Virgilio Maroso
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Virgilio Maroso (Crosara di Marostica, 26 giugno 1925 - Superga, 4 maggio 1949) fu un famoso calciatore Italiano.
Fu insieme a Mazzola il più grande talento del Grande Torino. Un talento che sembrava uscire da una forza sovrumana. Fisico esile, ma robusto, splendido nel suo correre leggero, nello scatto d'anticipo e nei recuperi.
Recitava la parte del terzino come un artista. Era un raffinato palleggiatore, dalla coordinazione naturale, potente ed elegante, riusciva anche a portarsi in attacco con la disinvoltura di un attaccante.
Avrebbe potuto giocare ovunque. L'unico lavoro dell'allenatore fu quello di inculcargli la mentalità del difensore. La sua classe gli permetteva spesso di «nascondere» la palla all'avversario diretto, prima che questi potesse giocarla.
Un fenomeno. Pulito nelle entrate, raramente falloso. Era come una piuma, un merletto. La mano di un pianista talentuoso.
Maroso, si può dire senza enfasi, era la sintesi vivente, tecnica ed agonistica dei migliori calciatori mai esistiti. Fermava gli attacchi più difficili, con una semplicità apparente che solo i grandissimi atleti possiedono. Giocava soprattutto per divertimento anche se non desiderava che la moglie assistesse alle partite.
Riflessi prontissimi, elasticità muscolare e rigida disciplina di vita, per essere perfetto in campo. Alle 22 andava di regola a letto e se usciva alla sera, anche solo per una passeggiata, anticipava la cena, per non perdere più di mezz'ora di riposo. Le sue passioni dopo il calcio erano le motociclette e i cani.
Non era particolarmente superstizioso, ma prima di ogni partita era solito vestirsi sempre allo stesso modo: giacca Principe di Galles e pantaloni di vigogna scuri. E nel recarsi al campo passava da Piazza San Carlo per pestarvi il Toro davanti al Caffé Torino.
Quando morì nella tragedia di Superga doveva ancora compiere 24 anni.
Fratello di Pietro Maroso.