Gioacchino Gesmundo
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Gioacchino Gesmundo (Terlizzi, 20 novembre 1908 - Roma, 24 marzo 1944) fu un partigiano impegnato nella Resistenza italiana e un martire delle Fosse Ardeatine.
Nato da Nicola e da Raffaella Vendola, si traferì a Roma nel 1928 ove divenne professore di storia e filosofia presso il liceo Cavour a partire dal 1934. Subito dopo la caduta del fascismo si iscrisse al Partito Comunista Italiano e fu attivo nella resistenza romana.
Sotto l'occupazione tedesca nella sua casa ospitò dapprima la redazione clandestina del giornale L'Unità e successivamente l'arsenale dei GAP romani ai quali aderiva. La sua vita politica si svolse sempre nell'ambito del PCI; divenuto capo locale del controspionaggio del partito, preparò una storia completa del comunismo (andata perduta) e teneva corsi di formazione ideologica ai compagni di lotta.
Il 29 gennaio 1944 la polizia fascista fece irruzione nel suo appartamento dove furono rinvenuti sacchi contenenti chiodi a tre punte (si scoprirà in seguito che Gesmundo stava organizzando un attentato ai danni dei trasporti tedeschi).
Venne dunque arrestato e tradotto nelle carceri di via Tasso (la sua cella è stata la n.13) per essere interrogato. Qui venne torturato per circa un mese. Fu condannato dal tribunale di guerra tedesco alla pena capitale. Affrontò la morte alle Fosse Ardeatine assieme al suo concittadino Don Pietro Pappagallo.
[modifica] Riconoscimenti
Gioacchino Gesmundo è stato insignito della Medaglia d'oro al valore militare partigiano (dpcm del 4 aprile 1948).
[modifica] Curiosità
In Via Vittorio Veneto a Terlizzi è presente una targa che ne commemora la nascita.
Nel Museo storico della Liberazione si conserva una sua camicia insanguinata.
Nel suo comune di nascita sono state dedicate alla sua memoria una scuola media inferiore ed una strada.