La linguistica nel XVIII secolo
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La Linguistica nel XVIII secolo ha come base le riflessioni sulla stessa linguistica effettuate in età umanistica e rinascimentale, dove dominano studi sul carattere civile del linguaggio e le problematiche letterarie. Dopo la codificazione delle lingue romanze durante il 1500, le grandi scoperte geografiche del 1600 che portano alle prime raccolte poliglotte, si arriva al razionalismo di Cartesio che continua anche nel XVIII secolo del pensiero illuministico, trovando una confluenza con interessi pratici volti alla rivalutazione dell'uso spontaneo del linguaggio, e altri più impegnati in una dimensione storicistica.
Il 1700 deve tuttavia aprirsi un ampio ventaglio di posizioni diverse riguardo il linguaggio, col formarsi in Inghilterra di una corrente empiristica sulle tracce di John Locke, con l'ampliarsi delle raccolte di materiali poliglotti, e con le suggestive idee storicistiche ed estetiche sul linguaggio e sulle lingue avanzate Giovanbattista Vico.
Alla fine del secolo si manifestano i preavvisi della nascita di una linguistica volta alla specializzazione autonoma. Le conoscenze sempre più ampie di lingue diverse da quelle europee e l'influenza del pensiero romantico, che accentua le connessioni tra lingua, popolo e nazione, favoriscono la scoperta della parentela tra le lingue. Temi simili vengono già toccati da Johann Gottfried Herder, da William Jones e dai fratelli August Wilhelm von Schlegel e Karl Wilhelm Friedrich von Schlegel, che portano la lingua sanscrita in primo piano sull'orizzonte degli studi europei.