Archestrato di Gela
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Archestrato di Gela fu uno scrittore greco di Gela, vissuto all'incirca nella seconda metà del IV secolo a.C.
Della sua opera ci è pervenuto un numero discreto di frammenti, seppure spesso molto brevi, tramandatici da Ateneo di Naucrati nella sua opera simposiale "I sofisti a banchetto" .
Ateneo ci tramanda, di Archestrato, frammenti di un poemetto che riporta sotto vari titoli, tutti antichi: secondo lo stoico Crisippo si intitolava Gastronomia, secondo Callimaco Hedypatheia ossia, letteralmente, Poema del buongustaio, che è oggi il titolo più diffuso tra gli studiosi.
Il poemetto appare come una parodia dei poemi didascalici di sapore esiodeo molto diffusi in ambito filosofico. Del poema ci restano circa 300 versi, con in più un frammento di 11 versi dagli Hedyphagetica di Ennio: si tratta di versi in cui l'ironia è continuamente dosata con la descrizione di piatti e di mercati ittici, in una sorta di Odissea dei buongustai in cui predomina l'aspetto disimpegnato e di evasione tipico di certa commedia attica.
Archestrato , a tal proposito, prende le mosse dalla storiografia, con i suoi incipit pragmatici, presentando una esposizione delle ricerche (SH 132) che rovescia parodicamente il proemio di Erodoto, così come la metafora del viaggio, che non è inconsueta nei poeti parodici che trattano di gastronomia: d'altra parte gli Hedypatheia sono tutti un viaggio alla ricerca di prelibatezze, così come quello di Erodoto era un viaggio alla ricerca della verità. Sembrerebbe esserci anche una parodia di Parmenide e del suo viaggio simbolico presso la Verità.
Ateneo è prodigo di elogi per il parodo, definendolo persino polyhistor, cioè di grande cultura (325d): in effetti, i frammenti del poemetto appaiono ben costruiti secondo un rovesciamento del tono ispirato dei poeti didascalici, per cui, dopo un proemio pragmatico con la consueta asserzione di dire il vero e di voler propalare la verità, segue una costruzione espositiva secondo la disposizione delle portate di un pranzo tipico del IV secolo.
Archestrato, infatti, oltre ad enumerare le specialità dei vari porti del Mediterraneo, segue poi - secondo quanto già rileva Ateneo (278b) - lo schema degli antichi peripli, enumerando pesci e ricette ittiche secondo la navigazione in senso orario. Infine, segue un'enumerazione delle carni, l'elogio dei vini più adatti al banchetto ed al seguente simposio, con l'indicazione del numero dei convitati, dei profumi da usare e persino dei dessert da offrire agli ospiti, il tutto con signorile "sprezzatura". Gli ultimi versi di questi precetti, diretti, secondo il modello esiodeo, a due "discepoli", Mosco e Cleeno, dovevano essere quelli di SH 192, con la tipica maledizione contro chi non segue i consigli sapienti del poeta.
Proprio la moderazione nella cucina e l'ostentato disinteresse per i piatti di "alta cucina", nonché per i banchetti pantagruelici così diffusi in Grecia dopo i contatti con il mondo macedone e persiano, fecero ben presto dell'opera del poeta siracusano uno spunto dei filosofi, non solo epicurei, per la critica al lusso.
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