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Utente:Bukkia/sandbox III - Wikipedia

Utente:Bukkia/sandbox III

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Gogol'. Gogol' è figlio di un piccolo proprietario terriero ucraino e trascorre nel suo paese natale la sua infanzia, in un ambiente provinciale ancora legato alla vecchia presenza dei cosacchi. Frequenta il ginnasio di Nežin dal 1821 al 1828. Gogol' si impegna in vari campi: sa suonare il violino, dipinge e recita. Dopo il ginnasio si trasferisce a San Pietroburgo, ma l'opprimente aria burocratica della capitale lo delude. Qui pubblica la poesia Italia (Италия) ed il poema Hans Küchelgarten (1929), dai toni del romanticismo, che però non ha pressoché alcun successo.

In seguito viaggia in Germania per breve tempo poi ritorna in Russia a San Pietroburgo e comincia a lavorare al Dipartimento dell'Economia di Stato. Nel frattempo comincia a pubblicare vari racconti e frequenta l'ambiente letterario, facendo conoscenza nel maggio 1830 con Puškin.

Nel 1832 esce la sua prima raccolta, Veglie alla fattoria di Dikan'ka (Вечера на хуторе близ Диханьки, Večera na khutore bliz Dikhan'ki), ritratto del folklore ucraino; al centro della storia c'è l'ambiente provinciale incentrato sulla città di Mirgorod (Миргород), città cara all'autore il cui nome, non per caso, possiede due significati, città mondo o città della pace

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Servendosi di materiale etnografico, di osservazioni empiriche e di realia ucraini liberamente modulati, Gogol' costruisce una struttura archetipica della percezione del mondo propria degli slavi, non diversamente da quanto operato dai romantici occidentali sulla base dei dati mitologici e storici dei propri ambiti nazionali; solo nella novella Ivan Fëdorovič Špon’ka e sua zia (Иван Фёдорович Шпонька и его тётушка, Ivan Fëdorovič Špon'ka i ego tëtuška) vi è una brusca virata di registro e di tema verso la descrizione – cui Gogol' si dedicherà ampiamente in seguito – della piccola proprietà fondiaria in decadenza e dei suoi degradati rappresentanti. Dopo una breve e sfortunata esperienza come professore di storia all’Università di San Pietroburgo. Gogol' torna a dedicarsi interamente alla letteratura e pubblica nel 1835 ben due raccolte: Mirgorod (Миргород) e Arabeschi. Nella prima l’ambientazione è sempre quella delle Veglie, ma il tono cambia e, se si esclude l’inquietante racconto Vij (Вий) (nome di un malvagio demone ucraino), il folklore e la magia lasciano il posto ad un amaro sarcasmo nei grotteschi bozzetti di costume dei Proprietari di vecchio stampo (Старосветские помецики, Starosvetskie pomeciki) e Come Ivan Ivanovič litigò con Ivan Nikiforovič (Повесть о том, как поссорился Иван Иванович с Иваном Никифоровичем, Povest' o tom, kak possorilsja s Ivanom Nikiforovičem). Non è un caso che i protagonisti siano ora piccoli proprietari terrieri: mentre il resto d’Europa conosce un veloce sviluppo economico, l’agricoltura russa è arretrata e basata ancora sulla servitù della gleba, ed i proprietari, i quali non sono più in grado di vivere nelle capitali e nelle zone più aperte ai traffici ed ai commerci, si ritirano nelle proprie tenute, aggrappandosi a modi di produzione anacronistici. La chiusura del mondo di Mirgorod non rappresenta più serenità, ma ripetitività, noia ed un ristagno mentale che confina con la demenza. Ad un microcosmo provinciale fondato sul clientelismo burocratico e sulla sistematica spoliazione delle classi produttive da parte di un ceto nobiliare parassitario è dedicata anche la commedia L’ispettore generale (Ревизор, Revizor), rappresentata nel 1836 a San Pietroburgo alla presenza dello zar Nicola I in persona. Basata su un intrigo in apparenza assai semplice, la commedia è in realtà profondamente innovativa: sul modello esplicito della commedia attica, Gogol’ definisce lo spazio dell’azione sullo sfondo di un collettivo organizzato; la “città” come metafora dell’intera nazione, ed insieme come organismo individuale che prende parte alla vicenda sarà d’ora in avanti un elemento ricorrente della letteratura di ascendenza gogoliana, da Dostoevskij, Herzen, Saltykov-Ščdedrin a A.Belyj, Platonov, Venedikt Erofeev. Assai originale è anche la figura del protagonista Khlestakov, non un imprenditore consapevole ma carattere fatuo e psicologia priva di sostanza, maschera proteiforme che assume le sembianze dettategli dalle paure e dalle aspettative degli interlocutori, e che finisce dunque per credere lui stesso all’inganno perpetrato.

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«Il principio interiore che in larga misura organizza il pensiero artistico di Gogol’, è il principio dell’indifferenziata massa elementare, della percezione integra del mondo come sistema delle grandi unità umane»
(Grigorij Gukovskij)

Alla comunità artificiale della civiltà moderna (la grottesca ed illusoria “città) Gogol’ contrappone il passato epico ed eroico dei cosacchi nel racconto lungo Taras Bul’ba (Тарас Бульба), ambientato nell’antica Ucraina. Patriottismo, ortodossia, e “cameratismo” (Товарищество, trascritto Tovariščestvo /tʌvəri'ʃʧɛstvʌ/ ossia immediata solidarietà fra compagni, termine poi ripreso anche da V.I. Lenin) informano tanto le azioni dell’eroe eponimo quanto la vita dell’intera comunità cosacca: ad attrarre Gogol’ è proprio l’assenza di leggi scritte e di vincoli formali, l’allegria spontanea e primitiva che trasforma la vita in una festa.

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«L’allegria è per Gogol’ lo stato creativo dell’anima»
(Jurij Lotman)

Nella società moderna allegria e creatività sono scomparse ed il principio della gerarchia si è sostituito al cameratismo, trasformando l’uomo in una macchina senz’anima. Il carattere oppressivo del mondo moderno è ben rappresentato dalla burocrazia di San Pietroburgo, che Gogol’ descrive nei racconti di Arabeschi: Il ritratto (Портрет, Portret), La prospettiva Nevskij (Невский проспект, Nevskij prospekt) e Il diario di un pazzo (Записки сумашедшего, Zapiski sumašedšego); ad essi si aggiungeranno poi Il naso (Нос, Nos, 1836), ed Il cappotto (Шинель, Šinel', 1842), nel ciclo detto dei “Racconti di Pietroburgo”. La burocrazia della capitale è un segmento della società russa apparentemente assai diverso dalla provincia rurale di Mirgorod, ma ad essa accomunato da un’artificialità meccanica e deformante: follia o morte colpiscono chi tenta di uscirne, sia tramite la promozione sociale, sia perseguendo strategie di fuga dalla realtà (sogno, utopia, creazione artistica, sostanze psicotrope). Giunge qui a maturazione il particolare stile gogoliano, in cui, prima ancora che nelle esili trame, si esprime il carattere illusorio ed incoerente di un universo sociale al tramonto: la narrazione non è mai obiettiva, condotta sul registro mediano, ma procede per salti continui dal grottesco al patetico e viceversa; i dettagli sono elencati e descritti in modo ridondante e iperbolico, messi a fuoco uno per uno e poi inspiegabilmente abbandonati; gli animali e addirittura gli oggetti si animano: celebri sono ad esempio la descrizione delle porte cantanti in Proprietari di vecchio stampo o lo scambio di lettere sentimentali fra due cagnolini nel Diario di un pazzo. Al contrario, le persone sono disumanizzate, rese simili a maschere, si disgregano in una serie di particolari fisici che vivono come di vita propria: si pensi al naso dell’omonimo racconto od all’inizio della Prospettiva Nevskij, dove abiti e pettinature passeggiano ed agiscono al posto delle persone. Gogol’ non è un semplice narratore ma un interprete, quasi un commediante (Boris Ejchenbaum): la voce narrante divaga continuamente dal soggetto principale ed esprime spesso giudizi paradossali ed illogici, in evidente contrasto con le vere opinioni dell’autore. Questo flusso di parole che pare giocare a nascondino con se stesso diventerà il vero e proprio “marchio di fabbrica” gogoliano ed influenzerà profondamente la letteratura russa successiva. Nel 1837 Gogol si reca in Europa occidentale e vi rimane quasi ininterrottamente per undici anni. Per la maggior parte del suo tempo risiede a Roma, dove gli sembra di aver trovato la sua “vera patria”: qui lavora alle Anime morte (Мёртвые души, Mërtvye duši), la cui prima parte esce a Mosca nel 1842 e ha subito una vasta risonanza. I dibattiti sull’opera contribuiscono a delineare le opposte correnti degli occidentalisti e degli slavofili: se i primi sottolineavano gli spunti di critica sociale che sottendono le avventure di Čičikov, i secondi ne valorizzano gli aspetti epici, il tentativo di mostrare un quadro organico della nazione nel suo complesso. I due elementi, in realtà, si integrano: un’approfondita analisi dei processi sociali e dei loro effetti antropologici coesiste con la “panoramicità monumentale” (Jurij Mann) di un orizzonte narrativo il più possibile ampio. Ciò è possibile perché Gogol’ si allontana dalle forme del romanzo borghese contemporaneo, caratterizzato da una dinamica di conflitto fra il protagonista ed il mondo circostante, e risale ai modelli di Omero, Ariosto, Cervantes, Fielding: un eroe “catalizzatore di eventi” che attraversa una catena potenzialmente infinita di aspetti della realtà (concretizzati qui in una tenuta nobiliare e nel suo padrone), mettendo in luce il significato paradigmatico di ognuna. Lo stesso Gogol’ considerava il libro (da lui definito “poema”) solo come prima parte di un ciclo più ampio che avrebbe dovuto mostrare la successiva redenzione del protagonista e la “smisurata ricchezza dello spirito russo”. Come sempre l’ironia nasconde un’inappagata tensione morale e si rovescia sovente in apostrofi patetiche:

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«Un potere incantato mi impone di andare ancora a lungo mano nella mano con i miei strani eroi, di contemplare tutta la vita nel suo immenso scorrere, contemplarla attraverso un riso visibile al mondo e lacrime ad esso invisibili, ignote!»
(Gogol')

Le condizioni oggettive del paese offrivano però ben pochi spunti per la parte positiva del “poema”: nel 1845 Gogol’ brucia quasi tutti materiali della seconda parte, e i capitoli giunti fino a noi risultano fiacchi e ideologici. Il vicolo cieco creativo si unisce al disagio per i veloci mutamenti storici dell’epoca: in Europa occidentale lo scrittore assiste infatti al trionfo dell’individualismo borghese, che minaccia di penetrare anche in Russia. La tirannia del denaro è considerata da Gogol’ anche peggiore della burocrazia e della servitù della gleba. Non a caso, nel racconto incompiuto Roma (Рим, Rim) alla Parigi del progresso borghese lo scrittore contrappone la plebe della città papale: come in Taras Bul’ba, il sottosviluppo socio-economico è indice di integrità spirituale. Nel 1847 Gogol’ traccia un bilancio della propria evoluzione ideologica nella raccolta di ammaestramenti Passi scelti dalla corrispondenza con gli amici (Выбранные места из переписки с друзьями, Vybrannye mesta iz perepiski s druz'jami), in cui l’autocrazia zarista, la gerarchia burocratica, la servitù della gleba e l’integralismo religioso sono esaltati come vera espressione dello spirito russo e baluardo contro il progresso relativistico e disgregante. Il libro suscita uno scandalo enorme. Il critico Vissarion Belinskij, che più di tutti aveva contribuito alla diffusione del mito di Gogol’, lo accusa in una famosa lettera pubblica di essere diventato “predicatore della frusta e apostolo dell’ignoranza”. È un ennesimo colpo per Gogol’, che negli ultimi anni si rifugia in un misticismo morboso e, dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, torna in patria per terminare Le anime morte. In condizioni psicologiche sempre più precarie, nel febbraio del 1852 brucia per la seconda volta il manoscritto del “poema” e si dedica a lunghi digiuni che lo portano a morire di consunzione

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