Trebbiano di Soave
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Il Trebbiano di Soave è un vitigno a bacca bianca presente nei vigneti delle province della DOC Soave.
Il contributo che può dare alla Garganega, vitigno tipico della DOC Soave, è notevolissimo, soprattutto nella concezione di un Soave meno ricco e più adatto ad un consumo immediato. In effetti se il Trebbiano di Soave fosse più diffuso potremmo avere una efficace dicotomia interna: da un lato il Soave da Garganega in purezza che, pur non perdendo nulla della sua naturale lievità, ha un vigore espressivo in grado di rendere il vino finito più strutturato e denso; dall’altro il Soave ottenuto da un taglio che può arrivare fino al 20% di Trebbiano locale, un bianco spigliato, appena più floreale, interessante da subito ma, se ben preparato, foriero di inaspettati risultati nel tempo.
[modifica] Caratteristiche ampelografiche
Alcuni osservatori sostengono che il Trebbiano di Soave abbia molti aspetti in comune con il Trebbiano di Lugana e con il Verdicchio. Ciò lo si potrebbe evincere da alcuni aromi che questi vini esprimono in uno stato di notevole maturità, sentori di mandarino che ci rimandano anche al Pinot Blanc alsaziano (molto diverso dall’elegante Pinot Bianco diffuso nell’Italia nord orientale). Certamente il grappolo e la foglia non hanno nulla a che vedere con il Trebbiano Toscano e così la buccia dell’acino: nel Trebbbiano Nostrano è tutto più minuto e ridotto, più spargolo e meno vigoroso, la stessa buccia del chicco ha una delicatezza che stupisce. Inoltre la sua produttività non è mai esagerata.
[modifica] Cenni storici
E’ probabile che il Trebbiano di Soave sia l’antica Turbiana di cui si parla almeno dal 1500 e che, conosciuta anche come Trebbiano veronese, producesse già allora vini di gran pregio in Lombardia. I primi segnali affidabili sulla reale presenza veronese della Turbiana risalgono al 1818, quando il Pollini nel suo “Osservazioni Agrarie” lo indica come coltivato in tutta la provincia, anche se poi rischia di far confusione con i Trebbiano Toscano e Romano. Dopo Pollini c’è stata una messe di studiosi pronti a scommettere sulla unicità di questo Trebbiano, sulla sua diffusione e sulla qualità di base dei vini. Il più deciso è stato il Cosmo che alla fine del 1939 segnala la sostanziosa presenza del vitigno nell’area del Soave (fino al 20%), al punto che lo si considerava indispensabile per fare un bianco all’altezza della sua fama. Cosa è successo dopo la Seconda Guerra Mondiale è davanti ai nostri occhi. Il Trebbiano di Soave non è un vitigno facile, la sua produttività è minuta, l’anticipo di maturità rispetto alla Garganega viene quasi considerato un limite, e così lo si comincia a sostituire con il più sicuro e “legnoso” Trebbiano Toscano: inoltre il ceppo autoctono veronese ha un profilo organolettico “troppo” particolare, e dunque in una fase in cui i vini bianchi, tutti, per essere venduti dovevano essere neutri e magri ecco l’occasione di eliminare uno scomodo collaboratore. Sono oggi davvero pochissimi i vigneti con presente l’antica Turbiana, davvero inconfondibile nel suo profumo di rosa e nella sua fragile e piacevolissima sapidità.
[modifica] Presenza sul territorio
Il Trebbiano di Soave è presente in pochi vigneti del comune di Soave. Alcune delle sottozone in cui è stato individuato sono Castelcerino, Fittà, Calvarino e Palestrello. E’ più raro trovarlo a Monteforte.