Carmelo Cammarata
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Carmelo Cammarata (Bivona, 17 aprile 1924 - 27 marzo 1999) è stato uno scultore italiano noto prevalentemente a livello regionale.
Di umili origini, ha svolto il mestiere di contadino, con grande dedizione per la famiglia e una innata e forte passione per l’arte.
Fin da giovane, nel poco tempo libero (in un momento storico della vita italiana dove si lavorava dal sorgere al tramontare del sole, per guadagnare quel tanto che bastava per sfamare la famiglia), si dilettava a dipingere e talvolta anche ad affrescare pareti di umili abitazioni prese in affitto. Inizia così ad acquisire una particolare passione per la scultura, prima in gesso e poi su marmi o alabastri o legni.
Giovanissimo fu chiamato alle armi per via della guerra; scampato fortunosamente alle ultime razzie tedesche, con l’arrivo degli alleati americani, riesce a fare ritorno a casa fra mille difficoltà, a piedi da Roma a Bivona.
Scultore autodidatta, raggiunge la piena maturità artistica sul finire degli anni 60, quando viene chiamato da alcuni intellettuali a partecipare al recupero di un’opera d’arte del Serpotta, in serio pericolo in una vecchia chiesa diroccata.
In quel periodo nasce a Bivona un Centro Culturale denominato “Il Pegaso”, fondato da Cesare Sermenghi e alla cui iniziativa partecipa pure il Cammarata. “Il Pegaso” diventa cenacolo di iniziative culturali; vede nascere mostre di pittura e di sculture, recital di poesie e manifestazioni culturali di varia natura con la partecipazione di letterati quale Leonardo Sciascia, maestri di pittura e scultura quali Renato Guttuso e Ugo Attardi, cantautori e attori teatrali quali Rosa Balistreri e Dario Fo, per citarne alcuni.
Carmelo Cammarata, scolpiva arenaria nel suo laboratorio artistico che egli stesso aveva costruito nelle vicinanze della propria abitazione, una casupola di pochi metri quadri. Scolpiva anche sull’alabastro, sull’onice, sull’agata, sul legno.
La “bottega” era perennemente punto di incontro tra artisti dell’Hinterland bivonese e gli ospiti.
Capitava spesso, anche nelle giornate di festa, che mentre seduto nella “bottega” intento a commentare un’opera finita, per rilevarne pregi, difetti e tematiche, lo scultore si alzava di scatto e, anche se con scarpe pulite e lucide, si faceva accompagnare in zone di campagna, in contrade impervie, alla ricerca di pietre e marmi da servire per le prossime opere da realizzare.
Ha partecipato a numerose mostre (personali e collettive) ricevendo numerosi riconoscimenti. Nell'enciclopedia "La storia della sicilia" è citato come rappresentante del "naive" siciliano
Ha prodotto numerose sculture in alabastro, arenaria e legno; molte sculture dell'ultima produzione fanno ancora parte della collezione di famiglia.
È deceduto, dopo lunga malattia, il 27 marzo del 1999.
