Articolo 270bis (codice penale)
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I reati Associativi in Italia: Nel caso di eversione oltre all'art.270, concepito senza successive modifiche nel 1930 durante la dittatura fascista, alla fine degli anni "70 fu aggiunto l'articolo 270 bis del codice penale, poi modificato e sostituito dall'articolo 1 della legge 15 dicembre 2001 n.438 Art. 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico). dal 2001, sono state aumentate le pene, mentre dal gennaio 2003 i condannati per tali reati sono stati esclusi dalla possibilità di misure alternative alla detenzione, previste dalla legge Simeone per quasi tutti i reati. l'art.270 bis: Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione e un organismo internazionale. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. in realtà, la Suprema Corte di Cassazione a più riprese è intervenuta per interpretare l'aplicazione di questo articolo di legge, mutuato da una legge concepita ben prima della nascita della Repubblica Italiana e della sua Carta Costituzionale, e per limitare i casi di applicazione dei reati associativi e di pericolo presunto. In particolare: In merito ai reati associativi di natura eversiva......è principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale la semplice idea eversiva non accompagnata da propositi concreti ed attuali di violenza non realizza il reato, ricevendo tutela proprio dall’assetto costituzionale dello Stato che essa, contraddittoriamente, mira a travolgere (cfr. ex plurimis, Cass. I n. 3486 del 20.6.2000, ud. 11.5.00, pres. Macrì, imp.PGc/Paiano ed altri; conf. Cass. I, n. 8952 del 10.8.1987, ud. 7.4.1987, Imp. Angelini). La giurisprudenza della Suprema Corte, sia pure facendo riferimento al diverso fenomeno delle associazioni mafiose, ha più volte chiarito che si definisce intraneus a un contesto associativo colui che risultando inserito stabilmente ed organicamente nella struttura organizzativa della associazione i contestazione, non solo “è” ma “fa parte” della stessa: locuzione da intendersi in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all’effettivo ruolo in cui si è immessi ed ai compiti che si è vincolati a svolgere perché l’associazione raggiunga i suoi scopi. Di talché sul piano della dimensione probatoria della partecipazione rilevano tutti gli indicatori fattuali dai quali si ricavi la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Deve trattarsi dunque di indizi gravi e precisi dai quali sia lecito dedurre, senza alcun automatismo probatorio, la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo (cfr. cass. SS.UU. n. 33748 del 12.7.2005, dep. 20.9.2005, Pres. Marvulli, imp. Mannino). e ancora, in merito alla contestazione di un concorso esterno in associazione esso è ammesso soltanto se configura un “concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia una effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione e/o del rafforzamento delle capacità operative della organizzazione (cit.). In una nuova sentenza del settembre 2006 la Suprema Corte di Cassazione assolveva tre magrebini accusati per art.270bis e condannati in primo e secondo grado a lunghe pene detentive e detenuti in regime speciale. Per la Suprema Corte alle discussioni e ai contatti tra gli imputati, documentate da intercettazioni ambientali, attorno ai temi del terrorismo fondamentalista, e nella proclamata disponibilità addirittura a compiere in prima persona attentati per la jhad, non corrispondevano progetti attuali e concreti di violenza, programmi operativi, ma piuttosto una per quanto brutale e censurabile condotta ideologica che in sé, per la suprema Corte, non costituisce reato trovando tutela proprio nell'ordinamento costituzionale e democratico che l'idea eversiva mirerebbe a travolgere. Queste argomentazioni, che fanno legge, sono di norma completamente ignorate sia a livello inquirente che giudicante in favore di altri schemi preconcetti. Sullo stesso piano esse sono cancellate da ogni ambito di informazione mediatica in italia: pare che la legge corrisponda soltanto alle richieste dell'accusa. Per questi reati in Italia sono stati perseguiti ed incarcerati centinaia di cittadini stranieri e, solo tra il 2003 e il 2006, svariate decine di cittadini italiani.