Economia informale
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L'economia informale è l'insieme di transazioni di beni e servizi che sfugge alla contabilità nazionale.
[modifica] Contabilità, mercato ed economia informale
Attività come lo spaccio di sostante stupefacenti, l'evasione fiscale, il contrabbando rientrano in questa categoria, in quanto gli autori del reato di certo non dichiarano né i proventi del loro reddito né il reddito stesso. Ma vi sono anche altre attività, non riconducibili a fattispecie di reato, che costituiscono elementi di un'economia informale: prestito tra familiari o amici, offerta volontaria di lavoro o di aiuto, prestazioni gratuite rientranti nelle norme di cortesia o nei rapporti di buon vicinato, tutte attività passibili (seppure con le dovute cautele) di valutazione in termini monetari ma che, essendo in questo caso gratuite, non vengono contabilizzate nel PIL.
Le cautele da applicare a queste valutazioni non sono di poco conto in quanto se si analizza il fenomeno nella sua profondità e vastità, la possibilità di valutazione in termini monetari diventa sempre più labile in concomitanza con la crescente difficoltà di distinguere ciò che appartiene indiscutibilmente all'<<economico>> da ciò che non gli appartiene. Quindi, in sostanza, non tutta l'economia informale può essere contabilizzata, neanche volendo.
È infatti possibile valutare il volume d'affari delle attività criminali o stimare l'ammontare complessivo delle imposte evase, ma è difficoltoso fare altrettanto con certe erogazioni di servizio pubblico, ed è praticamente impossibile farlo con l'economia domestica, l'autoproduzione e l'autoconsumo.
Da quest'ultima osservazione è possibile ricavare un altro modo per delimitare i due campi dell'economia informale e dell'economia di mercato. L'economia informale può essere descritta come quella che si sottrae ad almeno uno degli aspetti che caratterizzano l'economia moderna (produzione orientata al profitto, effettuata tramite imprese basate sulla divisione del lavoro e rispondente a norme giuridiche di diritto commerciale).
Infine è importante tenere conto del fatto che l'economia di mercato e l'economia informale non sono due mondi separati e non comunicanti – anzi, si può rilevare come le condizioni dell'una influiscano su quelle dell'altra, in un incastro di strutture spesso complementari. L'economia informale, non a caso, ha cominciato ad attirare l'attenzione dei sociologi a partire dalle crisi economiche degli anni '70, che hanno dato un potente impulso al diffondersi di attività economiche distaccate da quelle capitalistiche e industriali in senso stretto.
In questa occasione l'economia informale italiana, sospinta dal desiderio degli industriali di rendere meno rigido il mercato e più basso il costo del lavoro, si è palesata principalmente come aggiramento delle norme di diritto del lavoro e diritto sindacale, ottenuti mediante il decentramento produttivo: nelle piccole imprese le tutele sono notoriamente inferiori, i licenziamenti più facili, i rappresentanti sindacali spesso assenti. È nato in questo periodo, trainato da queste piccole imprese, il fenomeno dei distretti industriali, con annesso e connesso sviluppo dell'economia delle regioni del Nord-Est, che hanno combinato forme di modernizzazione tecnologica adatte a un piccolo impianto con relazioni sociali di reciprocità e strutture familiari che compensano i bassi salari. L'osservazione di queste imprese e del loro ruolo nelle dinamiche politico-sindacali locali porta a pensare che si siano incamminate sulla strada della “normalizzazione” e che la quota di imprese che sfuggono all'imposizione fiscale o al versamento dei contributi sia, nel complesso, diminuita fortemente.
