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Etichetta di identificazione - Wikipedia

Etichetta di identificazione

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Una etichetta autoadesiva con codice a barre
Una etichetta autoadesiva con codice a barre

Una etichetta di identificazione, o più semplicemente etichetta, è un qualunque foglio di carta o plastica in genere adesivizzata applicati a imballaggi o a un qualunque oggetto per permetterne l'identificazione, indicarne informazioni di qualunque genere o promuovere l'immagine di prodotti.
Oggi i materiali più utilizzati per le etichette di identificazione sono la carta ed i film plastici, stampati da un lato e adesivizzati dall'altro (etichette autoadesive).

Esistono etichette di ogni genere, distinte a seconda del materiale con cui sono prodotte, del tipo di adesivo, della tecnologia di stampa, della stabilità ad agenti atmosferici o del tipo di utilizzo.

Gli esempi di utilizzo sono innumerevoli: il packaging in generale, le etichette nutrizionali, le promozioni di marketing, l'identificazione di semilavorati all'interno delle aziende, l'applicazione dei prezzi e dei codici a barre, il collezionismo di figurine, fino alle cosiddette smart label, integrate con piccoli microchip per l'identificazione a radio frequenza (RFID).

Indice

[modifica] Storia delle etichette di identificazione

[modifica] Contenitori: anfore, otri, butticule, arborelli

Tra il materiale archeologico si sono trovate anfore con fregi raffiguranti pampini e grappoli d'uva, ma tali interventi artigianali avevano più una funzione decorativa che classificativa. A differenza delle anfore olearie che venivano usate solo una volta perché i recipienti, usati ripetutamente, risultavano maleodoranti, le anfore vinarie potevano essere usate più volte; quindi la denominazione di origini poteva variare. Per cui i contenitori di creta erano contrassegnati con pezzi di carbone o di gesso che indicavano eventualmente la data e il luogo di origine. Gli antichi usavano anche un contenitore di sostanza organica: l'otre. Questo era praticamente una pelle rovesciata di animale(per lo più capra o capretto). Chiusa nelle sue aperture e con il vello rivolto all'interno(la peluria tratteneva lo sporco), oltre ad essere un buon coibente, era adatto sia a conservare che a trasportare il liquido, infatti l'otre poteva essere adagiato anche sulla groppa di un giumento. Il Vangelo parla di questo contenitore quando suggerisce di mettere il vino nuovo in otri nuovi. La nascita delle etichette ha un antecedente storico e logico nel suo naturale supporto: la bottiglia. A questo punto bisogna precisare che la bottiglia di vetro segue alla distanza di secoli la bottiglia di legno: contenitore fatto di piccole doghe chiamato dai latini butticula(parva buttis). Una menzione particolare la merita l'arborello: barattolo di ceramica di forma cilindrica usato dagli speziali e destinato a contenere medicinali. L'arborello si identifica in qualche modo con l'etichetta; infatti sulla superficie convessa della ceramica presenta una scritta circondata da un fregio decorativo; si può dire che l'etichetta nasce proprio da qui.

[modifica] I primi indicatori cartacei: cartigli, bottelli, polizzini

La pergamena e il papiro furono il primo supporto della scrittura manuale. Erano opportunamente usati come cartigli, plichi o rotoletti spesso legati con spago al collo del recipiente. L'impiego della carta, introdotto in Europa dagli arabi, in un primo tempo fu riservato ai documenti più importanti. Con l'invenzione dei caratteri mobili l'uso della carta trova una grande espansione. Esistevano contenitori di cuoio; questo materiale poteva accogliere un'impressione a fuoco che bastava a testare l'origine e la qualità del contenuto. L'arte vetraria, che per moltissimo tempo produsse soltanto oggetti di lusso, cominciò a destinare alle bevande le prime diafane fiale di vetro o di cristallo. Già all'inizio del XVIII secolo compaiono i primi cartellini stampati che vengono chiamati in Italia polizzini: piccoli documenti di garanzia che attestano la qualità e la quantità della bevanda con indicazione della Casa produttrice. Stemmi ed emblemi accompagnano i fregi del polizzino. Altro antecedente di ciò che chiamiamo etichetta è il bottello. Il bottello è un prodotto di torchio: praticamente una semplice strisciola contornata da fregi essenziali che indicava l'annata della vendemmia, il nome del produttore e la denominazione della bevanda. Bottello una voce onomatopeica che richiama la botta che il torchio produce nel momento dell'impressione.


[modifica] L'avvento della etichetta vera e propria: etiqueta, ètiquette, label

Per diversi secoli la parola etiqueta era destinata ad indicare un cerimoniale di corte non solo in Spagna, ma anche in Francia e in Italia. Stare all'etichetta significava semplicemente attenersi alle regole di un comportamento aristocratico. Solo in seguito la parola passò a designare il cartellino che si attacca ad un recipiente. Essa diventò attestato di garanzia e ancora proposta commerciale. Capita di poter leggere in un'etichetta antica: per prevenire le contraffazioni di questo prodotto, avvertiamo che le nostre etichette saranno segnate dalla nostra sigla e che le bottiglie sprovviste di essa non meritano alcuna fiducia. Nelle prime decadi dell'800, con il moltiplicarsi dei prodotti aumenta il numero delle etichette e il gusto figurativo si aggiunge, senza soppiantarlo, a quello decorativo; non solo fregi tipografici ma anche figure e vedute di paesaggi. Per rappresentare concretamente la potenza e la forza si traggano della mitologia le figure di Giove, di Venere e di Marte, dalla storia e perfino dalla cronaca quelle di sovrani, di fanciulle e di guerrieri. Parallelamente compaiono scritte sempre più declamatorie: nettare del pontefice, liquore del pellegrino, cognac Napoleone ecc.

[modifica] Lo splendore della stampa cromolitografica: chromos e passpartout

Si può dire che la cromolitografia dette il colore all'etichetta che conobbe quasi subito il suo apogeo; forse questo cartellino che noi chiamiamo etichetta raggiunse il suo splendore tra la fine dell'800 e gli inizi dell'900. Nell'etichette cromolitografiche, che chiameremo chromos, è evidente la maestria dello stampatore e quella dell'artista. Nel procedimento antico della cromolitografia, i piani del disegno e i colori erano riportati in 12 o 13 pietre, corrispondenti ad un magico arcobaleno di luminescenze. La tredicesima pietra era impiegata per decorare questi minuscoli capolavori di un fondale d'oro (in questo caso l'etichetta fa pensare alle miniature medioevali). Spesso, con ultima tiratura, si aggiungeva un sottile strato di lacca che può spiegare l'intatto splendore di questo prodotto. Nel processo di questa stampa non era possibile utilizzare i caratteri tipografici; questi venivano sovrapposti successivamente mediante il processo tipografico. Sempre in questo periodo assistiamo al trionfo del passpartout: si tratta di una medesima vignetta impiegata per liquori diversi. Un grande compresso tipografico creava una serie di etichette; queste venivano distribuite a diverse stamperie, che si occupavano di imprimere su di esse il nome di un vino o di un liquore secondo le richieste del committente. Accadeva che la stessa vignetta compariva ad illustrare prodotti diversi di diversi paesi. In qualche modo l'etichetta era il risultato di un prodotto assemblato. Disegni e colore creati a Parigi, Berlino e Milano distribuiti per tutta l'Europa in stamperie che aggiungevano tipograficamente indicazioni della bevanda e denominazioni del produttore. In pratica uno scambio di prodotti di base tra le principali stamperie europee.


[modifica] Nascita di un collezionismo: le figurine dei grandi magazzini

Era il tempo in cui La Bonne Marchè aveva fatto affari d'oro impiegando figurine che venivano collezionate a Parigi e fuori di Parigi; la Liebig, accogliendo la lezione pubblicitaria, vendeva estratti di carne regalando le sue ricercatissime figurine. I produttori di liquore si portano ben presto sul medesimo piano e praticamente attaccano queste figurine sulle loro bottiglie. La stamperia Bognard di Parigi, su commissione della Liebig, produce 12 figurine riproducenti 12 passaporti e le offre al tempo stesso all'industria dei liquori, che le impiega come etichette facendone un richiamo da collezione. L'avventore, che è potenzialmente un collezionista, cerca di procurarsi in tutti i modi le 12 bottiglie che recano i passaporti. Alla serie fortunata dei 12 Passaporti, corrispondenti a 12 Paesi, si allinea quella delle Banconote, tre delle quali sono dedicate alla Francia. Le nazioni più importanti sono rappresentate in queste due serie. Si capisce la direzione pubblicitaria di questi prodotti destinati ai collezionisti di parecchi paesi. L'etichetta si propone come offerta promozionale: non è propriamente una reclame del prodotto, ma un dono destinato ad accontentare chi lo acquista.

[modifica] Uno specchio che ritrae una società: espressione di un'epoca

Dall'ultima decade dell'800 fino alla Prima Guerra mondiale si svolge un periodo che avrebbe influenzato il clima sociale e artistico non soltanto della Francia, ma anche quello di altri paesi: la Belle èpoque. Il fatto più rappresentativo di questo fenomeno sociale è probabilmente lo spettacolo quello del cabaret spensierato e un po' sfrenato e quello dei teatri, le thèàthe gai au boulevard, che rappresenta spesso una commedia satirica, ma priva di valenza sociale. Questo quadro lo ritroviamo riprodotto nelle etichette di questo periodo. Esse ci presentano una società colta nel suo spontaneo atteggiarsi di fronte alla realtà: esprimono il gusto verso tutto ciò che è piacevole, raffinato e fuori del comune e ancora il rifiuto degli aspetti inquietanti della vita. Le etichette dei liquori di questo periodo sono esteticamente pregevoli. La tematica volge su temi ricorrenti: la scelta di scene caricaturali, satiriche e il gusto per l'esotico. Artisti come Pierre Lotì avevano parlato nelle loro opere d'incanti del Medio Oriente e delle spiagge della Polinesia e dei Caraibi: ecco un tema d'evasione spaziale. L'evasione diventa temporale ed è sviluppata attraverso la rappresentazione di scene che riverberano il fasto dell'antichità classica. Successivamente e in concomitanza della Belle èpoque esplode lo stile floreale: il liberty. Il liberty introduce nelle etichette le sue corde di cetra, gli steli, le foglie e le corolle di papavero. Si rompe la geometria dei fregi marginali e le stesse scritte, presentate con caratteri di fantasia, prendono accenti di languore: rosolio di rosa, liquore di fata ecc.


[modifica] L'etichetta moderna: rèclame di un prodotto commerciale

A partire dell'inizio del secolo scorso si afferma un nuovo processo di stampa che consente di presentare un cartellino che consocia i caratteri tipografici con il colore: la quadricomia. Qui il clichet sostituisce la pietra. Attraverso 4 o 5 impressioni tipografiche si ottengono impasti di colori che conferiscono all'etichetta uno smagliante aspetto. L'etichette di questo periodo si riconoscono dalle piccole sbavature dei diversi inchiostri e ancora da leggeri rilievi prodotti da taccheggio. Il taccheggio, usato dai maestri tipografi, era un rilievo cartaceo che l'artigiano creava per dare evidenza alle scritte presenti nel cartellino. Il risultato di questi prodotti è ancora eccellente. Con l'avvento dell'offset si introduce un procedimento più sbrigativo; ma non si tratta più di stampa diretta. I colori sono più opachi; il nero volge al grigio: l'etichetta diventa più commerciale ma, da un punto di vista estetico, meno pregevole. Tra le etichette dei periodi precedenti e quelle attuali, spesso c'è la differenza che esiste tra un quadro ad olio e un semplice acquerello. Per questo molti produttori richiedono una stampa diretta che comporta costi più elevati ma risultati veramente soddisfacenti. Le grandi Case produttrici di liquori preferiscono riproporre l'immagine originaria, quella stessa che compariva fin dall'inizio, e in tal modo intendono insinuare il prestigio legato all'antichità del loro prodotto. La stampa, accurata e arricchita spesso da rilievi in oro, conferisce ai loro brandy un aspetto superbo e avvincente.

[modifica] Etichette di vini: prodotto commerciale ed ora proposta di collezionismo

Il disciplinamento giuridico, entrato in vigore negli anni '50, ha imposto alle Case produttrici scritte aggiuntive che riguardano la data della vendemmia, la quantità e la gradazione del contenuto, la denominazione del produttore ed ancora il luogo d'origine. In qualche modo diventa un documento. Si capisce che l'etichetta deve attestare qualcosa e risultare al tempo stesso avvincente e gradevole. Comunque il procedimento a stampa indiretta non raggiunge i risultati della chromolitografia e della zincografia. La tematica delle etichette riguarda molteplici aspetti del territorio, della cronaca e della storia. In alcuni casi l'etichetta sembra abbassarsi verso un'ingerenza politica. Si trovano vini (anche liquori) che recano curiose denominazioni: Liquore Stalin, Liquore Mussolini, Vino Don Camillo e Vino Beppone. Compaiono vedute di paesaggi, immagini di fattorie, di ville e di castelli, blasoni e stemmi nobiliari che figuravano in questi cartellini già nel secolo precedente. Nello sforzo di venire incontro alle esigenze di un collezionismo ormai consolidato, si propongono tematiche presenti in alcune serie di francobolli: fiori, farfalle, gatti e perfino rettili. Hanno la suggestione delle réclames in quanto introducono un linguaggio pubblicitario che intende convincere il cliente all'acquisto.

[modifica] Un collezionismo in espansione

La passione per il cartaceo non poteva ignorare l'etichetta come prodotto pubbli-citario e documento di costume e società. Già alla fine del 800 gli acquirenti di vini e di liquori potevano assicurarsi delle figurine, presentate nella versione di etichetta. Risulta che in questo periodo si accese un forte interesse collezionistico verso le chromos che ditte produttrici di carne, di cioccolato e di bevande donavano come offerta aggiuntiva a chi acquistava questi prodotti. A partire dalla seconda metà del secolo scorso si moltiplicano i collezionisti di etichette, di vini e di liquori. La ripartizione di questa folta schiera è operata con questi criteri: collezionisti di etichette di liquore, collezionisti di etichette di vini; collezionisti di etichette antiche (a partire dal 700 fino alla prima metà del 900), collezionisti di etichette moderne (a partire degli anni '50 fino ai nostri giorni). In molti casi le etichette venivano prelevate direttamente dalle superfici delle bottiglie (la bottiglia veniva in precedenza immersa in acqua calda); ma questo procedimento sottoponeva l'etichetta stessa ad uno stress che incideva sul risultato finale. Per questa ragione l'interesse va per le cosiddette etichette vergini, cioè mai attaccate. Molte case vinicole provvedono a stampare in surplus un certo quantitativo di etichette destinate a venire incontro alle richieste dei collezionisti. Questo accorgimento consente al produttore di attuare un'operazione pubblicitaria che restituisce un conto positivo in quanto l'etichetta inserita nell'album del collezionista fa pubblicità a basso costo.

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