Montaggio audiovisivo
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Il montaggio audiovisivo
Nel videoclip l’efficacia del sincretismo linguistico è assicurata dal montaggio. Il montaggio non si riduce ad una banale operazione di “taglia e incolla”, ma svolge la funzione di riunificare musica e immagini in un flusso audiovisivo compatto, coinvolgente, in grado di contagiare lo spettatore, rendendolo partecipe emotivamente. Il montaggio costituisce l’arma segreta dei videoclip, ciò accade perché queste forme brevi hanno rielaborato alcune istanze che affondano le radici nelle avanguardie del secolo scorso, attualizzandole grazie alle moderne tecnologie del digitale nella post-produzione. Le origini del montaggio affondano sulle riflessioni fatte tra l’unione di suoni e immagini, l’autore che più d’ogni altro ha studiato l’interazione audiovisiva è stato [Sergej Ejzenstejn]http://it.wikipedia.org/wiki/Sergej_Mikhajlovi%C4%8D_Ejzen%C5%A1tejn. Nel 1937 il cineasta russo dedica al montaggio un’opera fondamentale, la “Teoria generale del montaggio”. In questo lavoro egli propone di distinguere innanzitutto tra rappresentazione e immagine. Mentre la rappresentazione costituisce un atto semplicemente riproduttivo, l’immagine, configura un procedimento di smontaggio e rimontaggio dei dati reali, creando un interpretazione personale di quest’ultima. Se l’immagine è un intervento espressivo che rivela la natura creativa della rappresentazione, allora lo scopo dell’arte cinematografica sarà innanzitutto quello di rendere percepibile questo processo immaginativo, dandogli un tempo e una forma. Nella riflessione di Ejzenstejn il montaggio si configura dunque come l’insieme delle procedure necessarie a qualificare il tempo dell’immaginare. Egli distingue tre diverse modalità del montaggio. Il primo è chiamato compositivo. Visibile compiutamente nelle arti figurative, esso trova realizzazione nel cinema, nella composizione plastica delle singole inquadrature, dove il tempo si fa presente nel percorso dell’occhio dello spettatore. La seconda modalità è il montaggio sequenziale che rende percepibile la scansione delle sequenze marcando l’alternanza degli stacchi tra le inquadrature. La terza modalità è definita da Ejzenstejn montaggio audiovisivo ed è caratterizzata innanzitutto dalla presenza del sonoro, scaturita dall’associazione tra elementi visivi ed elementi sonori. Nel montaggio audiovisivo il rapporto tra suoni immagini non privilegia la dimensione della sequenzialità, ma piuttosto nella simultanea sovrapposizione di due sistemi indipendenti. La teoria di Ejzenstejn ha influenzato le diverse forme di testualità audiovisiva, avviando una sperimentazione videoartistica che va oltre i tradizionali canoni cinematografici. È su questa prospettiva che si fondano le soluzioni ritmiche delle forme brevi di comunicazione contemporanee, in particolare dei videoclip. Nei video musicali il sincretismo di suoni e immagini risponde a una logica che in parte si distingue da quella cinematografica. In questi micro - testi audiovisivi non c’è quasi mai una narrazione sostenuta dal dialogo e la musica costituisce una componente autonoma poiché è sempre preesistente rispetto alle immagini. Di conseguenza le sequenze visive sono parzialmente slegate dalla linearità imposta dal suono. Nei videoclip le combinazioni tra suoni e immagini non sono il prodotto di una semplice giustapposizione di sostanze differenti, ma l’effetto di una sincresi, termine che esprime la saldatura inevitabile e spontanea che si realizza tra un fenomeno visivo e uno sonoro. In una sequenza audiovisiva i punti in cui si realizza compitamente l’unione tra elementi sonori e visivi sono definiti punti di sincronizzazione. Nei videoclip esiste un rapporto elementare tra colonna audio e colonna video che si riduce alla presenza puntuale di punti di sincronizzazione in cui l’immagine interviene a “mimare” la produzione del suono. Il montaggio quindi sarà fatto non sulle immagini ma sulla musica. Questa costituisce il punto di partenza e di arrivo di un video musicale. I punti di sincronizzazione iscrivono nel testo audiovisivo dei punti di forza, suscitando nello spettatore una specifica disposizione percettiva in cui lo sguardo e la vista si influenzano reciprocamente e contribuiscono a trasformarsi. Nei videoclip un punto di sincronizzazione diffuso è costituito dai raccordi a stacco del suono e dell’immagine. In cui il ritmo frenetico imposto alle immagini dei numerosi tagli di montaggio, e si aggancia, rilanciandolo, al ritmo dei brani musicali e ai gesti dei performer. Tra le figure della sincronizzazione audiovisiva è possibile individuare innanzitutto quelle fondate sulla manipolazione della sostanza visiva, realizzate prevalentemente nella fase di post-produzione. Uno dei primi espedienti visivi utilizzato nei videoclip per marcare il ritmo del brano musicale è stato l’alternanza tra il bianco e nero e il colore. Un altro tipo di manipolazione dell’immagine molto frequente nella realizzazione della sincresi audiovisiva è lo sfocato, che si rivela uno strumento efficace di valorizzazione del suono. Nei video l’uso dello sfocato si combina con un altro tipo di manipolazione che interviene sulla sostanza visiva che consiste nell’intervenire sulla grana delle immagini, alternando alta e bassa definizione. Un intervento estremo di manipolazione delle immagini è il morphing. Il morphing è un effetto digitale che consiste nella trasformazione fluida tra immagini diverse, questo permette di tradurre in modo efficace la definizione del suono e la sua durata. Questi tipi di manipolazione agiscono sulle immagini. Esistono tutta una serie di interventi che mirano a saldare il legame tra suono e immagini manipolando il tempo visivo. Tra questi gli effetti di velocizzazione o ralenti che intervengono direttamente sulla dimensione ritmica del brano musicale. Due interventi ampiamente utilizzati nella costruzione del ritmo audiovisivo sono il congelamento dell’immagine (freeze - frame), accurato effetto di sincronizzazione che consiste nel bloccare temporaneamente il movimento della macchina da presa per marcare una pausa efficace nel flusso sonoro. Il risultato di quest’intervento saranno una serie di fotogrammi che giustapposti l’uno dopo l’altro restituiscono l’effetto di movimento “a scatti”. L’altra tecnica è il frazionamento dello schermo in quadri (split screen) che permette di modulare in modo flessibile i tempi di ingresso delle immagini sui suoni. Una figura rappresentativa del ritmo audiovisivo è il loop. Il Loop è la ripetizione della stessa sequenza di immagini utilizzata soprattutto per i video realizzati per la musica dance in cui le ritmiche generate dagli strumenti elettronici sono caratterizzate dalle ripetizioni ossessive di poche battute. Nella costruzione del ritmo audiovisivo infine svolgono un ruolo importante le figure di avvicinamento, come gli stacchi sull’asse e gli zoom.