Codice (bibliografia)
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Il termine Codice deriva dal termine latino caudex poi contratto in codex, che in epoca romana indicava le tavolette in legno ricoperte di cera usate per scrivere. In periodi successivi il termine andava ad indicare l'unione di un insieme di queste tavolette fino ad indicare un insieme di fogli rilegati insieme che andavano a contrapporsi con il volumen, ovvero ai fogli che venivano avvolti a rotolo. In alcuni casi i codici hanno, oltre ad una importanza storica derivata dall'epoca in cui sono stati stesi, anche una notevole importanza artistica; ne esistono infatti alcuni miniati con scritte in oro risalenti ad età bizantina, carolingia, romanica e gotica. Mentre nell'antica Roma i codici erano redatti da schiavi colti, durante l'epoca medievale con l'istituzione di vere e proprie scuole di scrittura i codici furono scritti prevalentemente da monaci; famose sono le sale chiamate scriptoria all'interno di conventi ed abbazie in cui venivano copiati e decorati. L'impiego dei codici cominciò la sua diffusione dal I secolo d.C. e si protrae fino all'invenzione della stampa.
I codici a secondo delle loro caratteristiche hanno assunto nomi diversi :
- Opistografici: quelli in cui il verso dei fogli, lasciato in bianco, fu utilizzato per scrivere un testo diverso da quello del retro.
- Autografi: quelli che contengono opere scritte di pugno dell'autore
- Anonimi o Adespoti: senza l'indicazione del nome dell'autore
- Anepigrafici: quelli che mancano del titolo
- Palinsesti: un primo testo scritto viene lavato oppure raschiato via ed a questo viene sovrapposto un nuovo scritto
- Rescritti: stesse caratteristiche dei palinsesti
- Acefali: quelli a cui mancano i primi fogli.
- Mutili: quelli a cui mancano fogli interni.
- Apogrifi: quelli che derivano direttamente da un autografo o da un manoscritto originario
- Archetipi: i più antichi, da cui derivano i codici successivi
