Guglielmo Ferrero
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Nasce nel 1871 e muore nel 1943.
È un liberaldemocratico vicino al radicalismo, bersagli delle sue lotte politiche saranno prima Crispi e poi Mussolini. L’assenza di misura che caratterizza l’uomo e la sua società proietta sulla condizione umana l’ombra della paura: paura della natura, concepita come incomprensibile e minacciosa, paura di fronte agli altri, concepiti come nemici, paura di fronte al futuro, temuto per i suoi potenziali di incertezza e instabilità. Da questa paura universale nasce la società, che è la costruzione razionale di un ordine artificiale capace di produrre pace e sicurezza. La civiltà, con le sue strutture, è, insomma, uno sforzo di superare la paura. Tale sforzo si esplica attraverso il potere, che è pero “viziato” da un paradosso: per adempiere al proprio compito esso è costretto ad avvalersi di mezzi coattivi, affidandosi nuovamente proprio a quello strumento, la paura appunto, la cui rimozione è il fine della politica. Soltanto la legittimità può liberare il potere dalla paura: infatti, dove il potere è legittimo, la sovranità assume il profilo di una sorta di “contratto sottointeso” tra i soggetti e l’autorità che fa si che venga meno la necessità di ricorrere a mezzi coattivi. Tale legittimità può, però, andare in crisi, la conflittualità dei diversi interessi si acuisce sino a mettere in discussione l’ordine politico stabilito; in simili momenti si crea una situazione di illegittimità in cui ricompare la paura del potere (ad esempio con la Rivoluzione e con il fascismo). Per far si che non si verifichino crisi di legittimità bisogna rivolgersi verso una democrazia pluralistica capace di tutelare anche gli interessi delle minoranze.