Luigi Russo
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Luigi Russo nacque a Delia in provincia di Caltanissetta nel 1892. Frequentato il liceo a Caltanissetta, divenne allievo della Scuola Normale Superiore tra il 1910 e 1914. Successivamente prese parte alla prima guerra mondiale, verso la quale nutrì un "ingenuo entusiasmo" per suoi risvolti patriottici ai fini del completamento dell’unificazione territoriale italiana. Nell’immediato dopoguerra assunse la cattedra di Italiano e Latino al Collegio Militare della Nunziatella a Napoli. Giunge con grande celerità la pubblicazione della sua tesi di laurea su Metastasio nel 1915, ma l’incipit della sua carriera si ha nel 1920: anno in cui esce il "saggio su Verga". Verga resterà sempre di interesse a Russo, tanto che nel 1952, nel volume "il tramonto del letterato", troviamo un intervento su "Verga poeta della povera gente".
Comincia proprio nel 1920-1925 la prima e compiuta definizione dell’indirizzo critico-letterario russiano: successivamente al saggio su Verga nel quale attacca la letterarietà in nome della concezione del "poeta primitivo", emerge già matura la sua posizione verso Croce, con il quale scambiò un nutrito carteggio, confermando la distinzione tra poesia e non-poesia, ma completandola con il contesto e il mondo dello scrittore, sia sociale che culturale. Dunque dà molta importanza alla storia, riferendosi chiaramente alla critica desantiana ed inaugurando il suo storicismo integrale. Ridefinisce la nozione di poetica come cerniera tra poesia e non-poesia e applicandola nei suoi studi sui principali autori italiani: Manzoni, Alfieri, Foscolo, Leopardi, raccolti in "Ritratti e disegni storici".
Nel 1925 ottiene la cattedra di letteratura italiana alla facoltà di magistero di Firenze e nel 1934 alla facoltà di Lettere di Pisa. Dopo i notevoli studi metodologici si concentra su Manzoni e i Promessi Sposi che vengono riabilitati a poesia dopo le notevoli discriminazioni crociane. Continua appassionato lo studio sulla cultura ottocentesca napoletana la quale veniva ad assumere un chiaro significato politico. Prende corpo il suo antifascismo "utile e indisturbato" condiviso con illustrissimi colleghi. Esso si consolida sul saggio su Machiavelli, opponendosi alla moda del regime di rappresentare se stesso come il movimento che aveva da tempo attuato gli ideali machiavellici ed invece, sul piano letterario, conferma un Machiavelli "artista della politica".
Assume nel 1943 e dal 1944 al 1946 la direzione della Normale e si conferma uno dei più lucidi e arguti attori della cultura del tempo. Aveva collaborato alla rivista La nuova Italia e diresse Leonardo ed infine volle fondare una proprio rivista: Belfagor nel 1946. Essa si occuperà di critica, storia, politica, filologia e arti figurative. Dalle sue colonne polemizzerà sagacemente e brillantemente coi personaggi di spicco della vita culturale e politica del Paese. E si ergerà sempre a difesa della cultura libera. La fase finale della sua attività sarà rivolta più a studi dedicati alla dialettica.
Soddisfatto della tranquillità della vita a Pisa trascorrerà attivamente, anche in senso politico, gli ultimi anni: non accettò mai il clima politico di monopolio democristiano e si dimostrò sempre laico e liberale. Morì nel 1961 a Marina di Pietrasanta.