Colonna di Traiano
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La Colonna di Traiano è un monumento innalzato a Roma da Apollodoro di Damasco per ordine dell'imperatore Traiano ed è collocata nel Foro di Traiano, in un ristretto cortile alle spalle della Basilica Ulpia fra le due Biblioteche. Fu inaugurata nel 113 d.C., ed è una trascrizione figurata del libro di Traiano (i perduti "Commentarii"), in cui erano descritte le imprese dell'imperatore e del suo esercito in Dacia tra il 101 e il 106 d.C.
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[modifica] Misure e numeri
La colonna raggiunge i 29,6 metri di altezza (pari a 100 piedi romani), 40 metri se si include l'alto piedistallo alla base e la statua alla sommità.
Il fusto è costituito da 18 colossali rocchi in marmo lunense, ciascuno dei quali pesa circa 40 tonnellate ed ha un diametro di 3,83 metri.
I 200 metri del fregio si arrotolano a spirale intorno al fusto per 23 volte e recano circa 2500 figure.
All'interno del fusto una scala a chiocciola di 185 scalini, che permette di raggiungerne la sommità.
[modifica] Descrizione
Il fregio si arrotola a spirale intorno al fusto come se fosse un rotolo di papiro: all'estremità superiore si intravedono le scanalature del fusto, che presenta capitello dorico e base decorati. Sul piedistallo sono presenti rilievi con cataste di armi su tre lati, mentre sul quarto lato si trova la porta che permette di accedere all'interno del basamento, sormontata da un'iscrizione sorretta da due Vittorie. Agli angoli del piedistallo sono disposte quattro aquile. che sorreggono una ghirlanda di alloro.
L'iscrizione [1] sembra dichiarare che la Colonna venne innalzata per mostrare l'altezza del monte che con tanta fatica era stato eliminato per la costruzione del Foro, ma il racconto del fregio rende evidente l'intento celebrativo del monumento, ed il suo uso come tomba (le ceneri dell'imperatore furono deposte nel basamento dopo la sua morte, ora non più presenti) sottolinea le caratteristiche semidivine del personaggio.
In origine esisteva una statua di Traiano in bronzo in cima alla Colonna, ma nel 1588 la statua, ormai perduta, venne sostituita con quella raffigurante san Pietro, tuttora presente, per ordine di papa Sisto V.
[modifica] I rilievi
Il rilievo del fregio raffigura le due campagne militari di conquista della Dacia (101-102 e 105-106 d.C.): le due sezioni sono separate da una Vittoria che scrive su uno scudo.
Le scene sono raffigurate come fossero le illustrazioni sulle spirali di un gigantesco rotolo di papiro avvolto intorno all’asse della colonna. La rappresentazione delle scene è continua e si mostrano non solo battaglie, ma anche partenze e trasferimenti di truppe, lavori di fortificazione, discorsi dell'imperatore ai soldati, sacrifici, ambascerie e sottomissioni. Le scene sono ambientate nel contesto, con rocce, alberi e costruzioni, e sembrano riferirsi ad episodi specifici piuttosto che a generiche rappresentazioni idealizzate.
Gli abbondanti e precisi riferimenti al paesaggio, i particolari realistici di ponti, fortini, accampamenti, la rappresentazione di fiumi o di accampamenti a volo d’uccello ha probabilmente dietro di sé la tradizione romana delle “pitture trionfali", cioè di quei pannelli illustrati che, portati in processione nei trionfi dei generali vittoriosi, mostravano al popolo le scene più salienti delle campagne militari.
La figura di Traiano è raffigurata 59 volte e la sua presenza è spesso sottolineata dal convergere della scena e dello sguardo degli altri personaggi su di lui; è alla testa delle colonne in marcia, rappresentato di profilo e con il mantello gonfiato dal vento; sorveglia la costruzione degli accampamenti; sacrifica agli dei; parla ai soldati; li guida negli scontri; riceve la sottomissione dei barbari; assiste alle esecuzioni.
Un ritmo incalzante, d’azione, collega fra loro le diverse immagini il cui vero protagonista è il valore, la virtus dell’esercito romano. Note drammatiche, patetiche, festose, solenni, dinamiche e cerimoniali s’alternano in una gamma variata di toni e raggiungono accenti di particolare intensità nella scena della tortura inflitta dalle donne dei Daci ai prigionieri romani dai nudi corpi vigorosi, nella presentazione a Traiano delle teste mozze dei Daci, nella fuga dei Sarmati dalle pesanti armature squamate, nel ricevimento degli ambasciatori barbari dai lunghi e fastosi costumi esotici, fino al grandioso respiro della scena di sottomissione dei Daci alla fine della prima campagna, tutta imposta sul contrasto fra le linee verticali e la calma solenne del gruppo di Traiano seduto, circondato dagli ufficiali con le insegne, e le linee oblique e la massa confusa dei Daci inginocchiati con gli scudi a terra e le braccia protese ad invocare la clemenza imperiale.
Le scene della Colonna di Traiano costituiscono un racconto storico che fonde insieme la tradizione artistica dell’arte ellenistica e la solennità tutta romana dell’esaltazione dell’Impero. Il realismo domina nella narrazione e l’unico elemento simbolico è la personificazione dell’imponente e solenne Danubio barbato che, emergendo dal suo letto, invita i Romani a passare. Nella rappresentazione dello spazio e del paesaggio, nelle scene d’azione piene di dinamismo, nel naturalismo cui è improntata la rappresentazione della figura umana si sente ancora viva la tradizione dell’organicità naturalistica greca.
La grande qualità del rilievo ha fatto attribuire le sculture ad un ignoto "Maestro delle Imprese di Traiano", a cui forse si deve anche il cosiddetto "Grande Fregio di Traiano" le cui lastre sono reimpiegate sull'Arco di Costantino. Giovanni Becatti ha ben visto nella colonna di Traiano l’esempio più luminoso della “fusione dell’insegnamento greco e della tradizione romana nell’arte imperiale traianea”.
La visibilità del fregio non era favorita dalla posizione della Colonna, collocata entro un ristretto cortile porticato, anche tenendo conto della possibile presenza di colore, oggi scomparso, e delle integrazioni in bronzo per armi e strumenti. È possibile che una visione più ravvicinata si potesse avere salendo sulle terrazze di copertura della navata laterale esterna della Basilica Ulpia o su quelle che probabilmente coprivano anche i portici antistanti le due biblioteche. Una lettura "abbreviata" era anche possibile senza la necessità di girare intorno al fusto per seguire l'intero racconto, seguendo le scene secondo un ordine verticale, dato che la loro sovrapposizione nelle diverse spire sembra seguire una logica coerente.
[modifica] Tecnica di realizzazione
La realizzazione del monumento richiese una tecnica complessa e una avanzata organizzazione e coordinamento tra le maestranze che lavoravano nel cantiere. Si trattava infatti di sovrapporre rocchi di marmo del peso di circa 40 tonnellate e di farli combaciare perfettamente, tenendo conto sia dei rilievi, probabilmente già sbozzati e successivamente rifiniti in opera, sia della scala a chiocchiola interna, che doveva già essere stata scavata nei rocchi prima della collocazione.
[modifica] Storia successiva
La Colonna rimase sempre in piedi anche dopo la rovina degli altri edifici del complesso traianeo e le fu sempre attribuita grande importanza: un documento del Senato medioevale del 1162 ne stabiliva la proprietà pubblica e ne proibiva il danneggiamento.
Una piccola chiesa (San Niccolò de columna, che doveva sorgere ai piedi del monumento, è ricordata a partire dal 1032, insieme ad un oratorio posto sulla sommità della Colonna, ma risale forse al VIII-IX secolo. La chiesa fu probabilmente eliminata in occasione della venuta a Roma di Carlo V nel 1546. Sempre nel corso del XVI secolo le si fece spazio intorno con l'eliminazione di alcuni edifici privati, mentre il basamento fu parzialmente liberato dall'interro. Sotto papa Sisto V, si pose sulla sommità del fusto la statua in bronzo di San Pietro e fu eretto un muro di recinzione. L'area con il basamento in vista venne ancora sistemata e ripulita a più riprese fino ai primi scavi degli inizi del XIX secolo.
[modifica] Note
- ↑ Senatus populusque Romanus/Imp[eratori] Caesari divi Nervae f[ilio] Nervae/Traiano Aug[usto] Ger[manico] Dacico Pontif[ici]/Maximo trib[unicia] pot[estate] XVII Imp[eratori] VI co[n]s[uli]VI p[atri] p[atriae]/ad declarandum altitudinis/mons et locus tan[tis oper]ibus sit egestus
[modifica] Bibliografia
Salvatore Settis (a cura di). La Colonna Traiana. Giulio Einaudi editore, Torino 1988. ISBN 88-06-59889-9
[modifica] Voci correlate
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