Teorie della criminalità
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La teoria della criminalità è una disciplina che intende spiegare il motivo per cui in certe fasi della loro vita, alcune persone commettono atti di violenza o crimnali. I sociologi, gli psicologi e gli economisti hanno formulato alcune principali teorie.
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[modifica] Spiegazione biologica
Essa spiega la criminalità come un particolare gene presente in alcune persone che lo hanno ereditato fin dall’era primitiva di generazione in generazione. Questi uomini sono spesso riconoscibili in quanto hanno anche le sembianze degli uomini primitivi. Sheldon sostenne che esistono tre tipologie fisiche di persone: endomorfo (grosso, socievole…); mesomorfo ( robusto, muscoloso, attivo, irrequieto…); ectomorfo (magro, fragile, delicato, introverso, nervoso…); Gli individui mesomorfi sarebbero quelli che con più probabilità sarebbero criminali. Questa tesi è stata pressoché abbandonata, ma oggi c’è la nuova teoria per cui gli individui biologicamente predisposti agli atti criminosi, hanno la sindrome XYY. Ovvero un cromosoma in più e che sia ereditato dal padre. Ma tutte queste teorie trovano ben pochi riscontri.
[modifica] Teoria della tensione
Merton ha riformulato un concetto di Drukeim, sostenendo che la devianza è provocata dalle situazioni di anomia, che a loro volta nascono da un contrasto fra la struttura culturale e quella sociale. La prima definisce le mete verso quali tendere e i mezzi con i quali raggiungerle. La seconda consiste nella distribuzione effettiva delle opportunità necessarie per arrivare a tali mete con quei mezzi. Per raggiungere le proprie mete, gli individui possono adottare cinque forme di comportamento: Il primo è la conformità (quindi l’accettazione delle regole); gli altri sono tutti devianti, il secondo è l’innovazione (rubando, imbrogliando, truffando); la terza è il ritualismo (l’abbandono della meta e l’attaccamento alle norme); la quarta è la rinuncia (mendicare, punkabbestiare); Infine la ribellione (il rifiuto delle mete e dei mezzi e sostituzione con nuove mete e mezzi).
[modifica] La teoria del controllo sociale
Si basa su una concezione pessimistica della natura umana, considerata moralmente debole. Essendo l’uomo portato più a violare che a rispettare le norme. I controlli sociali possono essere:
- esterni (tutte le forme di sorveglianza collettivi);
- interni diretti (imbarazzo, sensi di colpa, vergogna…);
- interni indiretti (l’attaccamento inconscio agli altri e la voglia di non deluderli)
Secondo Hirschi, un individuo compie un reato quanto più il legame con la società è debole. Invece diventa imporbabile che un uomo compia un reato quando manifesta: Attaccamento ai genitori o agli insegnanti; si impegna nel perseguimento di obbiettivi convenzionali; si sente coinvolto nelle attività convenzionali; le credenze religiose sono molto forti.
[modifica] La teoria della sub-cultura
Questa teoria è stata sviluppata dalla scuola di Chicago. Secondo Southerland, chi commette un reato lo fa perché si conforma alle aspettative del suo ambiente. (periferie ecc…) In questo senso, le motivazioni del suo comportamento non sono diverse da quelle di chi rispetta le leggi. A essere deviante, infatti, non è l’individuo ma il gruppo a cui egli appartiene. Gli uomini quindi non violano le norme del proprio gruppo, ma solo quelle della società generale.
[modifica] La teoria dell’etichettamento
Secondo questa teoria, fra coloro che commettono atti devianti e gli altri, non vi sono differenze profonde ne dal punto di vista dei bisogni ne da quello dei valori. Infatti la stragrande maggioranza degli individui nella propria vita commette atti di devianza, ma solo alcuni suscitano una reazione sociale per cui si viene etichettati. Qui si può distinguere la devianza primaria (che comprende quelle infrazioni che sono presto dimenticate da chi le compie e da chi le giudica) e la devianza secondaria (quando l’atto di un individuo suscita una reazione da parte della collettività che lo giudicherà in base a quel comportamento per cui l’individuo si adatterà al suo nuovo ruolo).
[modifica] Teoria della scelta razionale
Questa teoria tiene conto della razionalità umana per cui afferma che l’individuo che assume un comportamento deviante altro non è che normale. Esso infatti probabilmente avrà giudicato razionale adoperare quel comportamento per giungere al suo fine.
[modifica] Bibliografia
- Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbaglia, Alessandro Cavalli, Cultura e società. i concetti di base
- Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbaglia, Alessandro Cavalli, Differenzazione e riproduzione sociale
- Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbaglia, Alessandro Cavalli, Organizzazione sociale