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La Baracca - Wikipedia

La Baracca

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La Baracca


Il 1976 è l’anno di fondazione de La Baracca, anche se il gruppo di ragazzi che in quell’anno forma il collettivo artistico, faceva teatro già da qualche anno incontrandosi nella cantina di un amico.

La Baracca, nasce dunque in modo casuale da un gruppo di amici che, per aver trovato una muta di burattini di Frabboni, un vecchio burattinaio bolognese, decide di cimentarsi con il teatro. Inizialmente il gruppo prova per puro divertimento e magari, visto il particolare momento storico in cui viene ad operare, per mantenersi all’Università portando in scena i propri spettacoli ai festival dell’Unità. L’incontro con Romano Danielli , burattinaio, permette a quel gruppo di amici da un lato di acquisire le tecniche fondamentali del teatro d’animazione confrontandosi con un maestro del genere, dall’altro di rendere più intensa l’attività con nuovi ingaggi. Nel 1976, dopo aver abbandonato ognuno il proprio percorso di studio, il gruppo comincia a lavorare nell’ottica del professionismo teatrale, organizzandosi, come già detto, in collettivo. Il collettivo è formato da Andrea Baldazzi, Claudio Massari, Rita degli Esposti e Roberto Frabetti. Non c’è ancora un’organizzazione precisa, non c’è uno statuto, non c’è un manifesto che esprima un programma artistico, ma ci sono una grande energia creativa e una necessità di creare insieme per il teatro. Come per altre esperienze di quegli anni la formazione teatrale dei membri del gruppo è perlopiù estranea a percorsi scolastici tradizionali, semmai si nutre e si nutrirà nel corso degli anni di esperienze di tipo laboratoriale, anche venendo a contatto con realtà apparentemente lontane dal teatro ragazzi e più vicine al teatro di ricerca. Al gruppo dei fondatori si aggiungerà successivamente Valeria Frabetti, che dopo un periodo di avvicinamento decide di entrare definitivamente nel collettivo, abbandonando per questo la sua carriera di cardiologa . In questa prima fase i componenti della Baracca sperimentano diversi percorsi. Teatro di strada, teatro di figura, teatro d’attore, puppet theatre e burattini sono esperienze diverse che i componenti del gruppo amano far incontrare, facendone emergere potenzialità espressive interessanti per un teatro che, oltre ad essere per l’infanzia e la gioventù,vuole essere in primo luogo innovativo. Ed è proprio la baracca dei burattini a dare denominazione al gruppo; ma il nome La Baracca restituisce anche un’immagine di povertà, che il gruppo sente propria poiché quando lavora e crea si ritrova in contesti poveri (la cantina, le strade, le palestre e gli spazi scolastici), con mezzi poveri e con pochi fondi. In questi primi anni quello della Baracca è quindi un teatro girovago e la ricerca dei mezzi e delle strategie di sopravvivenza si fonde e si confonde con la ricerca artistica. Già alla fine degli anni settanta, però, la compagnia cerca risposta a due nuove e profonde necessità: Innanzitutto il gruppo sente l’esigenza di distinguersi dalle cosiddette compagnie di giro che in quegli anni sono numerosissime e, si muovono nell’area un po’ confusa del semidilettantismo. Un secondo bisogno, importante per la sopravvivenza stessa della compagnia, è aumentare la produzione di spettacoli e dunque riuscire a crearsi un giro di distribuzione autonomo. Nel 1979 il gruppo compie un passo importante e da collettivo di artisti diventa cooperativa, assumendo quindi quella configurazione legale che tuttora mantiene . Allo sparuto gruppetto di amici si sono aggiunte a questo punto altre persone tanto che nell’atto costitutivo de La Baracca scrl, risultano essere soci fondatori: Andrea Baldazzi, Carla e Maria Teresa Cavallari, Roberto e Valeria Frabetti, Claudio Guain, Stefano Liporesi e Alberto Mario Marsala.

“Lo scopo che i soci della cooperativa intendono perseguire è quello di ottenere, tramite la gestione in forma associata della azienda nella quale prestano la propria attività di lavoro, continuità di occupazione e migliori condizioni economiche,sociali e professionali. ”

Appare subito chiaro che il perseguimento di questi scopi passa attraverso la ricerca della stabilità. La stabilità, infatti, permette il radicamento della compagnia al territorio, favorendo un legame stabile con la città, con gli enti, con le scuole e con gli stessi bambini, offrendo l’opportunità di avviare progetti a lunga scadenza. Stabilità dunque come possibilità di una crescita culturale e artistica, oltre che occasione personale di una vita più “stabile”. La sfida di creare un Centro Stabile per l’infanzia, trova terreno fertile nell’amministrazione comunale bolognese nella persona dell’allora assessore alla cultura Sandra Sosta, particolarmente sensibile a questo tipo di istanze. Nasce così nel 1983 il primo Centro Stabile di teatro per ragazzi: il Centro Teatro Ragazzi e Giovani presso il teatro Sanleonardo, gestito in convenzione con l’amministrazione comunale. L’esperienza è assolutamente pionieristica in Italia e si dimostra da subito vincente. Nel giro di un paio d’anni, nascono molti Centri su tutto il territorio nazionale. Da questo punto in poi la storia della Baracca è una storia di espansione sempre maggiore dell’attività e dell’organico e di un progressivo radicamento nel territorio come realtà culturale. Nel 1989, in seguito alla nuova circolare ministeriale sul teatro di prosa, La Baracca viene riconosciuta come centro di produzione teatrale, grazie alla presenza di risultati particolarmente qualificati per coerenza progettuale e continuità artistica. Nel 1991 La Baracca è uno dei membri fondatori di EUnetART, rete europea degli organismi artistici per l’infanzia e la gioventù, che riunisce circa 100 soggetti di 27 paesi d’Europa, diventando così un mezzo per stimolare la creazione di progetti comuni e per incrementare quei rapporti con l’estero che La Baracca ha da sempre promosso, ospitando spesso compagnie straniere all’interno dei suoi spazi . Sempre per quanto riguarda gli anni ‘90 è da segnalare la collaborazione con la RAI, e più precisamente, nel 1993/1994, la partecipazione di Roberto Frabetti, in qualità di autore, alla trasmissione L’albero Azzurro e, nel 1997/1998, la produzione di Glu Glu - Storie per Bambini e di Bello come un rospo. La seconda e attuale sede che nel 1995 viene data a La Baracca dal Comune, in convenzione di primo livello rinnovabile di tre anni in tre anni, è il teatro Testoni, edificio già destinato agli interrogatori della dodicesima legione nel periodo della Repubblica di Salò, poi luogo diviso tra uffici comunali e caserma dei pompieri, poi sede della Coop. Nuova Scena, e ora, con La Baracca, Teatro Stabile d’Innovazione per Ragazzi e Giovani.

Configurazione e organizzazione
 La configurazione legale congeniale alla Baracca da 25 anni è quella della cooperativa, o, per meglio dire, S.c.r.l. (Società cooperativistica a responsabilità limitata), ossia una società che è caratterizzata dall’obbligo di soddisfare le esigenze dei soci sulla base di decisioni condivise, che reinveste gli utili e che mira alla creazione di nuove opportunità di lavoro.

Attualmente la cooperativa La Baracca comprende circa 12-13 soci, che si occupano della parte amministrativa, tecnica e artistica. Oltre ai soci, ci sono i lavoratori stagionali (ad esempio cassiere e maschere) e i dipendenti, con uno stipendio fisso che può aumentare a seconda di alcuni parametri studiati in base ad anzianità di lavoro, anzianità sociale, professionalità, economia generale della società. Attualmente l’organico comprende circa 25-30 persone tra attori, tecnici e personale, che possono arrivare a 50-60 nei periodi particolarmente densi di lavoro. Pur non essendoci delle funzioni rigide, esistono comunque figure di riferimento; Valeria Frabetti per la parte artistica, Fabio Galanti per la parte organizzativa, Bruno Cappagli come regista di numerose produzioni; Roberto Frabetti, in qualità di figura carismatica e testimone degli anni del collettivo, ha un ruolo più trasversale, occupandosi di svariati aspetti (amministrazione, regia, drammaturgia). Il fatturato della Baracca proviene dagli spettacoli venduti, dai laboratori e solo in minima parte dai biglietti venduti, che per scelta della compagnia mantengono un prezzo molto basso. Per quanto riguarda gli spettacoli per le scuole un singolo biglietto costa circa 5/5.50 euro (trasporto scuola-teatro compreso), per gli spettacoli della domenica, generalmente rivolti alle famiglie, il prezzo può variare dai 5 agli 8 euro a seconda della sala e dell’età (le riduzioni sono fino ai 14 anni). La Baracca riceve finanziamenti dal Comune, dalla Regione, e dallo Stato, assegnati su base triennale ed erogati annualmente, che coprono solo un terzo del bilancio. Il resto del patrimonio sociale della cooperativa è costituito dal capitale sociale dei soci lavoratori, dal capitale sociale dei soci sovventori, dal capitale costituito dall’ammontare delle azioni di partecipazione cooperativa. La redistribuzione dell’utile tra i soci è stabilita dallo statuto in conformità con la legge che regola le Società Cooperative.

Poetiche: Bambini a teatro

Interessanti sono taluni approcci che la compagnia adotta in vari ambiti; tra essi in particolar modo ritengo interessante la poetica sviluppatasi nei confronti dell’approccio al teatro dei bambini. Nella concezione della Baracca accompagnare i bambini a teatro non è solo da intendere in senso fisico, ma anche cognitivo, ascoltando e rispondendo alle domande che i piccoli fanno su quello che sta succedendo e, a livello emotivo, insegnando a sentire, riconoscere e vivere nel rispetto di sé e degli altri le emozioni che questa esperienza suscita. La prima preoccupazione è per i bambini, è che vivano un’esperienza piacevole e positiva, lo spettacolo rimane sullo sfondo. Per la Baracca il teatro è principalmente un luogo. Le situazioni infatti dove fare teatro sono molte e diversificate: dalla grande alla piccola sala, ma anche un parco, una piazza di paese, un cortile possono diventare uno spazio utile. Il teatro è allora più che altro un “modo”, una delle possibilità che l’arte ci offre per scambiarci e condividere storie ed esperienze. L’elemento caratterizzante è la presenza di attori, persone che “raccontano dal vivo” e che innescano azioni che possono essere raccolte dai bambini e che si spera lascino tracce dentro di loro per possibili rielaborazioni. In questa concezione vivere il teatro non è solo partecipare allo spettacolo, ma fare esperienza di uno spazio, di un tempo, di relazioni che comprendono, oltre alla rappresentazione vera e propria, rituali che ne amplificano il fascino e le sensazioni. Si tratta di cose semplici come soffermarsi all’entrata a guardare i cartelloni degli spettacoli successivi e precedenti o dell’intera stagione, respirare l’aria dell’atrio e dell’attesa, consegnare i biglietti alla maschera, cercare poltrone, e poi le luci, il sipario, il buio che introduce la prima scena. Il gioco teatrale prevede momenti nei quali il pubblico partecipa allo spettacolo in veste di spettatori ed altri in cui si fa qualcosa assieme: dalla semplice conversazione con gli attori, a veri e propri “assaggi” di teatro, fino al pieno coinvolgimento dei bambini nello spettacolo. Si tratta di ritmare tempi in cui si ascolta senza parlare e tempi in cui si parla sicuri di avere l’attenzione dell’altro. Per consentire questo è necessaria un’azione di controllo da parte dell’adulto sulle capacità dei bambini di stare al proprio posto. Si tratta cioè di una progressiva educazione all’autonomia dei bambini, seguendo in loro tempi e ritmi di crescita, per arrivare progressivamente la capacità di partecipare al gioco teatrale in modo sempre più consapevole. Si passa quindi dall’esperienza di tenere i bambini più piccoli (1-2 anni) seduti davanti a sé, a quella di tenerli seduti vicino a sé parlando loro sottovoce nell’orecchio quando è necessario e interpretando le loro emozioni (3-4 anni), per arrivare (5 anni e oltre) a lasciarli nelle prime file da soli o con gli amici seguendoli da dietro solo con lo sguardo, pronti ad ascoltare le osservazioni e rielaborare le emozioni che hanno provato in un momento successivo. Ovviamente l’allontanamento dai genitori sarà progressivo. Conoscendo i propri figli si può dunque valutare in modo appropriato se collocarsi nell’immediata fila dietro al bambino, oppure qualcuna ancora oltre, fino alla distanza in cui, pur essendo presenti, il bambino può percepirsi solo e quindi grande. Si è detto che uno dei rituali del teatro è il buio che introduce la prima scena. Il buio però può essere vissuto come situazione preoccupante, a volte angosciosa, soprattutto dai bambini più piccoli o con disabilità; nella maggior parte dei casi invece si tratta di una situazione eccitante e piacevole. Conoscendo i propri figli si può valutare se anticipare loro che “fra un po’ potrebbe esserci qualche momento buio”, rassicurandoli che mamma o papà saranno vicino a proteggerli oppure se lasciare il piacere della scoperta e della novità. Nella concezione della Baracca è il bambino ha decidere cosa prendere dal teatro; e qualunque cosa decide và bene. E’ opportuno rispettare l’identità, il carattere e lo stile relazionale di ogni bambino, accettando che l’esperienza del teatro faccia emergere chiusure e aperture che prima non si erano manifestate. Il resto sono problemi degli adulti, come quella frase poco felice che suonava grosso modo: “Ricky, dai, sei l’unico che non fa “uh” per scacciare il mostro!”. Chissà, forse Ricky stava contemplando il costume del mostro o era incantato dall’allestimento della scena che stava cambiando; e chi l’ha detto che questo valga meno di fare “uh” tutti insieme. E’ un modo anche questo per rispettare il teatro e la sua forza e per renderlo un’occasione importante di crescita per i bambini - soprattutto – ma anche per gli adulti. Proprio perché vengono utilizzati molti linguaggi, molti codici, il teatro offre ad ogni bambino la possibilità di scegliere quello che preferisce, favorendo la costruzione della sua identità e sviluppando non una creatività generica ma la sua creatività. Si è accennato all’inizio che è pratica diffusa de La Baracca, concludere lo spettacolo con un momento di condivisione fra attori e pubblico, che viene invitato ad avvicinarsi al palco o a entrare nello spazio scenico, dove possibile, per amplificare e rielaborare l’esperienza della rappresentazione: 1. Questa fase è parte integrante dell’esperienza del teatro, utile per avvicinare realtà e finzione, per mentalizzare l’esperienza del “far finta”; 2. per i bambini della fascia 3-6 anni, inoltre, significa anche vedere da vicino, incontrare gli attori, parlare con la fata, l’elfo, il mago che hanno visto da lontano, pronti a un incontro emotivamente carico, ma al tempo stesso forti di una conoscenza durata il tempo della rappresentazione, tempo sufficiente per i bambini di questa età per poter esser certi di conoscersi già molto bene; 3. gli oggetti, neutri e impersonali all’inizio, hanno acquisito col passare del tempo senso e significati profondi; poterci giocare è come poter strutturare e radicare nel proprio vissuto quegli oggetti e tramite loro, tutta l’esperienza del teatro; 4. come arrivare per tempo a teatro aiuta ad entrare nell’esperienza teatrale, così anche fermarsi oltre lo spettacolo crea uno spazio transizionale che accompagna ad uscirne. Non sono movimenti semplici per i bambini, vanno favoriti e accompagnati da questi tempi dove gradualmente ci si avvicina ad un momento forte come lo spettacolo e alla fine, altrettanto gradualmente se ne esce. Và detto inoltre che nella concezione pedagogica della Baracca è importante anche la rielaborazione dei bambini a casa dell’esperienza di essere stati a teatro: riparlandone, rileggendo il libro, se c’è, tramite il disegno, utilizzando il gioco simbolico per rivivere questo o quel momento, fino a trasformare poco o tanto la casa in un pezzo di teatro. E’ un bene che i bambini chiedano di giocare e rigiocare a quello che hanno visto. Vuol dire che tutto sta funzionando come si deve: il teatro non come esperienza da fruire, ma da rielaborare e da vivere. Il teatro offre ai bambini un’opportunità per crescere, per vivere un’esperienza che li coinvolge nella loro completezza e unicità di persone, a livello fisico, cognitivo, emotivo e relazionale, ma offre anche agli adulti la possibilità di riappropriarsi di codici usati e poi dimenticati, ma che sono ancora lì e che aspettano solo di essere riportati alla luce.

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