Braula coeca
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Braula coeca | ||||||||||||||||||||
![]() Braula coeca |
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Classificazione scientifica | ||||||||||||||||||||
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Nomenclatura binomiale | ||||||||||||||||||||
Braula coeca NITZSCH, 1818 |
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Nomi comuni | ||||||||||||||||||||
Pidocchio delle api |
La Braula coeca è un dittero privo di ali setoloso, privo di veri occhi composti, con antenne incassate nel capo a riposo, privo di mesoscutello, con mesonoto e metanoto simili ad urotergiti. Tarsi distalmente rigonfi ed unghie trasformate in pettini. Le larve sono metapneustiche con un solo paio posteriore di stigmi, con processi al capo, al torace, all’estremità addominale. La pupa è racchiusa nella spoglia trasparente dell’ultima età larvale (pupario di tipo primitivo). È un parassita delle api.
Gli adulti vivono da commensali all’interno dell’alveare, localizzandosi sul corpo delle api (in numero di 1-3 sul corsaletto delle operaie o, di preferenza, della regina in numero di 15-20) e giungendo fino all’apparato boccale da dove riescono a ricavare liquidi rigurgitanti. Braula coeca ha un rapporto commensalistico con l’ape, a cui sottrae miele e sercreti ghiandolari o diterramente dalla ligula, oppure obbligandola a rigurgitare il contenuto dell’ingluvie. Le larve si localizzano sotto gli opercoli delle cellette, nelle quali scavano gallerie o si costruiscono tunnel filiformi con lo stesso materiale ceroso, nutrendosi di questo, di polline ed altri detriti. Gli alveari ne possono essere invasi. La specie è monovoltina. E’ di probabile origine africana, ma oramai quasi cosmopolita. In Italia sono note le sottospecie angolata,di provenienza africana, e la schitzi. È ritenuto dannoso per la soppravvivenza della famiglia in quanto sulla regina possono arrivare a trovarsi innumerevoli esemplari, che la rendono incapace nel proseguire l'ovodeposizione.
Appartiene alla famiglia dei Braulidae dell'ordine dei Diptera, comprendente due generi, Braula e Megabraula, che inglobano otto specie ( Papp 1984, Huttinger 1980, Grimaldi e Underwood 1986). Nella letteratura europea fu menzionata da René Antoine Ferchault de Réaumur nel 1740, che ne studio l'interazione con Apis mellifera. Negli anni venti venne descritto il ciclo di vita della specie. Questo parassita si può trovare anche sui calabroni .
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