Organizzazione militare spartana
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Sparta, o Lacedemone, fu una delle poleis (πόλεις) più rilevanti e potenti della Grecia antica. Questa influenza da essa esercitata può esser certamente fatta derivare dalla sua forza militare, dovuta al duro addestramento cui i suoi cittadini erano sottoposti fin dalla prima infanzia (con l’ingresso a sette anni nell’agoghè (αγωγή), caratteristica peculiare per cui è ancora famosa. Sottratti alle cure dei familiari, essi cominciavano una vita in comune coi futuri commilitoni, fatta di marce forzate e duri esercizi, fino alla caratteristica prova che si svolgeva durante le feste sacre di Afrodite, nel corso della quale si svolgeva un cruento rituale di flagellazione tramite cui l’adolescente diveniva un ομοιος (uguale, cittadino di pieni diritti) a tutti gli effetti. Il raggiungimento di tale condizione non comportava l’esonero dal continuo addestramento, che aveva termine solo con al raggiungimento dei 60 anni (cioè di solito con la morte, visto che era molto raro raggiungere una simile età), ma donava il diritto di prendere posto nella mensa comune in cui ogni cittadino spartano doveva consumare un pasto giornaliero, dall’inizio del servizio militare attivo al congedo, cioè dai 18 ai 60 anni, il συσσίτιον (sissizia); in ognuna di queste mense prendevano posto 15 uomini più il loro ufficiale.
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[modifica] Inquadramento militare: la fanteria
E’ proprio dalla fusione dei componenti di due di queste particolari strutture che prendeva forma il nucleo fondamentale dell’esercito spartano, l’enomotia (ενωμοτια). Questa cellula basilare era composta dunque da 32 uomini, inclusi due ufficiali, il più anziano dei quali prendeva il comando, assumendo la carica di enomotarco (ενωμοτάρχος). Dunque, raggruppati nell’enomotia si schieravano fianco a fianco uomini che avevano sviluppato profondi legami di amicizia, dovuti ad una convivenza quotidiana. Tale fattore poteva rivelarsi elemento di vantaggio sviluppando la coesione della falange, ma poteva anche far inceppare il perfetto meccanismo su cui si basava la formidabile macchina bellica spartana: la sostituzione immediata dei caduti della prima linea. L’esecuzione quasi automatica di questo processo era l’orgoglio dell’esercito lacedemone, e sarebbe stato reso più difficoltoso se i combattenti avessero avuto tendenze a soccorrere un compagno piuttosto che un altro. Perciò si evitava di riunire consanguinei nell’enomotia, e si intervallano i componenti di una sissizia con quelli dell’altra accoppiatale. Tale metodo si rivelò molto efficace e fu mantenuto per diversi secoli. Quattro ενωμοτιαι formavano una pentecontia (πεντηκοντία,letteralmente gruppo di 50 uomini, forse denominato così per analogia con unità di eserciti di altre città-stato, ne contava in realtà 128) comandata da un pentecontarco (πεντηκόνταρχος), e 4 πεντηκοντίαι davano origine ad un locos (λόχος)per un totale di 512 uomini. Fino al IV secolo il locos era l’unità più grande nell’organizzazione militare spartana, ed era guidata da un locagos (λοχαγός). Un tipico esercito lacedemone scendeva in campo con 7 locoi, come ci informa Tucidide nella descrizione della battaglia di Mantinea. Successivamente comparvero invece le more (μόραι), gruppi formati da ben 4 locoi (i cui effettivi erano stati però ridotti di numero), guidati da un polemarco, comandante supremo dell’esercito sul campo. Questa ulteriore suddivisione fu forse dovuta alla necessità di impedire una eccessiva aggregazione di scudieri iloti, che avrebbe potuto portare ad una rivolta.
[modifica] Altri reparti
Esistevano poi locoi speciali, come quello degli sciriti, truppe scelte per incursioni montane, o quello degli ippeis (ιππείς, cioè cavalieri, ma anche se il nome può far pensare a truppe montate, erano in realtà fanti), guardia personale dei re di Sparta, nel numero di 300 (facevano parte di questo corpo i famosi 300 della Battaglia delle Termopili). La cavalleria, di cui esisteva una mora speciale, era usata quasi esclusivamente a fini di ricognizione ed inseguimento, e non ebbe mai rilievo nella tradizione militare lacedemone. Gradimento persino peggiore ebbero le truppe con armi da lancio, considerate disonorevoli; quando fu necessario disporre di questo tipo di soldati, utili per scompaginare le falangi nemiche ancora in formazione o per sostenere tentativi di sfondamento con azioni di disturbo, si ricorse sempre all’arruolamento di mercenari. Particolarmente famosi erano i peltasti mercenari dell'Arcadia, gli arcieri cretesi e i frombolieri rodensi.
[modifica] La fortuna del modello spartano
L’efficacia di questo tipo di ordinamento militare e l’esperienza di truppe e comandanti, fruttò alla città l’egemonia su tutta l’Ellade in seguito al riuscito assedio di Atene nella fase finale della guerra del Peloponneso. Già prima di questa straordinaria affermazione, l'organizzazione militare spartana era stata assunta come modello dalla maggioranza delle altre poleis greche. Il severo addestramento peculiare delle città fece poi si che i soldati peloponnesiaci fossero sempre i più richiesti e ben pagati come mercenari (gran parte dei famosi 10000 dell’Anabasi di Senofonte erano infatti originari di tale regione, e i comandanti Clearco e Chirisofo erano entrambi spartani).
[modifica] Fonti
- "L'arte della guerra nel mondo greco" di Peter Levi, Riccardo Giglielmino, Mario Attilio Levi, Giovanni Giorgini. DeAgostini editore.
- Tucidide
- Senofonte
[modifica] Voci correlate
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la tattica oplitica spartana su Warfare - storia, arte militare e cultura strategica