Gli incanti
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Gli incanti è un racconto di Antonio Tabucchi, presente nella raccolta Piccoli equivoci senza importanza.
Il piccolo narratore è in vacanza al mare, in casa della zia Ester e della cugina Clelia come tutte le estati. Questa volta, però, il soggiorno è caratterizzato dalle ossessive fantasie della bambina, soprannominata Melusina, che trama per organizzare una serie di incanti ai danni del patrigno Tullio, colpevole, a suo avviso, di aver denunciato il suo vero padre ai tedeschi per sposare la madre. Il bambino è impaurito dall’atmosfera che si respira in casa, un momento allegra, un momento tesa, e teme il gioco di Clelia, soprattutto dopo gli incidenti occorsi alla cameriera Flora e al gattino che lei aveva ricevuto in dono da Tullio. Per questo è sempre tentato di scrivere al padre lontano (ma in verità morto), che lo venga a prendere. Proprio quando la situazione sembra essersi pacificata, il suicidio della zia Ester, inspiegabilmente in contemporanea con l’incanto decisivo, sconvolge l’equilibrio.
Il lettore è trascinato dall’atmosfera sospesa e misteriosa e dalle allusioni di Clelia ad abbracciare la prospettiva della bambina, che diffida di tutto. L’unico personaggio non coinvolto in quest’aura negativa e morbosa, lo zio, viene così considerato un nemico esterno, che turba il magico isolamento, in cui Clelia avrebbe voluto che la madre restasse dopo la morte del padre. Il narratore è frastornato, poiché si trova a metà tra l’attrazione perversa per le pratiche voodoo della cuginetta e il desiderio di una vita piena di sole, rallegrata dai sorrisi del padre, che non arriverà mai.
Questo rovesciamento della realtà rende difficili da comprendere i motivi degli incidenti a Flora e al gattino Cecè, che viene spontaneo ricondurre all’atmosfera magica e non a banali incidenti. Infine la concomitanza tra l’ultimo incanto e il suicidio della zia Ester sembra quasi la realizzazione del rito di Clelia, ma sulla persona sbagliata.
Ovvio appare il richiamo al grande modello dell’Amleto di Shakespeare.