Boulé dei Quattrocento
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La ricerca storica greca definisce boulé dei quattrocento il periodo del cambiamento istituzionale verificatosi ad Atene nel 411 a.C. a seguito del colpo di Stato oligarchico.
[modifica] L'antefatto
Quando nel 413 a.C. gli Ateniesi vengono a sapere degli accordi intercorsi tra Spartani e Persiani, iniziano a convincersi che avrebbero potuto attirare il Gran Re di Persia dalla loro parte se solo avessero modificato la costituzione in senso oligarchico. Un ristretto gruppo di tendenze oligarchiche, guidato da Antifonte e comprendente, tra gli altri, Teramene, Frinico e Peisandro, decide di sfruttare l'occasione mettendo in atto un piano volto ad abbattere le strutture democratiche dello stato ateniese. Nel 411 a.C. iniziano i movimenti che porteranno all'instaurazione della cosiddetta boulé dei quattrocento, secondo i lineamenti di un colpo di stato descritto da Tucidide (VIII, 65) e da Aristotele (Ath. Pol. XXIX-XXXI).
L'inizio si colloca lontano da Atene, nell'isola di Samo da cui muove Peisandro che, con un gruppo di congiurati, inizia a spargere il terrore per l'Egeo: arrivati a Taso, ne abbattono il regime democratico e lo stesso fanno in tutte le città che toccano, applicando rigidamente la strategia dell'eliminazione fisica dell'avversario. Giunti ad Atene, persistono nella stessa tecnica fatta di violenza, sangue e terrore: uccidono il demagogo Androcle, sia per eliminare un avversario pericoloso, sia per invogliare Alcibiade, che di Androcle era nemico, a schierarsi dalla loro parte; controllano inoltre con le minacce i lavori dell'assemblea generale, sopprimendo i cittadini che si schierano contro di loro; anche se nessuno di loro riveste alcuna magistratura, riescono a dirigere la politica cittadina, perché nelle riunioni nessun discorso viene pronunciato se non sia stato rivisto da loro.
[modifica] La trasformazione istituzionale
In un clima di cupo terrore, nessun ateniese osa ribellarsi, perché ognuno teme che il proprio vicino di assemblea sia un congiurato e il colpo di stato procede articolandosi nelle seguenti fasi:
- L'assemblea generale, così controllata, decide la nomina di venti probuli con poteri straordinari, in aggiunta ai dieci già in carica: il decreto di Pitodoro che allarga la magistratura straordinaria conferisce ai probuli il diritto di riformare la legislazione; con un emendamento al decreto, Clitofonte invita i probuli a considerare, nella revisione costituzionale, le leggi di Clistene, che vengono sentite come poco democratiche e vicine a quelle di Solone.
- La successiva aseemblea generale viene convocata non nella sua sede naturale, sulla collina della Pnice, a sudovest dell'agorà, ma nel recinto sacro di Poseidone nel demo di Colono, luogo che i congiurati ritengono più sicuro: in questa occasione si decide lo smantellamento del regime democratico, che si inizia con due provvedimenti che vanno ad intaccare le basi della democrazia e della partecipazione popolare alla vita politica. I probuli decretano innanzi tutto l'abolizione della graphé paranomon, dell'accusa di illegalità che qualunque cittadino poteva presentare contro chiunque proponesse una legge: la procedura era intesa quale salvaguardia contro la discussione di leggi antidemocratiche. Da questo momento chiunque poteva senza pericolo presentare una legge che colpisse al cuore le strutture democratiche di Atene. In secondo luogo, viene decisa la gratuità delle magistrature e di tutte le cariche pubbliche, ad eccezione dei nove arconti e dei pritani che si trovavano in quel momento in carica. Questo secondo provvedimento consegnava la politica ateniese nelle mani dei ricchi. Di fronte all'assemblea di Colono i probuli stabiliscono inoltre che a partire da quel momento tutte le risorse economiche devono essere impiegate per la guerra e che il godimento dei diritti politici nella città deve essere limitato a 5000 cittadini selezionati da un collegio di 100 membri, scelti dieci per tribù, i katalogheis.
- I cinquemila cittadini di pieno diritto, selezionati dai katalogheis, scelgono al loro interno 100 anagrapheis con l'incarico di redigere due costituzioni, l'una provvisoria per il presente, l'altra definitiva per il futuro.
La costituzione per il futuro prevede l'istituzione di un Consiglio costituito dai cinquemila cittadini di pieno diritto, di età superiore ai 30 anni, divisi in quattro gruppi. Gli arconti cureranno il sorteggio dei cittadini all'interno di ciascun gruppo e il sorteggio del gruppo che effettivamente gestirà il potere per un anno. Dal consiglio saranno eletti, dal suo interno, gli strateghi, i nove arconti, lo ieromnemone, i tssiarchi, gli ipparchi, i filarchi, i magistrati finanziari, mentre le altre magistrature saranno sorteggiate e non controllate dal consiglio.
La costituzione provvisoria per il presente prevede, invece, la costituzione di una boulè di quattrocento membri scelti fra i candidati presentati dai fileti, i magistrati a capo delle tribù territoriali, che ha il compito di scegliere le magistrature principali.
Sciolta l'assemblea di Colono, i quattrocento, una volta scelti, si dirigono nel bouleuterion e prendono fisicamente il posto dei buleuti in carica, decretando la fine anticipata del consiglio e l'instaurazione di quello nuovo, il 9 giugno del 411 a.C.
Il progetto non viene applicato integralmente, sia per le esigenze della guerra, sia perché, verosimilmente, i congiurati hanno fin dall'inizio inteso la costituzione per il futuro, nella sostanzia più ricca di garanzie verso la maggioranza, unicamente quale strumento per accattivarsi le simpatie dei moderati: secondo Aristotele i cinquemila non vengono mai chiamati a governare, ma il potere viene gestito unicamente dai quattrocento per pochi mesi, fino alla sconfitta di Eretria che causa la perdita dell'Eubea e la sollevazione della popolazione contro i congiurati. Non senza ragione la popolazione teme che gli oligarchi possano decidere non solo di ritirarsi dalla guerra, ma di favorire la parte spartana: le fortificazioni che si vanno costruendo a nord del Pireo, apparentemente a protezione della flotta, vengono interpretate come il tentativo di creare una base per l'invasione dell'esrcito nemico. In questa situazione di caos, Frinico viene ucciso in piazza e Teramene si distacca dai quattrocento, criticandone l'operato, e adoperandosi per il trasferimento delle competenze ai cinquemila. Dopo un periodo di transizione, nel quale il potere vien gestito dai cinquemila e che, secondo Tucidide, coincide con la migliore amministrazione che Atene abbia mai avuto, la democrazia viene restaurata pienamente. Peisandro riesce a fuggire, mentre Antifonte, rimasto volontariamente ad Atene, viene processato e condannato a morte.