all'inizio prevalse il piano del marchese di Las Minas, i valorosi soldati piemontesi seppero tenere così bene i passi di montagna meridionali (oltre che bloccare l'assedio posto a Nizza), che venne presa in considerazione l'idea del Bellisle. Un corpo d'armata di 50 battaglioni di fanteria, 15 di cavalleria e molti cannoni avanzarono allora verso i valichi alpini. L'armata venne divisa in due squadroni, che si apprestarono ad avanzare uno verso il Moncenisio, scendendo poi verso Exilles, l'altro verso Fenestrelle passando dall'Assietta.
[modifica] Il luogo
L'Assietta è un pianoro brullo posto a oltre 2500 m. posto sullo spartiacque fra la valle di Susa e quella del Chisone: il suo controllo consente di poter intervenire rapidamente in una valle o nell'altra. Prevedendo che i francesi vi sarebbero transitati, Carlo Emanuele III ordinò di trincerarlo e di presidiarlo con 13 battaglioni di fanteria. Tra di essi, alcuni erano mercenari svizzeri e altri ricevuti in aiuto dagli alleati, ma il grosso era costituito dalle sole forze piemontesi. In appoggio all'esercito piemontese intervennero anche gruppi organizzati di combattenti valdesi, abituati già a compiere con successo atti di guerriglia nelle valli che conoscevano molto bene: il loro compito, come sempre in questi casi, era quello di tenere impegnato il maggior numero di soldati francesi, sottraendoli così alla disponibilità in battaglia aperta.
Le spie francesi avvertirono però i marescialli che il nemico si stava fortificando sull'Assietta, e pertanto venne deciso di attaccare subito, per stroncare quelle forze armate che avrebbero potuto intralciare un eventuale assedio al forte di Exilles.
[modifica] La battaglia
I francesi erano forti di 32 battaglioni, contro i 13 piemontesi. La colonna di destra, al comando del Maresciallo Villemur, con 14 battaglioni doveva attaccare il Grand Serin e proseguì la marcia per portarsi a distanza d'assalto; la colonna di sinistra del generale Mailly, forte di 9 battaglioni, doveva attaccare i trinceramenti di Riobacon e del pianoro del colle; quella centrale, agli ordini del Maresciallo d'Arnault, con 8 battaglioni su due sottocolonne, doveva attaccare la ridotta della Testa dell'Assietta. Verso le 16,30 il Bellisle dette l'ordine d'attacco che iniziò con grande vigore in ogni settore.
I francesi decisero di aprirsi un varco nelle fortificazioni dell'Assietta: cercando di assalirle, vennero attaccati ripetutamente e sconfitti. Anche al Grand Serin le cose andavano male per gli invasori. I marescialli francesi diedero prova di grande coraggio combattendo alla testa dei loro uomini, ma ciò non servì ad evitare la catastrofe. Il Bellisle, visto che i suoi soldati non riuscivano ad infrangere la resistenza delle truppe sabaude, strappò la bandiera dalle mani di un proprio alfiere e si lanciò all'ennesimo assalto, sperando con questo esempio di trascinare i suoi: quest'impresa, però, gli fu fatale. Venne infatti ferito con un colpo di baionetta da un soldato piemontese e subito dopo ucciso dalla pallottola di un tiratore piemontese.
La morte del comandante non arrestò i francesi: il comandante piemontese, il Conte di Bricherasio, decise alora di inviare sette battaglioni verso il Grand Serin temendo di non poter tenere per lungo l'Assietta. Chiese quindi al Conte di San Sebastiano (figlio di primo letto di quella Marchesa di Spigno sposata morganaticamente da Vittorio Amedeo prima dell'abdicazione), che comandava la ridotta più avanzata alla Testa dell'Assietta, di lasciare la sua postazione e di ritirarsi con i suoi soldati verso il Gran Serin. Ma, secondo la leggenda, il Conte di San Sebastiano non obbedì all'ordine e resistette con i suoi eroicamente sul pianoro, decretando la vittoria. Dopo cinque ore di battaglia, tuttti gli attacchi francesi furono respinti e agli attaccanti non restò che ritirarsi sconfitti.
Quando, l'indomani, vennero contati i caduti, ci si rese conto del massacro: 5.000 i morti francesi contro soli 77 piemontesi: la battaglia si era svolta in modo assai cruento, con atti di valore da entrambe le parti.
Fu così che il piccolo nucleo di forze piemontesi sconfisse le ingenti truppe francesi che, battute, tornarono in Francia. L'anno successivo con la pace di Aquisgrana il Piemonte ottenne i territori intorno al Lago Maggiore e al Ticino, raggiungendo l'estensione geografica che mantenne fino al 1859.
Federico II di Prussia ebbe a dire, sentendo gli accaduti dell'Assietta che, se avesse avuto lui degli uomini così valorosi, sarebbe diventato in breve re d'Italia.
E' probabilmente riferito a questa battaglia l'episodio che diede la nascita al detto bogia nen.
[modifica] Bibliografia
- Mauro Minola, Assietta. Tutta la storia dal XVI secolo ad oggi, Susalibri, Sant'Ambrogio di Torino 2006, ISBN 88-8889-16439
- Michele Ruggiero. Storia della Valle di Susa. Pinerolo, Alzani Editore, 1996. ISBN 88-8170-032-8