Flagellazione di Cristo (Piero della Francesca)
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La "Flagellazione di Cristo" è una tempera su tavola di 59 x 81,5 cm, realizzata tra il 1444 e il 1469 dal pittore italiano Piero della Francesca.
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[modifica] Descrizione
L'opera, conservata a Urbino nella Galleria Nazionale delle Marche, è danneggiata da tre lunghe fenditure orizzontali e da alcune cadute di colore. Alla base del trono, a sinistra, si legge OPUS PETRI DE BURGO S[AN]C[T]I SEPULCR[I]. A destra, sotto i tre personaggi in primo piano, almeno fino al 1839, secondo il Passavant si leggeva la scritta convenerunt in unum, tratto dal Salmo II, che fa parte del servizio del Venerdi santo, riferito alla Passione di Cristo: Adstiterunt reges terrae et principes convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius.
Si può pensare alla tavola come fosse divisa in due aree rettangolari: da sinistra alla colonna a metà piano, l'area in cui è rappresentata la flagellazione e dalla colonna all'estremità destra, l'area occupata dai tre personaggi in primo piano: le due aree stanno fra loro in un rapporto aureo, pari al numero aureo 1,618.
[modifica] Profilo artistico
La luce proviene da due punti differenti, da sinistra e da destra, e illumina anche il riquadro del soffitto sotto cui è collocato il Cristo; la forza straordinaria dell'arte di Piero sta propriamente nell'avere connaturato il colore, che in lui è immediatamente luce, con la forma, fino a fargli assumere valore plastico. Quanto più guadagna in astrazione, tanto più la forma perde in movimento, dando alla rappresentazione una fissità atemporale: la realtà del fatto particolare coincide con la totalità del reale, il tempo coincide con lo spazio ed è pertanto dato una volta per sempre.
Il risultato espressivo è l'impersonalità, l'assenza di emozioni, la calma solenne nella dignitosa severità manifestata dai personaggi rappresentati: "e tuttavia non esiste Flagellazione più emozionante della sua, quantunque su nessun volto si scorga un'espressione in rapporto con l'avvenimento; anzi, quasi a rendere il fatto più severamente impersonale, Piero introdusse nel meraviglioso dipinto tre maestose figure in primo piano, impassibili come macigni" (Berenson).
[modifica] Interpretazioni iconologiche
[modifica] Interpretazione tradizionale
L'interpretazione tradizionale vede nel gruppo dei tre personaggi di destra Oddantonio II da Montefeltro, al centro, il duca di Urbino assassinato il 22 luglio 1444 da una congiura ordita dai notabili urbinati Serafini e Ricciarelli, i quali sarebbero i due personaggi ai lati, che potrebbero però identificarsi anche nei suoi due consiglieri, Manfredo dei Pio e Tommaso di Guido dell'Agnello, anch'essi responsabili della sua morte a causa della loro politica impopolare che condusse alla congiura; la morte di Oddantonio, in quanto vittima innocente, verrebbe così assimilata alla Passione di Cristo. Questa interpretazione si basa su elementi piuttosto vacui, che non giustificano il senso complessivo del quadro, per questo gli studiosi si sono sforzati di trovare altre strade per sciogliere quello che è stato definito come "un enigma di Piero della Francesca".
[modifica] Interpretazione dinastica
Un'altra tarda interpretazione vede nel dipinto una celebrazione dinastica voluta dal duca Federico da Montefeltro, fratellastro e successore di Oddantonio: i tre personaggi sarebbero i suoi predecessori. In un manoscritto settecentesco del Duomo di Urbino, dove il dipinto si trovava, la tavola è infatti descritta come "La flagellazione di Nostro Signore Gesù Cristo, con le figure e i ritratti dei Duchi Guidubaldo e Oddo d'Antonio".
[modifica] Interpretazione teologica
Un'altra interpretazione ancora vede nella figura al centro un angelo con ai lati la Chiesa latina e la Chiesa ortodossa, la cui divisione sulla questione teologica della processione dello Spirito Santo soltanto dal Padre, come sostengono gli ortodossi, o anche dal Figlio, come sostengono i cattolici romani, produrrebbe le sofferenze del Cristianesimo.
[modifica] Interpretazione di Kenneth Clark
Nel 1951 lo studioso Kenneth Clark interpretò il personaggio barbuto come un sapiente greco, e il dipinto alluderebbe alle difficoltà della Chiesa e del Cristianesimo all'indomani della caduta di Costantinopoli nel 1453 e ai progetti di crociata discussi nel concilio di Mantova del 1459.
[modifica] Interpretazione di Marilyn Aronberg Lavin
Negli anni ’70 la storica dell’arte Marilyn Aronberg Lavin della Università di Princeton, ha identificato nella scena del loggiato Ponzio Pilato seduto sul trono e Erode di spalle, per analogia con altre numerose rappresentazioni della Flagellazione che dovevano essre note a Piero. Le figure in primo piano sarebbero: a destra Ludovico Gonzaga, marchese di Mantova ed a sinistra il suo intimo amico, l’astrologo Ottavio Ubaldini della Carda, come confermato dalle decorazioni di cardo sulla ricca veste, che viveva presso il palazzo ducale di Urbino. All’epoca del dipinto sia Ottavio che Ludovico avevano appena subito la perdita di un figlio e la figura al centro ne rappresentebbe appunto il ritratto congiunto. La scena si articolerebbe dunque come un parallelo tra il lutto dei due personaggi e la passione di Cristo e questo spiegherebbe l’iscrizione sulla cornice. Secondo la Lavin il dipinto sarebbe stato commissionato da Ottavio per la sua cappella privata, denominata Del Perdono, collocata nel Palazzo Ducale di Urbino e nella quale si trova un altare di dimensioni compatibili con La Flagellazione. Immaginando di collocare il dipinto sull’altare, la prospettiva apparirebbe perfettamente strutturata per il punto di vista di un osservatore inginocchiato in fronte ad esso.
[modifica] Interpretazione di Carlo Ginzburg
Per Carlo Ginzburg il dipinto rappresenterebbe l'invito rivolto a Federico da Montefeltro a partecipare alla crociata antiturca dal cardinal Giovanni Bessarione e dall'umanista Giovanni Bacci, mentre il giovane biondo e assorto al centro rappresenterebbe Bonconte II da Montefeltro, pupillo del Bessarione morto di peste nel 1458; in questo modo le pene del Cristo sono assimilate sia ai bizantini oppressi dagli ottomani sia al Buonconte.
[modifica] Interpretazione di Silvia Ronchey
Per Silvia Ronchey (approfondimenti sul sito web) e altri studiosi la tavola raffigurerebbe il messaggio politico di Giovanni Bessarione, il delegato bizantino che aprì il Concilio di Ferrara e Firenze del 1438 - 1439, per la riunificazione delle chiese orientali e occidentali. Il Cristo flagellato rappresenterebbe tanto la lontana Costantinopoli, che allora era assediata dagli ottomani, quanto in senso più ampio la cristianità intera.
A sinistra, la figura con turbante che assiste alla scena, sarebbe il sultano turco, ossia Murad II, mentre in Ponzio Pilato si dovrebbe identificare l'Imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo seduto, con calzature color porpora, che solo gli Imperatori bizantini potevano portare in tutto l'Impero bizantino, era come un loro simbolo Imperiale, che proveniva dalla sfarzosità della porpora, colore molto costoso nell'antichità. Le tre figure sulla destra rappresenterebbero da sinistra, il Bessarione, il fratello dell'Imperatore bizantino Tommaso Paleologo (scalzo perché ancora non imperatore e quindi non poteva indossare i calzari di porpora dei Basileus) e Niccolò III d'Este, padrone di casa del concilio. Quando Piero della Francesca dipinse la tavola erano passati 20 anni dai fatti del concilio e Costantinopoli era stata presa dagli ottomani, nel 1453. Papa Pio II Piccolomini su suggerimento del Bessarione allora aveva promosso una crociata, al cui appello però risposero in ben pochi. Ecco, la tavola di Piero della Francesca ritrarrebbe esattamente il momento di discussione di questo secondo intervento, storicamente avvenuto in occasione di una riunione chiamata Concilio di Mantova (ecco un possibile senso per la frase convenerunt in unum). Oltre al messaggio religioso egli rappresenta un tema politico attuale nell'ambiente romano dove la tavola venne probabilmente dipinta, come una specie di manifesto del ricongiungimento fra Roma e Costantinopoli, collegandosi ad altre opere, prime fra tutte la Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
[modifica] Interpretazione di David King
David King, direttore dell’Istituto di Storia della Scienza di Francoforte, Germania, ha proposto recentemente una nuova chiave di lettura, basata su un parallelo tra un astrolabio rinascimentale e la Flagellazione. http://web.uni-frankfurt.de/fb13/ign/Code.htm L’astrolabio fu costruito nel 1462 da Ioannes Regiomontanus, un astronomo viennese pupillo del cardinale bizantino Giovanni Bessarione. Su di esso è inciso un epigramma in latino che, se utilizzato come una sorta di codice criptato, consentirebbe di decifrare il dipinto di Piero. King ed il suo collaboratore Berthold Holzschuh avrebbero decifrato la relazione tra l’epigramma inciso sull’astrolabio e le otto figure del quadro. L’epigramma, un distico elegiaco ‘quasi’ perfetto, presenta delle spaziature singolarmente irregolari che, così come le imperfezioni della metrica, sono difficilmente conciliabili con l’abilità tecnica e poetica del Regiomontanus, tanto che hanno fatto pensare ad alcuni studiosi che l’astrolabio fosse un falso di epoca recente. Secondo King, quelli che sembrano all’apparenza difetti sono in realtà degli artifici utilizzati per ottenere un codice criptato. L’epigramma celerebbe un acrostico strutturato su otto colonne che consentirebbe di identificare i personaggi della Flagellazione di Piero. Sovrapponendo al quadro l’epigramma opportunamente ingrandito si otterrebbe una perfetta giustapposizione tra i nomi in colonna ed i personaggi ritratti nel dipinto. L’epigramma rappresenterebbe quindi una sorta di didascalia della Flagellazione. Secondo King, il potente assiso sul trono corrisponderebbe all’Imperatore Giovanni VIII Paleologo , ad Erode ed a Ponzio Pilato. L’uomo flagellato rappresenterebbe Cristo e la Chiesa ed il personaggio di spalle con il turbante si identificherebbe nel sultano Ottomano e di nuovo in Erode. Infine, con una congettura inedita, l’uomo che tocca Cristo sarebbe Giuda Iscariota. King afferma che le diverse identificazioni da lui porposto sulla base dell'epigramma sono tutte corrette, consentendo letture alternative dell’epigramma in funzione di del suo lettore. E tutte si ricongiungono nel quadro: Convenuntur in unum.Per quanto riguarda le controverse figure in primo piano, anche qui King procede con le identificazioni multiple. La figura con la barba corrisponderebbe sia al Cardinale Giovanni Bessarione, sia a Bessarione, l’asceta egiziano del V° secolo alla cui figura il Cardinale si era ispirato assumendone il nome. L’angelico giovane al centro sarebbe nel contempo il giovane Regiomontanus, ma anche Buonconte, Bernardino Ubaldini della Carda e Vangelista Gonzaga, tutte figure di giovani vicini al cuore di Bessarione e prematuramente scomparsi per malattia. Infine il dignitario sulla destra sarebbe associato a tre personaggi: al nobile Giovanni Bacci, al padre di Bernardino Ubaldini, Ottavio, ed infine a Ludovico Gonzaga, padre adottivo di Vangelista ed ospite del Concilio di Mantova. Secondo lo studioso tedesco, epigramma e dipinto sarebbero entrambi scanditi da uno speciale rapporto matematico, la cosiddetta sezione aurea, considerato nell’antichità simbolo di perfezione e gradevolezza estetica. King individua due rette chiave, a 3/8 e 5/8 del epigramma, in corrisponenda della B e della I della parola Bessarion (vale a dire le iniziali del cardinale). Nella sovrapposizione con il dipinto, la prima linea divide la scena della Flagellazione nel rapporto aureo. La seconda linea passa invece sulla figura di Bessarione. Il quadro rappresenterebbe complessivamente un parallelo tra la Passione di Cristo e quello che per Bessarione era stato il tradimento di Costantinopoli da parte dell’Occidente.La teoria di King, che è stata fatta oggetto di un editoriale su Nature del 29 Marzo 2007, è stata accolta con notevole scettisimo da parte degli studiosi di storia dell'arte.
[modifica] Bibliografia
- J. D. Passavant, Raffaello d'Urbino e il padre suo Giovanni Santi, 1839
- Kenneth Clark, Piero della Francesca, London, 1951
- Marilyn Aronberg Lavin, Piero della Francesca: the Flagellation, University of Chicago Press, 1973
- Carlo Ginzburg, Indagini su Piero della Francesca, Torino, 2001
- Silvia Ronchey, L'enigma di Piero, Milano, 2006 (pagina dedicata al volume)
- Bernd Roeck: Mörder, Maler und Mäzene. Piero della Francescas "Geisselung". Eine kunsthistorische Kriminalgeschichte. München 2006.
- Marchant J., Science and art: A leap of faith. Nature. 2007 Mar 29;446(7135):488-92
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