Arcole (vino)
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L'Arcole è un vino DOC rosso e bianco delle province di Verona e Vicenza. La denominazione comprende vini rossi di grande carattere, quali il Merlot ed i Cabernets, anche riserva, e rossi di buona personalità come il Rosso Arcole. Bianchi di grande complessità vengono proposti con nome di vitigno, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Chardonnay, Garganega e il Bianco Arcole.
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[modifica] Caratteristiche organoletiche
- Colore giallo chiaro, paglierino, con intensità variabile e riflessi tendenti al verdino.
- Profumo delicato, con una notevole fragranza di fiori e leggeri sentori di pane appena sfornato.
- Elegante di corpo, vellutato, con gusto pieno e a volte con una fresca nota acida.
[modifica] Disciplinare
Dalla vendemmia del 2000, nasce la nuova Doc Arcole. Con il riconoscimento della denominazione di origine “Arcole” pubblicata il 13/09/2000, per questa vasta zona ad alta tradizione viticola del veronese e del vicentino.
[modifica] Cenni storici
Sono state soprattutto due le vie di comunicazione che hanno reso l'area appetibile ai romani: l'Adige (fluviale) e la Porcilana (stradale) che s'innestava sulla Postumia, la via imperiale costruita nel 148 a.C. che congiungeva Genova ad Aquileia passando per Verona, Vicenza e Treviso. Entrambe concorrevano a sviluppare la produzione del vino in tutto il veronese. La vite era coltivata in piccoli possessi e spesso in simbiosi con altre colture. Si preferiva la zona collinare, ma non veniva disdegnato il terreno di pianura, dove i tralci potevano essere sostenuti dai rami di altre piante. La presenza dei monaci (in particolare benedettini) e del clero è stata determinante per dissodare e risanare quelle terre dove un tempo scorrevano liberamente i rami dell'Adige. E’ ormai certo che, nel periodo dell'impero romano, l'Adige avesse preso un corso sufficientemente stabile, con arginature in prossimità delle città. L'area di influenza dell'Abbazia di Villanova si andava consolidando lentamente: I monaci coltivavano le viti e ne raccoglievano il frutto. Le Pievi nascevano e si sviluppavano proprio sotto la spinta benedettina. Negli Statuti di Sabbion è costante il riferimento alle viti. È risaputo che, tra il 1222-1244, furono promulgate almeno 8 carte statutarie, di cui molti articoli si riferivano ai vigneti e al vino. Questa documentazione dimostra l'importanza della produzione di vino nell'Est veronese e specialmente nella media pianura. Se pensiamo al monastero benedettino di Villanova e a quello che si trovava presso Lepia di Lavagno, con un ricco patrimonio vitivinicolo, appare in tutta chiarezza la copiosità di tale prodotto in epoca basso medievale. Nel 1562 il monastero di Villanova passava nelle mani degli Olivetani. Spesso, nei documenti, vengono descritti terreni "cum vineis sclaveis", cioè con viti potate, oppure "cum vineis majoribus", cioè lasciate crescere liberamente su sostegni arborei. Le viti erano tenute in grande considerazione sia dalla Repubblica di Venezia che dai Rettori delle città, come attestano le "Regule" di Cologna, risalenti al 1432 e poi confluite nello Statuto del 1593. Nella storia del dominio veneziano, il Colognese ha potuto godere della presenza attiva di una sessantina di famiglie nobili, che con il sistema delle seriole seppero sfruttare l'abbondanza d'acqua che i fiumi fornivano per dissodare terreni abbandonati e trasformarli in terreni arativi, vitati e seminativi, costruendo in tutto il territorio ville, palazzi e fattorie, che costituiscono il vero volto architettonico di una agricoltura che aveva nelle “corti” i suoi centri pulsanti. Il Colognese fu, per la Repubblica Veneziana, una terra prediletta: quel Dogado, strettamente legato alla città lagunare, forniva in abbondanza vino, granaglie e canapa, di cui i veneziani non potevano fare a meno. Di qui si spiega come nel 1870 si istituì a Cologna un'Accademia di Agricoltura. E’ il Settecento il grande secolo delle Accademie, ma molte di queste, compresa quella di Cologna, furono spazzate via dalla ventata rivoluzionaria di Napoleone. Tuttavia quella di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona sopravisse e costituì certamente una forza trainante per il rinnovamento dell'agricoltura e, in particolare, per la piantagione e la coltura della vite anche in questo territorio.
[modifica] Zona di produzione
La zona di produzione interessa, in provincia di Verona, l'intero territorio dei comuni di Arcole, Cologna Veneta, Albaredo d'Adige, Zimella, Veronella, Zevio, Belfiore d'Adige e parzialmente quello dei comuni di Caldiero, San Bonifacio, Soave, Colognola ai Colli, Monteforte d'Alpone, Lavagno, Pressana, Roveredo di Guà e San Martino Buon Albergo. In provincia di Vicenza i comuni di Lonigo, Sarego, Alonte, Orgiano e Sossano per l'intera superficie comunale.
Il territorio si presenta uniformemente pianeggiante nella parte sud occidentale, secondo i caratteri tipici di una pianura alluvionale, mentre la zona collinare inizia con il rilievo Motta a San Bonifacio e ad oriente con una parte dei Monti Berici. I terreni di pianura, vocati a vigna, sono quelli di natura prevalentemente “sabbioso-argilloso”. Infatti la pianura risulta morfologicamente movimentata dalla presenza di dossi, terrazzi e di scarpate con non più di una decina di metri di dislivello; i terreni sono profondi, talora dotati anche in maniera rilevante di sabbia. La zona collinare è costituita da terreni di natura molto varia, dal tipo rosso fortemente argilloso a quello bianco calcareo, e sono presenti anche quelli molto ricchi di scheletro. Un'intensa fluvialità caratterizza quest’ area che abbraccia la DOC d'Arcole. Fin dall'antichità le acque hanno condizionato non solo la superficie, ma anche la stratificazione del terreno, sedimentando in continuazione depositi alluvionali che si sono variamente distribuiti. Ne sono risultati tratti di pianura e collinari che hanno alimentato incessantemente la coltura della vite lungo lo scorrere dei secoli. In epoca moderna, la Repubblica Veneta ha tentato di vincere l'impari lotta con le frequenti alluvioni della zona. Sono cominciate le grandi opere idrauliche (arginature, chiaviche, ponti-canali, ecc.) che hanno solo in parte eliminato gli annosi problemi delle inondazioni dovuti sia all'Adige che ai fiumi minori. La costruzione degli argini e la bonifica hanno portato, in epoca più recente, ad un riordino complessivo dell'assetto idraulico dell'intero territorio. La morfologia del suolo di produzione del vino Arcole Doc può essere attribuita, sostanzialmente ai fenomeni di erosione e di sedimentazione, legati principalmente al fiume Adige e, secondariamente, ai corsi d'acqua locali: Illasi, Alpone, Agno, Guà, Frassine e Fratta. Questi terreni sono composti prevalentemente da depositi sabbiosi e secondariamente ghiaiosi; localmente, i depositi sabbiosi contengono percentuali variabili di limo. Le aree ove affiorano dossi limoso-sabbiosi, che si sviluppano in varie direzioni, corrispondono alle antiche divagazioni del fiume stesso. Mentre i depositi limosi di origine lessinea presentano una colorazione marron-rossastra, i depositi limosi di origine atesina invece assumono una colorazione marron chiaro-nocciola. Nell'area vicentina della zona di produzione del vino Arcole Doc, il Frassine avrebbe deposto, sopra i terreni formati nell'epoca quaternaria dal ghiacciaio Adige-Sarca, uno strato di terreno alluvionale colore rosso-scuro, derivante dal dilavamento di dolomie marnose, basalti, porfidi, calcari gessosi, ecc. In effetti tali terreni si notano un po’ ovunque nella pianura a sud-ovest dei Monti Berici. La zona collinare occidentale dei Monti Berici, tra i comuni di Sarego, Lonigo, Orgiano e Sossano, è costituita da terreni provenienti da rocce calcaree dell'Eloecene Superiore e dell'Oligocene, le quali, a seconda del diverso grado di decomposizione subita, hanno dato luogo a terre di natura molto varia: dal tipo rosso, fortemente argilloso e decalcificato, a quelle del tipo prevalentemente biancastro, friabile, sassoso, calcareo, arido. L'area dell'Arcole Doc presenta un clima relativamente omogeneo di tipo continentale, con estati molto calde e afose e inverni rigidi e nebbiosi. Le temperature massime si collocano fra la seconda decade di luglio e la prima di agosto e le minime fra la prima e la terza decade di gennaio. L'escursione termica annua è abbastanza elevata, mentre la piovosità risulta contenuta anche se ben distribuita durante l'anno.
[modifica] Abbinamenti consigliati
Gli abbinamenti ideali sono con i prodotti tipici della zona Arcole DOC tra l'Adige, l'Alpone e il Guà, quali il radicchio, la polenta, le patate, la carne di qualità e soprattutto l'asparago.
[modifica] La strada del vino dell'Arcole DOC
Percorrendo la strada Porcilana, nel suo primo tratto, è ancora possibile incontrare indicazioni toponomastiche che la indicano come Napoleonica. Proprio all'inizio di questa strada è il monastero di San Giuliano di Lepia, autentico gioiello medievale quasi sconosciuto. Più avanti Gombion, località nella quale nei giorni della battaglia di Arcole (15-17 novembre 1796) non mancarono scaramucce e scontri causati dagli opposti eserciti.
Proseguendo, si raggiunge la Pieve della Strà (ora Santuario) che custodisce una splendida Madonna dello Zebellana (che nel novembre del 1796 fu nascosta per evitarne il furto o il danneggiamento) e, più avanti, la Chiesa dei SS. Vito e Modesto (un tempo Pieve della locale comunità cristiana). Si giunge poi a Bova: anche in questo sito si svolsero alcuni episodi della battaglia napoleonica. Di là dell'Adige, oltrepassato il recente ponte fluviale ad Albaro, incontriamo corte Polfranceschi: in questo ampio palazzo, sul finire del Settecento, i proprietari, noti giacobini, furono arrestati e deportati come prigionieri nella fortezza austriaca di Petervaradino. Accostandoci al corso dell'Adige incontriamo Scardevara (Pieve romanica con absidi) e Ronco (antica chiesa recentemente restaurata con campanile). In questi luoghi le truppe francesi sostarono, a più riprese, nei giorni della battaglia, e vi trovò sede il quartier generale napoleonico (attuale sede municipale di Ronco ed ex canonica). Sempre a Ronco, nel luogo occupato dall'antico porto fluviale, i francesi, nella notte tra il 14 e 15 novembre 1796, costruirono un ponte con imbarcazioni requisite nella zona. Oltrepassatolo, a quei soldati ancora in odore di rivoluzione, si apriva la distesa ampia e acquitrinosa della Zerpa: spazio questo, incontaminato e inselvatichito, al punto che l'evento bellico ne indicherà definitivamente il destino. Le località che maggiormente si incontrano, nelle cronache degli eventi, sono quelle di San Salvatore, Bionde e Cantalovo. Tutto l'esteso acquitrino però, in quell'umido autunno, sarà terreno di scontro militare. Sopra ogni altro spazio della memoria, sta il ponte sull'Alpone nei pressi di Arcole, che conserverà per sempre la eco più autorevole della battaglia. Proprio qui Napoleone stesso volle erigere il famoso obelisco visitato ancora oggi, ogni anno, da turisti in cerca di testimonianze del passato. Oltre il ponte, merita una visita il centro di Arcole, con i palazzi che furono protagonisti della battaglia, e il recente Museo Napoleonico "Gustavo Antonelli", custode di una memoria imperitura. Nella villa Lavagnoli a San Gregorio di Veronella Napoleone avrebbe trascorso la notte della vittoria della famosa battaglia svoltasi in riva all'Alpone. Lungo il percorso che porta a San Bonifacio, si trova l'antica chiesa dell'Alzana con accanto il Museo della Civiltà contadina. Nel più grande centro dell'Est Veronese incontriamo la località Motta (chiesa di Sant'Abbondio e resti dell'antico castello). Qui, gli austriaci appostarono le artiglierie il 17 novembre 1796 in un ultimo disperato tentativo di capovolgere le sorti della battaglia. Gli storici ci hanno tramandato un detto "… se il ponte d'Arcole, il 15 novembre 1796, è entrato nella storia, Napoleone è diventato leggenda".