Paglia
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La paglia (dal latino palêa) è lo stelo del grano, o di altri cereali, quando è secco.
Può essere considerato come un sottoprodotto dell'agricoltura, perché è ciò che rimane dei cereali con la trebbiatura, dopo che i grani o semi nutrienti sono stati rimossi.
Con l’industrializzazione, la paglia viene compressa e imballata da appositi macchinari in forma rettangolare (lunghezza che varia da 90 a 120 cm) o circolare (con diametro variabile dai 120 ai 200 cm), con densità di compressione di circa 90 kg/mc.
E’ formata da cellulosa, lignine e silice, grazie alla quale marcisce lentamente, ma è comunque necessario tenerla al riparo della pioggia, possibilmente in luogo fresco e aerato.
La paglia ammonta a circa la metà della resa in un raccolto di orzo, avena, riso, segale o frumento.
[modifica] Gli utilizzi
L'uso della paglia risale a tempi antichi, dalla costruzione di corde all'imbottitura dei materassi (pagliacci) come alternativa alla lana.
In agricoltura viene ancora utilizzata come lettiera sul pavimento nelle stalle, come elemento integrativo del foraggio e per il compostaggio del terreno.
Alcune industrie la utilizzano per ricavarne la carta di cellulosa, mentre, dopo un procedimento a base di zolfo, la paglia schiarita viene intrecciata ed utilizzata per la fabbricazione di cappelli.
Nell'arredamento è utilizzata soprattutto per l'imbottitura delle sedie (impagliate).
Anticamente utilizzata per la fabbricazione di mattoni di paglia, cadde in disuso all’inizio del XIV secolo probabilmente per la paura di incendi e la diffusione dei laterizi.
Essendo un materiale di facile reperibilità e a basso costo, si sta di nuovo accarezzando l’idea di utilizzarla nell’edilizia sottostando a specifici criteri di costruzione, come quelli adottati e sperimentati dall’inglese Barbara Jones.
Altrettanto rapidamente sta crescendo l'interesse sull’uso della paglia come fonte di energia alternativa: il biocarburante.
Essendo considerata come biomassa (sostanza organica che deriva in modo diretto o indiretto dalla fotosintesi clorofilliana) è infatti rinnovabile facilmente senza creare danni all’ozono.