Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio
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Il pianeta Mercurio nel corso del suo movimento attorno al Sole descrive un'orbita che ha la forma di un ellisse di cui il Sole stesso occupa uno dei fuochi.
Il punto dell'orbita del pianeta più vicino alla propria stella si chiama perielio, ma questo per quanto riguarda Mercurio, ed anche altri corpi celesti, non è fisso nello spazio, ma lentamente si sposta nella direzione del moto del pianeta; perciò si dice che Mercurio ha un moto di precessione.
Il fenomeno è previsto dalla teoria della Gravitazione Universale studiata da Isaac Newton, ma Urbain Le Verrier, per primo, scoprì che questo pianeta avanza più velocemente di quello che prevede la teoria stessa, per questo, anche se piccola, c'è una discordanza.
Per il calcolo dell'orbita di un corpo celeste bisogna tener conto degli effetti della relatività generale; quindi è importante il caso della precessione del perielio dell'orbita di Mercurio.
Dalle osservazioni è venuto fuori che la longitudine del perielio, cioè la somma della longitudine del nodo ascendente e l'argomento del perielio, aumenta di 574" d'arco ogni secolo. Ora a causa della presenza dei pianeti e della loro ingerenza, la risultante arriva a contare 531" d'arco al secolo, con uno scarto di 43".
La meccanica newtoniana da sola non riesce a spiegare il perché di questa discordanza ma se facciamo scendere in campo le leggi della relatività si vedrà che siccome Mercurio si muove con una certa velocità ed il Sole provoca una curvatura dello spazio grazie all'intenso campo gravitazionale, i valori dell'accelerazione di Newton devono essere aumentati di un fattore.
Il valore teorico dell'avanzamento sarà:
Δπ
ΔπR = valore dell'avanzamento del perielio dato dalla Relatività Generale e va sommato a quello previsto dalle perturbazioni newtoniane.
n = moto medio del pianeta.
a = semiasse della sua orbita.
e = eccentricità.
t = tempo.
c = velocità della luce nel vuoto.
Dunque il termine correttivo viene introdotto per un corpo celeste in movimento; la correzione riguarda il cubo del rapporto fra velocità del corpo e la velocità della luce, quindi i valori saranno apprezzabili solo quando la velocità del corpo sarà elevata; ora fra tutti i pianeti Mercurio è quello che ha la velocità maggiore e quindi risulta quello dove è stata riscontrata l'anomalia.
La conclusione finale sarebbe quella che per calcolare le orbite dei corpi celesti è più esatta l'applicazione della teoria di Albert Einstein della Relatività Generale che la sola teoria di Newton della Gravitazione Universale.