Pensiero di Hegel
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Georg Wilhelm Friedrich Hegel è stato uno dei massimi filosofi di tutti i tempi. Compiuti gli studi classici a Stoccarda, si iscrisse all'Università di Tubinga, dove strinse amicizia con il filosofo Friedrich Schelling. Terminati gli studi di filosofia, Hegel lavorò precettore privato. Nel 1801 si trasferì a Jena, dove terminò uno dei suoi capolavori, la bellissima e ardua Fenomenologia dello spirito (1807). Nel 1817 pubblicò un'esposizione completa e sistematica della sua filosofia, l'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Nel 1818 gli venne offerta la cattedra di filosofia che era stata di Johann Fichte all'Università di Berlino, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1831 a causa di una epidemia di colera.
[modifica] I capisaldi del sistema hegeliano
Per comprendere al meglio il pensiero di Hegel, è necessario chiarire innanzitutto le tesi del suo idealismo che sono:
[modifica] La risoluzione del finito nell'infinito
Nella filosofia di Fichte, la missione dell'Io è il raggiungimento dell'Infinito tramite il superamento di ostacoli sempre nuovi ed infiniti. In questo modo, la meta finale, l'infinito, non verrà mai raggiunta, ma si potrà ottenere solo una tensione sempre maggiore. L'infinito, pertanto, è soltanto una meta immaginaria, come potrebbe esserlo l'ipotetica fine di una semiretta. Hegel rovescia questa posizione, affermando che, al contrario, è il finito a non esistere. Le realtà, che noi chiamiamo finite, in realtà altro non sono che manifestazioni di un solo organismo unitario, cioè l'Assoluto, dunque Hegel può affermare, su queste basi, che il finito non esiste, ma esiste soltanto in quanto parte dell'infinito.
Hegel afferma «Il finito perisce», ed è finito nello spazio e nel tempo ( e quindi mortale). «L'infinito per essere infinito deve essere anche finito»: "finis" in latino significa sia "confine", "limite". L'infinito per definizione non ha limiti; se non fosse anche ciò che è finito, avrebbe la limitazione di non comprendere la finitezza. In un parola, la logica hegeliana conclude col panteismo. Ma quest'Assoluto oltre a essere gli enti, è anche qualcosa di più, che li trascende ed è ineffabile, coincidenza irrazionale dei contrari, identità dell'identico e del diverso.
Una definizione corretta del pensiero hegeliano è monismo panteistico, nel senso che la realtà altro non è che la manifestazione di un'entità infinita (come può essere Dio). Hegel, però si distacca dallo spinozismo, in quanto, mentre la Sostanza spinoziana è statica, l'Assoluto hegeliano è in perenne divenire in base all'altro pilastro della filosofia di Hegel: la dialettica. Più che di sostanza, con Hegel è infatti meglio parlare di Soggetto, per indicare che l'Assoluto non è immutabile, bensì intraprende un processo evolutivo che culmina con l'uomo e le sue arti.
[modifica] Plotino ed Hegel: la dialettica movimento di pensiero ed essere
L'Assoluto di Hegel è l'Uno di Plotino. Hegel stesso noterà che come il sistema di Plotino conclude la filosofia greca, quello di Hegel conclude la filosofia moderna, affermando le stesse cose, ma con un maggiore dettaglio, ad un livello massimo di consapevolezza.
L'Assoluto hegeliano è una realtà che include e trascende gli enti finiti, è il nodo dell'albero delle essenze platoniche, il punto di partenza della dialettica del pensiero e dell'essere. Pensando all'Assoluto si finisce inevitabilmente(per necessità filosofica) per parlare di essere e non-essere. Analogamente, nell'essere dalla posizione dell'Assoluto nasce l'antitesi fra essere e non-essere. Il successivo passo di sintesi trova un punto di arrivo nel divenire.
Quindi, il primo passaggio della filosofia è il movimento Assoluto--->essere/non-essere--->divenire. Segue: divenire---->nascita/morte-->ente. In Hegel certezza e verità tornano a coincidere,così come pensiero ed essere. Le tesi, antitesi e sintesi si trovano sia nel pensiero di chiunque parli dell'Assoluto, sia in particolare nella prima manifestazione di questi concetti nella storia del pensiero filosofico, che nell'essere. Finché si parla di entità percepibili con la nostra mente soltanto, è chiaro che una dialettica del pensiero corrisponde anche una dialettica dell'essere, perché l'unico essere di cui si può parlare è la nostra mente, il pensiero stesso.
Meno ovvio è quando si parla di enti sensibili, in cui l'antitesi e la sintesi non sono solo chiare alla mente e al pensiero, ma devo anche esserlo all'essere percepito dai sensi.
[modifica] Identità fra ragione e realtà
Ciò che è reale, è razionale; ciò che è razionale, è reale. Con questa massima si è soliti riassumere questa parte del pensiero di Hegel. La ragione, a differenza di quanto affermava Kant, non è semplicemente uno strumento della mente umana, bensì un principio metafisico, che diviene e si sviluppa nel mondo.La razionalità dunque non è pura astrazione,è presente nel mondo come insieme delle leggi che lo regolano(infatti il mondo non è una realtà caotica, un susseguirsi disordinato di eventi, bensì è dominato da un'ordine razionale). A sua volta la realtà ha una sua struttura razionale("inconsapevole o alienata" nella Natura e "consapevole" nell'uomo).Se un'azione avviene, ci dev'essere un'altra azione che l'ha causata, dunque esiste un'affinità, o meglio una identità fra essere e dover essere, dunque un evento che non è necessario non si realizza.
[modifica] Funzione giustificatrice della filosofia
Una volta appurato che la realtà è ragione, e che tutto ciò che avviene è razionale, si tratta di stabilire qual è il compito della filosofia. Hegel lo riscontra nel semplice prendere atto della realtà quale è, e non deve prefiggersi di trasformare la realtà, come dirà Marx. La filosofia, essendo la più alta e compiuta manifestazione dell'Assoluto, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Ecco dunque che la filosofia altro non deve se non giustificare perché la realtà è strutturata in questo modo, e dimostrarne la razionalità, elaborandone i concetti. La filosofia secondo Hegel è la "nottola di Minerva" che scende sul mondo sul far del crepuscolo e da senso a ciò che è stato.
[modifica] Le partizioni della filosofia: Idea, Natura, Spirito
Il farsi dinamico dell'Assoluto passa attravero tre fasi fondamentali:
- idea in sé e per sé, che può essere identificata con il Dio prima della creazione dell'entità finita (il mondo), o, per meglio dire, quando il mondo è solo un programma ed è presente soltanto l'ossatura razionale del finito.
- idea fuori di sé, cioè la Natura;
- idea che ritorna in sé, cioè lo Spirito, ovvero l'idea che ritorna al suo stadio iniziale dopo il passaggio attraverso la Natura.
Queste tre fasi non s'hanno da intendere in senso cronologico, bensì solo in senso ideale: infatti lo Spirito è coeterno sia all'Idea, sia al suo opposto, la Natura.
A queste tre partizioni, corrispondono tre diverse branche della filosofia hegeliana:
- La logica, suddivisa a sua volta in dottrina dell'essere, dottrina dell'essenza e dottrina del concetto;
- La filosofia della natura, ripartita in meccanica, fisica e organica;
- La filosofia dello spirito, che studia lo spirito soggettivo, oggettivo e assoluto.
[modifica] La dialettica
Si è detto che per Hegel l'Assoluto è anche divenire. La legge che sussiste a questa trasformazione è la dialettica, intesa sia come legge di sviluppo che di comprensione della realtà. Hegel non ha mai trattato sinteticamente questa parte importantissima del suo pensiero, ma è possibile scioglierla ed esporla globalmente.
La dialettica hegeliana si sviluppa in tre punti: Tesi, Antitesi e Sintesi.
Il primo momento, la tesi, è il momento in cui il pensiero concepisce una serie di determinazioni separate tra di loro.
Questo momento è seguito dall'antitesi, ove le determinazioni vengono associate tra di loro e relazionate ai loro opposti. Questo momento è giustificabile in base al fatto che, una volta posto un concetto, è automaticamente posto anche il contrario (non si conosce il concetto di fame, se non si conosce anche il concetto di sazietà, non si conosce il bene senza conoscere il male e così via).
Infine si passa alla sintesi, ovvero il momento in cui tesi e antitesi si conciliano,cioè dove il pensiero si rende conto che tali determinazioni sono aspetti di un'unica realtà che li comprende tutti.
La sintesi, a sua volta, diventerà un nuovo concetto, cui si opporrà una nuova antitesi, con cui si unirà a formare una nuova sintesi, e così via, sino a raggiungere lo stadio finale dell'evoluzione. Il processo presuppone un continuo arricchimento del concetto iniziale attraverso la coincidentia oppositorum, un arricchimento che culmina con la comprensione della totalità in un unico concetto, ovvero l'Assoluto. percorrendo la dialettica nel verso opposto, l'Assoluto può pure essere il punto di partenza di ogni ragionamento.
[modifica] Auf-heben e identità dell'identico e del diverso
La sintesi realizza «l'identità dell'identico e del diverso». Il punto di partenza della dialettica non ha un preciso nome filosofico; la tesi è identico a questo, mentre l'antitesi è il diverso. Il diverso sorto nell'antitesi, nella sintesi resta come tolto (auf-heben). Il concetto di "auf-heben" è fondamentale nella filosofia hegeliana. La sintesi è il momento del positivo: già Baruch Spinoza affermava che «omnis adfirmatio est negatio negationis» ("Ogni affermazione è la negazione di una negazione", ovvero due negazioni affermano).
Hegel afferma che ogni cosa, se non è già in relazione con il suo contrario, <<cade nel suo contrario>>. Nel pensiero ogni ente se non è pensato dialetticamente, ossia pensando anche al suo contrario, porta inevitabilmente a pensarvi. Hegel dedica circa 40 pagine nell'introduzione della Fenomenologia per spiegare il concetto, dapprima con le lettere.
Pensiamo A = B. La lettera B si usa per indicare il diverso di A (non necessariamente il contrario, qualcosa che è altro-da-A). Dunque, vale anche che B!=A, che può essere scritto come B= (=!A). Se A = B e B = (!A) allora, per la proprietà transitiva: A=(!=A), che si legge "A è uguale al diverso di A". In questo modo, l'identità tra A e B implica anche la loro diversità, e l'ultima eguaglianza esprime l'identità dell'identico e del diverso.
Il passaggio si capisce notando che quando penso che una cosa è diversa da A, e la chiamo B, stiamo scrivendo B=(!=A), che "B è uguale al diverso di A". Questo passaggio di antitesi è contemporaneo a quello più scontato di tesi B = A. Hegel spiega poi che, dopo un certo punto della dialettica, quest'"equazione" vale soltanto se B è il contrario di A (non semplicemente diverso) e spiega come identificare due contrari rispetto a due enti semplicemente diversi. Ciò rende ragione degli enormi paradossi (uguaglianza tra tutti i numeri) che ciò genererebbe in matematica.
La matematica nell'essere e nel pensiero, come diceva già Platone, si pone come un sapere ad un livello inferiore della filosofia, oltre il punto della dialettica per il quale l'identità dell'identico e del diverso non vale più per tutti gli enti.
[modifica] La critica delle filosofie precedenti
[modifica] La critica agli illuministi
Appare immediata la contrapposizione sussistente fra Hegel e gli Illuministi: mentre il primo, come si è visto, crede nell'identità fra ragione e realtà, i secondi assumono la ragione come mero giudice della realtà. E mentre per Hegel la ragione è una costante della Storia, per gli illuministi la ragione è presente solo in determinate epoche storiche, e contrappongono le età illuminate alle epoche buie. Infatti, mentre gli Illuministi affermano che la Ragione debba soffermarsi su come la realtà dovrebbe essere, nella filosofia hegeliana la Ragione è sempre presente, e la Storia, avendo un impianto processuale, è necessariamente come dovrebbe essere.
[modifica] La critica a Kant
Hegel, come già pre-romantici e romantici, critica Kant per il suo dualismo, ovvero per la contrapposizione fra fenomeno e noumeno, attraverso la quale Kant non raggiunge mai l'infinito. In secondo luogo, Hegel critica l'intento di Kant di volere realizzare una filosofia del finito, vale a dire la sua missione di riscontrare soltanto l'esistenza delle colonne d'Ercole della conoscenza umana, dunque della Ragione. Ma se Kant si propone di criticare la Ragione ancor prima di conoscerla, egli non farà altro che tentare di imparare a nuotare, prima ancora di buttarsi in acqua. Con effetti, secondo Hegel, non troppo convincenti.
[modifica] La critica ai Romantici
Il rapporto fra Hegel e i romantici è abbastanza complesso. Purvivendo nel medesimo periodo storico, è d'uopo ricordare che Hegel non è un romantico, bensì un'idealista. Nei Romantici è il sentimento a primeggiare su qualunque altra facoltà umana, a differenza di Hegel, in cui è la Ragione il principio primo del pensiero e della realtà. In secondo luogo, Hegel attacca quei Romantici che narcisisticamente si chiudono in sé stessi, perdendo ogni contatto con il mondo. Tuttavia, al di là di queste contraddizioni, è inevitabile riscontrare in Hegel la partecipazione a questo particolare momento storico, riscontrabile specialmente nell'anelare all'infinito. Si potrebbe pertanto dire che Hegel, più che essere separato dai Romantici, è piuttosto un momento a sé particolare di quel periodo.
[modifica] La critica a Fichte
Si è detto che la filosofia di Fichte è paragonabile a una semiretta, di cui si conosce il punto di inizio, ma di cui non è possibile intravedere la fine. Hegel accusa Fichte in due punti: Fichte, pur tentando, non risolve affatto il dualismo, poiché assume l'oggetto come semplice ostacolo, comunque separato dall'Io. Inoltre in Fichte l'Infinito è visto semplicemente come un ideale da raggiungere, una meta che però non si realizza mai. Pertanto Fichte non risolve appieno il dualismo kantiano, poiché non riesce ancora a intravedere la coincidenza fra finito e infinito che è la reale sostanza dell'Idealismo. Hegel definisce l'Assoluto fichtiano come "un colpo di pistola".
[modifica] La critica a Schelling
La filosofia di Schelling, invece, viene vista come un punto che non tende da nessuna parte, un'unità statica, immutabile e indifferenziata. Per Hegel, è impossibile che da una siffatta unità sia possibile spiegare la molteplicità delle cose. Questo concetto dell'Assoluto è paragonabile ad una notte in cui tutte le vacche sono nere.
[modifica] La Fenomenologia dello Spirito
Hegel sviluppa il tema della risoluzione del finito nell'infinito nella Fenomenologia dello Spirito (laddove fenomenologia significa Scienza di ciò che appare). La fenomenologia è la storia romanzata che esce dalla sua individualità per farsi universalità: in pratica è come se esistessero due piani separati, il primo dello Spirito Assoluto, il secondo della Coscienza individuale. Ma la Coscienza individuale ripercorre tutte le tappe dello Spirito Assoluto, e dopo molti travagli, viene ad identificarsi con esso. Da ciò prende l'avvio una delle più famose figure della Fenomenologia dello Spirito, vale a dire quella della Coscienza infelice cioè quella coscienza che non sa di essere tutta la realtà, e che pertanto viene dilaniata da opposizioni interne che riesce a superare solo comprendendo di essere il tutto. La prima parte della Fenomenologia si divide in tre parti (secondo quella struttura triadica tipica del pensiero hegeliano).
[modifica] La coscienza
Il punto di partenza della coscienza è la certezza sensibile (o sensazione). La coscienza, pertanto, è volta alla conoscenza diretta degli oggetti. Visto che al momento non si possiedono nemmeno i concetti per indicare ciò che ci circonda, è possibile solo indicarlo con un "questo" generico. [certezza sensibile <=> questo]
Tutte le filosofie che si basavano sulle sensazioni (empirismo in primis) pensavano di possedere la conoscenza più ricca. In realtà non è così perché il "questo" di cui abbiamo parlato è generale, universale (infatti indichiamo tutto in tal modo) quindi non possiamo parlarne al singolare, piuttosto di "questi".
A questo punto non si tratta più di una singola sensazione ma di un insieme che chiamiamo "percezione" e quindi di una "cosa" vista come insieme di qualità. [percezione <=> cosa]
La percezione può cogliere solo le proprietà dell'oggetto,ma esse devono inerire a qualcosa altrimenti non avrebbero senso (ovvero il cosiddetto sostrato di Locke). Visto che non siamo in grado di conoscere questo sostrato sul quale ineriscono le qualità dobbiamo pensare che l'unità non stia nell'Oggetto ossia la Cosa, ma nel Soggetto che unisce le sensazioni (ragionamento già incontrato nella filosofia di Hume).
L'Io che unifica le sensazioni è l'Intelletto che analizza non solo semplici Cose ma Fenomeni. [intelletto <=> fenomeni]
A questo punto la coscienza ha interiorizzato l'oggetto in sé stessa ed è diventata coscienza di sé, ovvero autocoscienza.
[modifica] L'Autocoscienza
In questa fase, che costituisce l'antitesi della coscienza, l'attenzione si focalizza dall'oggetto al soggetto, abbandonando l'ambito meramente gnoseologico, per intraprendere la strada in molti e svariati campi.
[modifica] Signoria e servitù
L'autocoscienza, per Hegel, è tale solo se esistono altre autocoscienze che la riconoscono in quanto tale. In questo senso l'autocoscienza è pratica e sociale, poiché vede gli individui principalmente in rapporto con gli altri.
Il riconoscimento delle altre autocoscienze non avviene, come si potrebbe pensare e come in effetti Hegel aveva inizialmente sostenuto, attraverso l'amore, bensì attraverso la lotta, la sfida. Il conflitto spinge alcuni individui a sfidare la morte per potersi affermare, mentre altri hanno paura e finiscono per subordinarsi ai primi. Si instaura così un rapporto di signoria e servitù. Tuttavia questo rapporto non è duraturo: il padrone ha raggiunto il suo scopo, e non ha più bisogno di affermarsi. Lo schiavo, invece, riesce lentamente ad autoaffermarsi attraverso il proprio lavoro. Infatti il padrone non riesce più a fare a meno del servo, che costruisce gli oggetti di cui ha bisogno. Dunque la subordinazione si rovescia. Il ribaltamento dialettico trova una sintesi nella quale anche il padrone è servo e anche il servo è padrone: il padrone diviene servo del servo, e il servo diviene padrone del padrone. Da notare che non vengono persi i ruoli originari, ma se ne aggiunge ad entrambi uno nuovo, l'opposto. Il passato di servo e padrone non viene cancellato, ma resta come tolto ("Aufheben"). È falso parlare di rovesciamento dei ruoli, dire che il servo diviene padrone e viceversa. È ancora il padrone a dare agli ordini, ma oltre ad essere padrone è anche servo poiché dipende dal lavoro di quest'ultimo, che finisce per affermarsi anch'egli in una posizione di potere, possiamo dire di fatto. La dialettica servo-padrone è un buon esempio dei tre momenti di tesi, antitesi e sintesi.
Inoltre, il lavoro è formativo, perché il servo, nella sua produzione, viene a rispecchiare la propria essenza, mentre il padrone si limita ad utilizzarli. Il servo imprime nelle cose una forma che dura nel tempo. E poi, poiché le cose non sono di sua proprietà, il servo riesce a dominare i propri desideri: dunque attraverso il lavoro, l'autocoscienza acquisisce anche la dignità.
I tre momenti della dialettica servo-padrone sono "paura della morte, servizio, indipendenza". Il raggiungimento dell'indipendenza coincide nello stoicismo, ossia quella visione del mondo che esalta l'autosufficienza del saggio. Tuttavia, si tratta di un'autosufficienza astratta, giacché la realtà esterna viene ancora considerata, ed è pertanto influenzante anche sulla vita dello stoico. Chi invece riesce ad ignorare totalmente la realtà è lo scettico. Tuttavia lo scetticismo si autocontraddice, poiché da un lato dichiara che tutto è vano e non-vero, mentre dall'altro vorrebbe dire qualcosa di reale e vero. Questa autocontraddizione si esplicita nella figura della coscienza infelice.
[modifica] La coscienza infelice
La scissione diventa esplicita in quella spaccatura che l'uomo avverte fra se stesso e Dio. Questa scissione appare evidente nell'ebraismo, dove il Dio è visto come un essere totalmente trascendente, padrone della vita e della morte, ovvero un rapporto di signoria-servitù fra Dio e l'uomo. In un secondo momento, cioè con il cristianesimo medioevale, il Dio viene a toccare l'uomo, incarnandosi. Tuttavia, nulla viene risolto: Cristo, da un lato, sottolineando la propria resurrezione, ritorna ad allontanarsi dall'uomo, pur dopo la propria incarnazione. Dall'altro lato, la lontananza con Cristo viene avvertita anche in senso temporale, vale a dire che Cristo è vissuto secoli prima di molte altre persone,che dunque non hanno potuto godere del miracolo dell'incarnazione di Dio. Pertanto, anche in questo secondo momento, la scissione è tutt'altro che risolta, e la coscienza, sentendosi ancora separata dall'Assoluto, permane nell'infelicità.
La presa di coscienza della propria forza, dopo aver toccato il punto più basso con la mortificazione di sé a favore della divinità, avviene nel Rinascimento, quando l'uomo prende coscienza della propria forza ed inizia il cammino per raggiungere l'Assoluto.
La coscienza è infelice perché non è ancora autocoscienza, non è consapevole dell'identità fra la parte che dice "io" e pensa, ed il mondo che ha davanti. Questa consapevolezza è l'autocoscienza perché il mondo che la coscienza crede altro-da-sè è in realtà il Sé, è un'unica realtà con l'io che lo pensa, come già mostrava Kant.
[modifica] Ragione
L'autocoscienza è dunque diventata ragione, ed è diventata la realtà. Durante il Rinascimento, infatti, l'attenzione dell'uomo si sposta alla comprensione della realtà circostante, alla natura. Ma poiché l'uomo è esso stesso natura, questa osservazione si risolve in un'indagine introspettiva di sé, in cui dapprima ci si rivolge alla natura, poi all'autocoscienza, e quindi all'intera individualità.
[modifica] La Logica
Dal punto di vista storico Hegel ha spiegato l'origine delle categorie nella Fenomenologia dello Spirito, adesso egli affronta lo stesso cammino dal punto di vista "concettuale",infatti partendo dai concetti più poveri arriva fino al concetto per eccellenza ossia l'idea.
Logica dell'essere
Il pensiero comincia analizzando l'essere più vuoto che esista cioè l'Essere Immediato e Indeterminato.Pensare questa determinazione però equivale a pensare il Nulla in quanto non si indica niente nè di determinato nè di particolare.A sua volta però il Nulla non è un nulla assoluto perché deriva dall'Essere che è comunque qualcosa.
Questo continuo passaggio dall'Essere al Nulla porta al concetto Divenire infatti non possiamo pensare i primi due elementi separatamente perché l'uno rimanda sempre all'altro.[prima categoria: Divenire come incessante attività del pensiero]
Se esiste il Divenire deve esserci qualcosa che diviene ossia l'Essere Determinato(o Qualcosa).Questo Qualcosa,per essere tale,deve avere determinate Qualità:
-esso ha determinate qualità che lo rendono "unico" [passaggio dalla categoria Qualità a Quantità]
-ma esso è quello che è perché ha un tot di caratteristiche [passaggio dalla Quantità alla Qualità]
Questo continuo passaggio tra queste due categorie crea la Misura
Logica dell'essenza
Le categorie dell'Essere( ossia quantità,qualità,misura) lo analizzano solo nell'aspetto superficiale ma non possiamo pensarlo solo da questo punto di vista,anche in profondità.Ciò che dà senso alle caratteristiche superficiali è l'Essenza:
essa fino a Cartesio rappresentava l'intellegibilità delle cose;in seguito venne analizzato il rapporto tra ciò che appare dell'essenza(fenomeno) e l'essenza stessa che culmina con la filosofia di Kant; infine il rapporto tra apparenza ed essere viene teorizzato dall'idealismo secondo cui la realtà in sé e ciò che si pensa di essa coincidono quindi: FENOMENO+ESSENZA = REALTA' IN ATTO ossia CONCETTO
Logica del concetto
per Kant esso è soggettivo infatti è la forma delle cose; per il Realismo è oggettivo perché esiste nella realtà; nell'Idealismo esso è l'insieme di Soggetto e Oggetto => IDEA cioè il concetto più alto
[modifica] La filosofia della natura
Hegel non condivide l'ammirazione della natura tipica dei Romantici, perché egli la vede solo come un momento incompleto, di passaggio. La natura è l'idea fuori di sé, e pertanto la sua caratteristica è l'esteriorità. Ma se la natura è esteriorità, la natura non possiede alcuna libertà, ed è pertanto il momento più lontano dalla razionalità. La natura è il regno di necessità e accidentalità, e pur essendo regolata da leggi, non si può elevare ad un momento superiore, proprio perché la natura non è consapevole di quelle leggi e i fenomeni si susseguono sempre uguali. er questo, secondo Hegel, qualsisasi azione dell'uomo, anche la più perversa, è superiore alla natura, proprio perché l'uomo, nel bene come nel male, è consapevole delle proprie azioni.
La filosofia della natura viene divisa da Hegel in meccanica, fisica e fisica organica.
[modifica] La filosofia dello spirito
Nel sistema hegeliano, è lo spirito a produrre le più alte manifestazioni della realtà, dalle istituzioni alla filosofia. Come ogni altro momento della filosofia hegeliana, lo spirito si dialettizza in tre momenti: spirito soggettivo, spiritio oggettivo, spirito assoluto.
[modifica] Spirito soggettivo
È il momento di transizione in cui lo Spirito emerge dalla Natura
La Filosofia dello spirito Soggettivo si divide in: antropologia, fenomenologia, psicologia. L'antropologia si occupa dello studio dell'anima, la quale non è altro che quel legame tra spirito e natura inteso come "carattere". La fenomenologia studia lo spirito come "coscienza", "autocoscienza", e "ragione". La psicologia studia lo spirito nelle sue manifestazioni ossia: Conoscere teoretico, attività pratica e volere libero. Il conoscere teoretico è quel processo tramite cui la ragione trova se stessa dentro di sè. L'attività pratica è quell'unità di manifestazioni tramite cui lo spirito giunge in possesso di se stesso dall'esterno. Il volere libero non è altro che la sintesi dei primi due momenti in quanto lo spirito, dopo aver trovato se stesso sia interiormente che esteriormente, si rende conto di essere libero.
[modifica] Spirito oggettivo
Se lo spirito soggettivo è lo spirito individuale, la sua antitesi non può essere che lo spirito collettivo, vale a dire lo spirito oggettivo. esso si manifesta nelle istituzioni storiche in cui l'uomo vive e di cui sono le ragion d'essere. Anche lo spirito oggettivo si dialettizza in tre momenti.
[modifica] Diritto
Il diritto è l'insieme delle norme che regolano la vita esteriore di ogni individuo. Le persone vengono considerate come privati cittadini, le cui volontà vengono sì limitate dalla legge, ma anche garantite. La libertà si realizza attraverso la proprietà, cioè con il possesso di qualcosa. Pertanto la proprietà diventa la garanzia materiale della realtà. Ma perché sia possibile la proprietà è necessaria una condizione fondamentale, vale a dire il riconoscimento e il rispetto fra gli uomini, cosa che avviene attraverso il contratto. L'antitesi del diritto è il delitto, laddove la libertà viene minacciata e limitata da un'altra entità, mentre la sintesi di questi due momenti è la pena. Grazie alla pena viene ristabilita l'universalità della liberta, che con il delitto era stata pregiudicata. In questo senso la pena non deve essere vista come una vendetta, bensì come un diritto (Hegel arriva perfino a legittimare la pena di morte, in aperto contrasto con Cesare Beccaria). Tuttavia la pena, se non viene interiorizzata dal condannato, non è più formativa in modo efficace. Perché avvenga l'interiorizzazione della pena è necessario interessarsi di un'altra sfera dialettica, quella della moralità.
[modifica] Moralità
La moralità è la sfera della volontà soggettiva; Questa sfera si propone di realizzare il bene, ma non è detto che esso si realizzi effettivamente. Questa sfera è infatti dilaniata dalla contraddizione fra essere e dover essere, in quanto sussiste una spaccatura fra soggettività, che deve realizzare il bene, e il bene che deve essere effettivamente realizzato. Per superare questa contraddizione è necessario passare in un nuovo momento, che è quello della eticità.
[modifica] Eticità
L'eticità è quella sfera in cui il bene non è più intenzionale, bensì realizzato. E questa realizzazione avviene nelle istituzioni storiche in cui siamo chiamati a vivere, le quali sono:
- famiglia;
- società civile;
- stato.
L'eticità si presenta come sintesi di diritto e moralità: infatti se il diritto è esteriorità e la moralità è interiorità, l'eticità riassume in sé entrambi questi valori, in quanto il soggetto non segue più dei valori interiori, bensì dei valori interiorizzati. L'eticità, dunque, concilia il diritto e la moralità, supera la spaccatura tra l'interiorità propria della morale e l'esteriorità del diritto, in quanto il bene non è più un ideale, un dover essere, ma trova un contenuto concreto nei compiti etici che attendono ciascun individuo e che sono determinati dal proprio ruolo familiare, sociale e politico. D'altra parte il singolo non avverte il dovere (la legge) come un qualcosa di estraneo, un obbligo imposto dall'esterno, bensì come partecipazione intima e consapevole di quella condizione in cui ciascuno è posto.
[modifica] Famiglia
La famiglia è caratterizzata da legami non solo biologici, ma anche da sentimenti di fiducia, cioè da un'unità spirituale. Si articola anch'essa in tre momenti:
- matrimonio: la costituzione della famiglia, momento fondato sul consenso libero delle persone);
- patrimonio: i beni materiali appartenenti alla famiglia, che devono asscurare alla stessa stabilità e ai figli nutrimento ed educazione);
- educazione dei figli: il momento più importante della famiglia, secondo Hegel, poiché con questa educazione i figli rinascono una seconda volta. Con l'educazione i figli si alienano dalla famiglia, per diventare individui a sé stanti. Hegel, quindi, critica quelle società, in particolare quella romana, dove i figli erano visti come oggetti posseduti dal pater familias.
[modifica] Società civile
Con l'educazione e l'allontanamento progressivo, le famiglie originarie si sciolgono. I figli abbandonano la famiglia per andare a formarne delle nuove. Queste nuove famiglie non sono più legate da un legame spirituale, e per questo motivo giungono ad un momento in cui sussiste una perenne conflittualità. La società civile è il sistema dei bisogni e la cura degli interessi, come Hegel la definisce. La funzione è dunque simile a quella della famiglia, ma questa volta l'intervento avviene a livello giuridico, in cui bisogni e interessi vengono difesi dagli apparati statali, quali la polizia, la giustizia e le corporazioni. Nella società civile l'uomo diviene un uomo, poiché può soddisfare i propri bisogni, attraverso il lavoro, e vede i propri diritti e diveri riconosciuti attraverso la legge.
Uno dei compiti fondamentali della società civile è l'educazione dei giovani. Essa deve distaccarla dall'educazione familiare, nell'intento di creare una famiglia universale di tutti gli individui. Un altro compito è dato dal controllo degli egoismi privati, in cui la società deve intervenire su coloro che concentrano nelle mani troppa ricchezza a scapito degli altri. Al fine di tutelare tutti gli individui, la società deve promuovere la formazione di organizzazioni sindacali e di corporazioni professionali.
Hegel suddivide la società civile in tre classi:
- agricoltori, coloro, cioè, che dispongono del patrimonio naturale che viene loro fornito dalla terra in cui lavorano;
- lavoratori dell'industria e del commercio, cioè chi elabora il prodotto naturale per trasformarlo, vivendo quindi soltanto del proprio lavoro;
- funzionari pubblici, che curano gli apparati statali e sono pertanto di fondamentale importanza ed esentati da ogni altro tipo di lavoro.
Da ciò scaturisce la necessità di un diritto pubblico, vale a dire un diritto valido per tutti e noto a tutti, diritto che deve essere fatto rispettare dalla giustizia e dalla polizia. In questo senso, grande importanza hanno le corporazioni, le quali sono abilitate alla costituzione di una propria polizia, sul modello delle corporazioni medioevali, al fine di proteggere i propri iscritti. Per questo motivo la corporazione si risolve come una seconda famiglia, che si prende cura dei propri iscritti in base al loro lavoro.
[modifica] Stato
Lo Stato rappresenta la sintesi di famiglia e società civile, ed il momento più alto dell'eticità. Hegel la intende come una famiglia in grande, in cui i legami fra le persone sono affini a quelli affettivi, familiari. È un tipo di stato, denominato Stato etico, che è affine ai regimi totalitari che stavano per piombare nella storia, e soprattutto sono evidenti i legami con il fascismo, che in questo senso avrà come teorico più alto Giovanni Gentile.
Hegel definisce lo Stato la realtà dell'idea etica, in quanto in esso si realizza l'intera eticità. Lo stato viene visto da Hegel come la prima manifestazione dell'assoluto. Lo stato nasce non da un contratto stipulato fra gli individui, bensì fondato sull'idea di Bene universale. Pertanto, non sono gli individui a formare lo Stato, bensì è lo Stato a formare gli individui. È infatti impossibile, per Hegel, pensare uno stato di modello liberale, che altrimenti finirebbe per perdere ogni sua funzione nel semplice compito di tutelare gli interessi delle parti, ma anche di stampo democratico, in quanto la sovranità non può appartenere al popolo, perché il popolo senza lo Stato altro non è che una massa informe. D'altra parte lo Stato è un'idea che non può esistere senza una materia reale, che è il popolo. Lo Stato è tutt'uno con il popolo. Per questo Hegel rigetta sia il contrattualismo, che il giusnaturalismo, in quanto in Hegel è inaccettabile che esista un diritto prima e oltre lo Stato. Tuttavia, lo Stato hegeliano non è da vedersi come dispotico, in quanto esiste pur sempre un sistema di leggi che chiunque deve rispettare, secondo una tradizione che parte da Thomas Hobbes e finisce a Rousseau. È lo Stato con le sue leggi a governare, e non il popolo.
Per Hegel <<Lo Stato è un Dio reale>> che realizza l'identità fra demo-crazia e teo-crazia, fra governo-di-dio e governo-del-popolo che è considerato una teofania, una manifestazione dell'Assoluto. Lo Stato si costituisce autonomamente e nel modo migliore sviluppando una triadica divisione dei poteri: il potere legislativo, suddiviso in due Camere, l'una conservatrice, l'altra progressista, il potere esecutivo, che comprende giustizia e polizia, e il potere sovrano, che si identifica con il re, che è contemporaneamente individualità (in quanto il re è unico) e universalità (in quanto il re rappresenta l'intero Stato e quindi l'intero popolo). Il re, tuttavia, non ha un potere assoluto e per quanto possa operare liberamente dovrà sempre attenersi alla situazione legislativa vigente, che viene approvata ed emanata dagli altri due poteri.
Essendo lo Stato la più alta manifestazione dell'eticità, ed essendo lo Stato formato da un solo popolo, per Hegel appare impossibile e inaccettabile che possa esistere qualcosa che sia superiore allo stato, nemmeno un organismo di coordinamento sovranazionale. Pertanto il diritto internazionale non viene affatto contemplato da Hegel, che vede solo nei trattati fra gli Stati il solo momento di comunicazione fra di loro. Trattati che gli stati possono, nella loro piena sovranità, sottoscrivere ed infrangere. Conseguenza di ciò, è che la guerra viene vista come un atto necessario per stabilire i rapporti di forza, e stabilire le misure dei diritti dell'uno sull'altro. Pertanto, la guerra, essendo sempre espressione di razionalità di una manifestazione dell'Assoluto, aveva una sua giustificazione etica.
[modifica] La filosofia della storia
La storia, prima di Hegel, veniva sempre vista come un susseguirsi caotico di eventi, suddivisibili in primis in epoche dominate dalla ragione ed in epoche oscure: tale era la concezione propria dell'illuminismo, che aveva giudicato, per esempio, l'età di Pericle un'era illuminata e il Medioevo un'epoca buia, senza però considerare mai i rapporti che potevano sussistere fra due evi, anche se distanti fra loro. Hegel, invece, rigetta l'idea della casualità a favore della causalità. Se l'Assoluto è ragione, allora essa dominerà anche la Storia: ma dire che la storia è razionale, significa che essa non è un succedersi casuale di eventi, bensì è basata su un rapporto di causa-effetto, in base al quale la distinzione fra essere e dover essere svanisce. La storia, in pratica è già come dovrebbe essere, e non potrebbe essere altrimenti.
La storia è un succedersi di popoli, divisi in coloro che dominano il mondo e coloro che vengono dominati, allo stesso modo che fra gli individui, suddivisi in dominatori e dominati (in base al rapporto schiavo-padrone di cui sopra). E come gli individui, anche i popoli nascono, crescono e muoiono, per lasciare spazio a nuovi individui e nuovi popoli che continueranno a perseguire quell'obiettivo che è l'autocoscienza dello Spirito.
Il fine della storia è la libertà dello spirito, che per Hegel si manifesta nello Stato. I mezzi per conseguire questo fine sono gli individui e le loro passioni: queste passione spingono ogni individuo ad imprimere al mondo, alla realtà e alla storia, questa o quella direzione, in modo sempre necessario e in progressione. I grandi uomini della storia sono la più alta manifestazione di questa idea: con una sorta di astuzia, la Ragione spinge i grandi eroi della storia (come Giulio Cesare o Napoleone) a seguire e realizzare le proprie passioni e ambizioni. Ma se prima o poi essi sono destinati a perire o a soccombere, non è così per la Storia universale, che invece continua il suo progresso grazie alla caduta di questi grandi uomini. Dunque, per Hegel, gli uomini non agiscono, ma sono agiti da una più grande forza.
I tre momenti in cui si realizza la storia universale sono tre:
- storia orientale: in cui a essere libero è uno solo, il re, mentre gli altri dipendono dal suo arbitrio;
- storia greco-romana: in cui sono alcuni ad essere liberi;
- storia cristiano-germanica: in cui, attraverso la Riforma protestante e la rivoluzione francese, tutti gli uomini diventano liberi. Hegel vede infatti nello Stato prussiano, e nella sua abolizione dei privilegi nobiliari, la migliore manifestazione dello Stato. Infatti solo l'uguaglianza fra tutti i cittadini fa si che il singolo individuo possa sentirsi parte del tutto.
[modifica] Spirito assoluto
Lo spirito assoluto rappresenta il momento in cui l'idea giunge alla coscienza di sé stessa, della propria infinità e assolutezza, ovvero del fatto che tutto è Spirito, e che il finito non esiste. Anche lo spirito assoluto si dialettizza in tre momenti, che se non sono diversi in quanto a contenuto (ovvero tutti e tre i momenti sono manifestazioni dell'Assoluto a sé stesso), lo sono in base alla forma, ovvero alla strada scelta per raggiungere l'autocoscienza.
[modifica] Arte
Con l'arte si ha il primo gradino su cui lo Spirito si manifesta a sé stesso. È il gradino più basso, perche l'autocoscienza si realizza in modo intuitivo, attraverso le forme dell'arte (la musica, le parole, le figure...). Hegel suddivide l'arte in tre momenti:
- simbolica: ovvero quando contenuto e forma convivono in modo squilibrato, vale a dire, il messaggio spirituale non viene espresso in forme adeguate alla sua altezza, ovverosia attraverso il simbolo;
- classica: contenuto e forma sono in stretto equilibrio, che raggiunge il suo apice nella rappresentazione della figura umana, vista come la più armonica.
- romantica: in cui si rompe nuovamente l'equilibrio tra contenuto e forma, in quanto nessuna forma può più esprimere la compiutezza dell'Assoluto, che cerca altre strade per esprimersi al meglio.
[modifica] Religione
La religione è il secondo momento dello spirito assoluto, momento in cui è la Divinità ad essere al centro. La religione si basa sulla fede, ovvero sulla coscienza immediata dell'Assoluto, basata sul sentimento. La religione, cioè, è in grado di affermare l'esistenza di Dio, senza però avere strade per giustificare questa affermazione.
Hegel nota nella storia dell'umanità quattro tipi di religione:
- religione naturale, come l'induismo, dominate da stregoneria e feticismo, in cui Dio è potenza assoluta dei fenomeni;
- religione di libertà, come quella persiana, in cui Dio è uno spirito libero, ma ancora troppo legato alla natura;
- religione dell'indivdualità assoluta, come il giudaismo, in cui Dio è in sembianze spirituali o antropomorfe;
- religione assoluta, come il cristianesimo, visto come la più alta manifestazione religiosa dell'assoluto, in quanto in Cristo, l'uomo-Dio, si rivela l'identità del tutto, e nella Trinità si rivela la triplice partizione di Idea, Natura, Spirito.
Anche il cristianesimo, come tutte le religioni, presenta però dei limiti, poiché si basano tutte sulla rappresentazione e non sulla comprensione del concetto, come invece accade con l'ultimo stadio dello spirito assoluto, ovvero, la filosofia.
[modifica] Filosofia
La Filosofia è l'ultimo momento dello spirito assoluto. Anche essa è frutto di un processo storico che vede ogni filosofia negare la precedente. Questo processo che va dalla filosofia greca a quelle di Fichte e Schelling si conclude con l'idealismo: la filosofia giunge finalmente a compimento con Hegel. Le filosofie precedenti non devono quindi essere viste negativamente ma piuttosto come un insieme di tappe necessarie che man mano negano quelle precedenti e vengono negate da quelle successive in un processo che termina con l'ultima filosofia: quella di Hegel.La filosofia giunge sempre troppo tardi perché arriva quando la realtà si è già compiuta("E' come la nottola di Minerva che si alza in volo sul far della sera") Così come nella Religione, anche nella Filosofia è presente lo stesso contenuto, il rapporto tra finito ed infinito. Nella Religione questo rapporto è già dettato, e deve essere solo appreso per fede, mentre nella Filosofia la comprensione di questo rapporto è data tramite ragionamenti procedurali, fino a un diventare assoluto. La Filosofia, infine, riesce ad esprimere il Pensiero in modo adeguato, essendo puro concetto, così come il Pensiero stesso.
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