Veltro
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Il temine veltro nell'italiano medievale indicava un cane da caccia addestrato e veloce.
Esso è sostanzialmente caduto in disuso, ma viene ricordato per via di una famosa profezia che Dante pone all'inizio della Divina Commedia, nei versi 100-111 del I Canto dell'Inferno, in cui Virgilio, riferendosi alla lupa che rappresenta la cupidigia, afferma che
In questi versi il veltro rappresenta un'azione di riforma promossa da Dio, che perseguiti la cupidigia in tutte le sue forme e ristabilendo in tutto il mondo ordine e giustizia. Il significato letterale è: la lupa (della quale si parlava nei versi precedenti e che rappresenterebbe l'avarizia) si accoppia a numerosi animali (forse intesi come altri vizi), sempre di più finché il veltro arriverà, e la ucciderà con dolore. Esso non avrà biosogno ne' di terra ne' di denaro (peltro), ma di sapienza, amore e virtù, e la sua origine sarà umile (feltro inteso come pannodi poco pregio, ma c'è anche chi vi ha letto un'indicazione geografica, tra Feltre e Montefeltro). Sarà la salvezza (salute) dell'Italia, per la quale morono Camilla, Turno, Eurialo e Niso (tutti personaggi dell'Eneide). Il veltro caccerà la lupa di città in città (villa, francesismo), finché la ricaccerà nell'inferno, da dove l'invidia primordiale di Lucifero (il riferimento è alla storia dell'angelo ribelle) l'aveva fatta uscire.
Molti hanno cercato un'identificazione con un personaggio reale (ad es. Cangrande della Scala) o con una carica (il papa o l'imperatore), ma i versi sono volutamente oscuri ed è oggi ritenuto improbabile che Dante pensasse ad un personaggio particolare piuttosto che semplicemente all'azione di riforma in sé stessa. Si parla anche infatti di "vera profezia" di Dante, cioè come egli abbia vaticinato qualcosa di futuro, senza averlo già vissuta rispetto a quando scrisse (a differenza di tutte le altre profezia della Divina Commedia).