Negritudine
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La negritudine è un movimento letterario di cui fecero parte diversi scrittori neri francofoni
Il termine "Négritude" fu coniato da Aimé Césaire nel 1935 nel terzo numero della rivista L'Etudiant Noir [1].
Egli rivendicava l'identità e la cultura nera contro quella francese percepita come strumento di oppressione da parte dell'amministrazione coloniale [2].
L'idea fu poi ripresa da Léopold Sédar Senghor che l'arricchì opponendo la ragione ellenica all'emozione nera.
La nascita di questo concetto e della rivista Présence Africaine [3], che apparve nel 1947 contemporaneamente sia a Dakar che a Parigi, ebbe l'effetto di una deflagrazione: essa, infatti, riuniva i Neri d'ogni nazione, così come gli intellettuali francesi, tra i quali Sartre. Quest'ultimo definì allora la Négritude come “la negazione della negazione dell'uomo nero”.
Dopo Senghor, la négritude diventa l'insieme dei valori culturali dell'Africa Nera. Per Césaire, questa parola designa in primo luogo il rifiuto: rifiuto dell'assimilazione culturale; rifiuto di una certa immagine del nero pacifico, incapace di costruire una civiltà. La cultura prevale sulla politica.
In seguito, scrittori neri o creoli hanno criticato questo concetto, giudicato troppo riduttivo: “La tigre non proclama la sua "tigritude". Essa assale la sua preda e la divora” (Wole Soyinka). Césaire stesso se n'è allontanato, giudicando il termine quasi razzista.
René Maran, autore di Batouala, è generalmente considerato come un precursore della Négritude.
[modifica] Note
- ↑ L'Etudiant Noir.
- ↑ fr: Discours sur le colonialisme, Cahier d'un retour au pays natal.
- ↑ Présence Africaine
