Bioplastica
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La bioplastica è un tipo di plastica biodegradabile in quanto derivante da materie prime vegetali non inquinanti.
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Il tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio contro i 1000 richiesti dalle materie plastiche. Le plastiche bio attualmente sul mercato sono composte di amidi o loro derivati e, oltre ad essere organici col vantaggio della biodegradabiità, hanno il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale vengono depositati. Ciò consente di ricavare concime fertilizzante dai contenitori bio e di impiegarli in pellicole per l'agricoltura e per le serre. Ad oggi tali tessuti sintetici sono prevalentemente in polietilene, difficilmente riciclabili quando si considera che sulla superficie interna delle serre (o esterna se vengono utilizzati per coprire terreni) si accumulano diserbanti e fertilizzanti che devono essere ripuliti ed eliminati. Col materiale bio invece la pellicola è lasciata a decomporsi naturalmente sul terreno o sulla serra (se non viene più coltivata). I vantaggi di un materiale "biologico" sono:
- È un'alternativa a riciclaggio e reimpiego senza compiti ulteriori per i consumatori: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica data la loro rapida biodegradabilità. L'impatto ambietale di tale scelta di smaltimento è inferiore sia alla termovalorizzazione di rifiuti bio sia al compostaggio, in termini di energia richiesta ed emissioni dei processi. La pressione dei rifiuti per ridurne la densità volumica richiede 5-10 minuti per tonnellata di rifiuti (poca energia) ed ha emissioni zero (la pressione dei rifiuti non è un processo chimico, ma meccanico; non genera fumi).
- Riduce gli oneri di gestione dei rifiuti nel caso in cui i materiali bio inizino a sostituire vetro, plastiche e rifiuti riciclabili; ovvero nel caso in cui produttori di generi alimentari utilizzino materiali bio per gli imballaggi e i produttori di plastiche immettano in commercio plastiche biodegrabili. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, etc, verrebbero caricati "quotidianamente" insieme a tutti gli altri), sarebbe necessaro un sovradimensionamento della capacità di contenitori dei rifiuti e camion per il loro trasporto.
- Biodegradabilità e decomposizione naturale in un tempo trentennale.
- Producibilità di concime in quanto la sostanza è fertilizzante
- Minori emissioni di fumi tossici nel caso di incenerimento.
- Igiene dei contenitori alimentari: in particolare le bevande corrodono col trascorrere del tempo parti della confezione e assorbono sostanze nocive di cui è composto il contenitore (ad esempio, acqua minerale col PET, latte col Tetrapak, bibite in lattina). Per questo motivo (evitare il contatto con le sostanze del contenitore) più che per una scadenza della bevanda, è prevista una data di scadenza delle confezioni; nel caso di contenitori bio nel caso peggiore la bevanda assorbirebbe degli amidi, sostanze non tossiche, che le toglierebbero sapore senza creare però pericoli di intossicazione.
[modifica] La finanziaria 2007
La finanziaria 2007, ai commi 1129 e 1130, stabilisce che
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«ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali, è avviato, a partire dall'anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario[1], non risultino biodegradabili. [...] Il programma [...] è finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 10 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.»
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Si seguono così gli esempi di altri paesi quali l'Irlanda (che ha scelto la strada delle tasse sulle buste non biodegradabili, ottenendone un'immediata enorme riduzione) e la Francia (che ha imposto un divieto per il 2010 come l'Italia). Se tale norma sarà applicata, si risparmieranno potenzialmente 300 000 t di buste in plastica all'anno, ovvero 430 000 t di petrolio circa e 200 000 t di CO2,[2] e inoltre – se le abitudini dei consumatori non cambieranno a favore di altri strumenti come le buste per la spesa riutilizzabili di tela o di plastica rigida – si avrà un forte impulso alla produzione nazionale di bioplastiche e in particolare di Mater-bi derivato dal'amido di granturco, e perciò anche del relativo settore agricolo: attualmente la produzione dichiarata dalla Novamont è complessivamente di 35 000 t, in forte espansione.[3]
[modifica] Note
- ↑ Ci si riferisce in particolare alla norma EN13432.
- ↑ Questi i dati attuali sulla produzione di buste di plastica in Italia secondo ecosportello.org (19 giugno 2006).
- ↑ Dati da Sacchetti addio del 30 ottobre 2006.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Futuro biodegradabile: articolo sulle bioplastiche (da Ecosportello).
- Petizione a favore delle Bioplastiche : Incentivare la diffusione di imballaggi biodegradabili e compostabili al 100% (da Quibio).