Puccio Sciancato
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Puccio Sciancato, o Puccio dei Galigai fu un fiorentino del XIII secolo che Dante collocò all'Inferno nella boglia dei ladri assiema ad altri ben quattro sui concittadini (Inf. XXV, 148).
Non si hanno molte notizie storiche sulla sua vita: nel 1268 fu bandito da Firenze con la sua famiglia perché ghibellino, ma già nel 1280 lo troviamo tornato in città, tra i firmatari dell'effimera pace del Cardinal Latino (1280).
Non abbiamo notizie circa la sua presunta attività di ladro. In Dante egli viene citato con l'intero nome (il nomignolo Sciancato poteva forse riferirsi a un difetto fisico) ed è l'unico a non subire un aggravamento della pena, senza subire metamorfosi partciolari con i serpenti. Alcuni hanno voluto spegare questa estraneità con il fatto che Puccio fosse un ladro semplice, mentre gli altri citati sarebbero ladri con varie aggravanti (sacrilegio, peculato, plagio, associazione a delinquere...). Gli elementi che Dante però insinua nel poema (in quel canto la sua attenzione è tutta dedicata sulle trasformazioni fisiche) e le scarsissime fonti storiche rendono impossibile una qualsiasi interpretazione certa del passo.