Soccombenza
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La soccombenza viene generalmente definita dalla dottrina un presupposto dell'azione di impugnativa. Senz'altro essa ricomprende in sé quello che si chiama interesse ad impugnare.
Per individuare la soccombenza in un processo (e quindi accertare l'esistenza dell'interesse ad impugnare necessario per impugnare una sentenza) si distingue generalmente tra soccombenza formale e soccombenza sostanziale. Si avrà la prima quando una domanda o un capo di domanda o un'eccezione non viene accolta o viene accolta solo in parte o è stata accolta una domanda della controparte. La definizione materiale della soccombenza si fonda invece sugli effetti della decisione pronunciata e sulla loro attitudine a pregiudicare la parte. La giurisprudenza è costante nell'affermare che la soccombenza si deve considerare in senso pratico, ossia in relazione ad un pregiudizio concreto ed attuale, e non teorico. "Cassazione 18 agosto 1998, n° 8148: <<La soccombenza che determina l'interesse ad impugnare deve essere valutata non soltanto alla stregua del dispositivo della sentenza, ma anche tenendo conto delle enunciazioni contenute nella motivazione che siano suscettibili di passare in giudicato in quanto presupposti logici necessari della decisione>>. In un processo può capitare che la soccombenza sia dubbia. Il caso più tipico è quello della motivazione sfavorevole al vincitore.