Alvaro Monnini
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Alvaro Monnini (Firenze il 26 agosto 1922) esponente della generazione di artisti astratti italiani formatasi nell'immediato secondo dopoguerra. Fonda nel'47 a Firenze, insieme a Vinicio Berti, Bruno Brunetti, Gualtiero Nativi e poi Mario Nuti, il gruppo "Arte d'oggi" movimento astrattista concretista (vedi MAC). Nel 1950 Ermanno Migliorini redige il Manifesto dell'Astrattismo Classico, sottoscritto dai cinque artisti cui seguirà lo scioglimento del gruppo. Temi poetici sono la scelta rigorosa di forme pure e geometriche, frutto di un intenso lavoro preliminare teso a definire opere di grande equilibrio euritmico e insieme di forte tensione spaziale. L'intento dichiarato è quello di restituire la forma pura per “costruire un'arte nuova e razionale”. Nel 1963 trasferitosi a Milano, si avvicina all'espressionismo astratto e dipinge tele vicine per certi versi alle ricerche di Fautrier ma anche all'esperienza dell'arte gestuale: in una prima generazione di opere squarcia lo spazio in larghe spatolate vorticose che descrivono la genesi cosmica ma sono affini all'esperienza interiore, inconscia ed emotiva; successivamente, nella seconda metà del decennio, organizza la tela in masse dai contorni irregolari e dalla superficie complessa, entità organiche poste in relazione tra loro e intessute di elementi reminescenziali che richiamano forme di vita elementare, graffiti rupestri, memorie archetipe. Dai primi anni settanta arriva a distillare un linguaggio vero e proprio delle forme archetipe; nei quadri si compongono spazi più ambigui e complessi, ordinando i percorsi dello sguardo dell'osservatore. Il quadro diventa uno spazio in cui anche un osservatore inesperto trova analogie strutturali e mezzi di paragone con il proprio retroterra emotivo. Di questo periodo la mostra "I Demoni" (1970) alla Galleria Schubert di Milano (commentata da Silvio Ceccato). Dal ‘75 vi è un ritorno alle ricerche geometriche e percettive, nella convinzione che l'oggettività sia un fatto illusorio. Queste ricerche sfociano nel '79 con la mostra "Spazi”, al Castello Sforzesco di Milano (con Kirby e Otero) e la presentazione dell'effetto TVS (Trasformazione Visuale Solidi), nonché con il brevetto di un nuovo metodo di prospettiva per punti di proiezione spaziale, in epoca pre-informatica, applicabile al design, materia di cui l'artista si è sempre occupato (metodo di prospettiva "Monnini"). In questi anni insegna teoria della forma, teoria del colore e geometria descrittiva all'Istituto Superiore di Architettura e Design di Milano. Parallelamente alla pittura realizza in questi anni alcuni progetti di design e di architettura (tamponamenti lignei decorativi per pareti e pavimenti, una serie di porte che paiono aperte da chiuse, un allestimento su disegno per la sala riunioni alla Snam Progetti di Assago, Milano). Su richiesta della Galleria degli Uffizi di Firenze che raccoglie una collezione di autoritratti degli artisti italiani più rappresentativi nel 1982, dipinge e dona il proprio autoritratto “psico-plastico”. Nel 1986, a solo un anno dalla scomparsa, attratto nuovamente dalla necessità di comunicare su un piano lirico-emotivo, produce una serie di opere che fatalmente assumono l'aspetto di un testamento riassuntivo di una vita di ricerche: l'euritmia geometrica, l'introspezione emotiva, la percezione ottica. Lo spazio risulta organizzato in piani che invitano a trasmigrare oltre la superficie della tela in uno spazio buio (il vero paesaggio, quello che immaginerà l'osservatore). Il trattamento cromatico e spaziale delle superfici è costruito per creare un'attrazione empatica utilizzando una scala cromatica mutuata dagli studi che lo stesso artista aveva approfondito sull'opera e l'iconografia di Giotto da Bondone e dei codici medioevali. Vi è l'idea strutturalista e Gestaltica che, almeno all'interno del nostro contesto culturale, siamo guidati da codici riconoscibili e pertanto guidabili nella nostra esperienza artistica. Alvaro Monnini muore il 2 giugno 1987 a Milano.