Borgo Faiti
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Borgo Faiti è una Città di Fondazione, nata nell'agro pontino a seguito della bonifica integrale delle paludi pontine operata durante il regime fascista. Amministrativamente è una frazione del comune di Latina, nella omonima provincia del Lazio, con circa 2.500 abitanti (2005).
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[modifica] Territorio
Si tratta di un piccolo borgo rurale costituito da un centro urbanizzato e da una vasta area agricola appoderata. Il territorio è delimitato a nord-est dalla via consolare Appia (attuale strada statale n. 7), a sud ovest dal canale di bonifica "Sisto", mentre a nord-ovest e sud-est rispettivamente dalle strada "Migliara 41" e dalla strada "Migliara 45". Tale territorio è tagliato longitudinalmente dalla strada "via Trasversale", parallela all'Appia, e trasversalmente dalla SS 156 "dei Monti Lepini" e da altre cinque "strade migliare". Il centro costruito si trova decentrato rispetto all'asse longitudinale, essendo collocato in adiacenza alla consolare appia e alla strada statale dei Monti Lepini. La consolare Appia costituisce inoltre il confine tra il comune di Latina e quello di Sezze, mentre la strada "migliara 45" costituisce il confine tra il comune di Latina e quello di Pontinia.
[modifica] Storia
La "città di fondazione", in questo caso un centro rurale, venne costruita (in riferimento sia al suo centro che ai poderi diffusi sul suo territorio) dall'Opera Nazionale Combattenti (ONC) nell'ambito dell' appoderamento delle paludi pontine bonificate, ed inaugurata nel 1933. L'area venne popolata da coloni nella stragrande maggioranza di provenienza veneta, friulana e ferrarese, ai quali vennero assegnati i poderi appena realizzati, dapprima coltivati in regime di "dipendenza" dall'ente ONC, e successivamente riscattati in proprietà dagli stessi coloni assegnatari.
Il centro del borgo (con una piazza, la scuola, l'acquedotto, l'emporio, la sede dell'azienda agraria, l'ammasso delle granaglie e alcune abitazioni) venne realizzato in corrispondenza di un preesistente casale, con annessa cappella religiosa, a sua volta situato a ridosso dei resti del villaggio romano di Forum Appii.
In precedenza il territorio risultava, a partire dal primissimo medioevo, sostanzialmente disabitato: i resti del villaggio di Forum Appii, citato da San Paolo negli "Atti degli Apostoli" furono individuati e riscoperti solo a seguito dei falliti tentativi di bonifica del XVIII secolo voluti da papa Pio X,ed insieme ad essi fu riscoperto l'originario tracciato dell'Appia fino ad allora sconosciuto per ciò che riguardava l'area pontina;. Nei pressi dei resti del villaggio sorsero una stazione di posta e un casale, tuttora esistenti, e il territorio a ovest dell'Appia fu parzialmente prosciugato mediante la realizzazione delle "fosse migliarie". Tullio Dandolo, nelle sue "Lettere su Roma e su Napoli" (pubblicate nel 1826, lettera XVI), racconta di essersi fermato in un'osteria a Forappio sulla strada per Napoli. Nel XIX secolo sorsero ancora un casale con annessa cappella, a servizio dei campi circostanti, che tuttavia, essendo disabitati e impaludati durante l'inverno, e funestati dalla malaria durante l'estate, venivano frequentati solo nei mesi primaverili da contadini e braccianti del centro collinare di Sezze, al cui comune apparteneva l'intero territorio dell'attuale borgo, e dal quale fu scorporato alla nascita del comune di Littoria.
Il Borgo subì danni durante il secondo conflitto mondiale: alcune zone della campagna furono bombardate dagli alleati, mentre l'antico casale situato al centro, contenente la cappella cattolica, fu fatto saltare dai tedeschi in ritirata poiché utilizzato come deposito di armi. Successivamente, negli anni 1950, fu costruita una nuova chiesa, quindi a più riprese una nuova scuola.
[modifica] Comunità
Alla popolazione iniziale di coloni Veneti, Ferraresi e Friulani si sono aggiunti, nel dopoguerra, flussi immigratori di provenienza lepina e campana, perfettamente integrati nella comunità originale, che mantiene tutt'oggi i caratteri tipici delle cosiddette comunità veneto-pontine, benché il dialetto veneto sia quasi del tutto scomparso a favore del romanesco di Latina. I dialetti veneti rimangono praticati correntemente solo da alcuni anziani, e i giovani, pur in parte comprendendoli, ne fanno un uso tuttalpiù gergale e comunque molto sporadico; le parlate ferraresi e friulane sono invece assenti dal contesto sociale, confinate alla pratica familare di pochi.