Diritto del lavoro
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il diritto del lavoro si occupa di disciplinare tutte le materie attinenti al rapporto di lavoro inteso in senso ampio. Quindi spazia dalla regolamentazione delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore a quella delle relazioni sindacali (oggetto propriamente del diritto sindacale ) a quella attinente alle assicurazioni sociali e previdenziali ( di cui si occupa il diritto della previdenza e della sicurezza sociale)
Si tratta di una delle branche del diritto che più direttamente risente dell'influenza della situazione politica generale, occorrendo tradurre in norme e concetti legislativi le concezioni ideologiche o statalistiche del sistema di riferimento.
In Italia, negli anni 1970 fu sviluppato, principalmente ad opera di alcuni giuristi come Gino Giugni, lo Statuto dei lavoratori, contenuto nella legge 20 maggio 1970, n. 300.
La riforma Biagi varata nel 2003 (d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276) si può paragonare per portata e svolta a quella del 1970.
Indice |
[modifica] Le fonti del Diritto del lavoro
[modifica] Fonti internazionali e comunitarie
L'organizzazione internazionale di più antica data che opera nel campo del lavoro a livello mondiale è l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, della quale fanno parte attualmente 178 tra i 191 Stati membri delle Nazioni Unite, che svolge un'attività normativa composta da raccomandazioni indirizzate agli stati in materia di lavoro; raccomandazioni però che gli stessi stati devono recepire e ratificare in progetti di convenzioni all'interno del proprio ordinamento. Se questo ha portato, almeno formalmente, ventate di civiltà e principi di civiltà giuridica nei paesi membro meno sviluppati, ha avuto meno eco nei paesi a struttura giuridica più complessa come l'Italia, spesso dotata di una disciplina giuridica ben più sviluppata del principio recepito.
Portata ben più pesante hanno invece gli atti emanati dall'Unione Europea, di cui l'Italia fa parte. Essendo infatti molto più ristretta come organizzazione (27 membri)e, soprattutto, essendo le fonti comunitarie vincolanti e, nel caso dei regolamenti, direttamente applicabili dopo la loro emanazione, ci si trova di fronte a una uniformazione del diritto del lavoro fra gli stati membro dell'Unione.
[modifica] Costituzione
Il lavoro è uno dei principi fondamentali fissati dalla Costituzione della Repubblica italiana, valore addirittura fondativo della Repubblica stessa (art.1) e criterio ispiratore dell'emancipazione sociale, oltre che oggetto di forte tutela. L'art.35 <<tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni>>, mentre gli art. successivi dettano precisi criteri di determinazione per materie delicate come retribuzione, orari di lavoro e ferie.
[modifica] Legge e atti aventi pari forza
Come fonte centrale (almeno formalmente) dell'ordinamento giuridico italiano, la legge ordinaria (e gli atti con forza di legge) è lo strumento principale col quale lo Stato cerca di equilibrare i delicati equilibri delle parti coinvolte nei rapporti di lavoro.
Se alla fine del XIX secolo il legislatore intervenne solo per principi generali come lo sfruttamento dei minori o delle donne, col passare del tempo gli interventi divennero sempre più frequenti e sempre più complessi. Così il Codice Civile del 1942 arrivò a dare immediatamente definizione del lavoro subordinato (art. 2094), principi generali del contratto di lavoro (art.2060) e soprattutto una disciplina organica (oggi in gran parte abrogata) generale per la tutela del lavoratore subordinato.
Dopo l'entrata in vigore della Costituzione, ci fu un'evoluzione della materia divisibile in tre periodi: un primo periodo di conservazione del modello di intervento tradizionale, con l'allargamento delle tutele già esistenti (legge n.741 del 1959; legge n.1369 del 1960; legge n.230 del 1962). Un secondo periodo con la legge n.300 del 1970 (il famoso e già citato Statuto dei lavoratori), con un perfezionamento del modello di intervento, con l'introduzione dell'intervento diretto dell'azione sindacale. E, infine, un terzo ed ultimo periodo di leggera inversione di tendenza e di contemperamento della tutela del lavoratore a favore del disoccupato e nel rispetto delle esigenze di efficienza e produttività delle imprese.
[modifica] Contrattazione collettiva
L'altro strumento fondamentale della tutela del lavoratore è l'atto espressione principale dell'autonomia collettiva: il contratto collettivo. La funzione primaria del contratto collettivo è quella di integrare e, se possibile, migliorare le tutele offerte al lavoratore dalla legge, adattandole ai vari tipi di contesti (professionale, merceologico, geografico..). La stessa legge spesso rimanda al contratto collettivo, fissando solo determinati principi e lasciando a quest'ultimo la peculiare disciplina. Gli attuali contratti collettivi (cd di diritto comune) non hanno efficacia generale obbligatoria in quanto contratti di diritto privato stipulati tra soggetti privati (le organizzazioni dei datori e dei lavoratori). Essi trovano applicazione soltanto per i soggetti (datore di lavoro e lavoratore) che siano membri di dette associazioni sindacali o che vi abbiano fatto espresso rinvio nel contratto individuale di lavoro. Vi sono tuttavia alcuni contratti collettivi degli anni '50 (circa 8.000 è difficile fare una stima numerica degli accordi collettivi recepiti in D.P.R. ma sono sicuramente di molto inferiori a 1000 al massimo qualco centinaio considerato che nel periodo considerato 1959-1961 e cioè prima del periodo antecedente alla sentenza della Corte Costituzionale del 1962, non si sono avuti più di 1400 provvedimenti legislativi l'anno) che hanno ottenuto efficacia obbligatoria per essere stati recepiti da provvedimenti di legge che ne hanno riprodotto il contenuto in virtù della l. n. 741 el 1959. Ma tale escamotage, elaborato al fine di superare la mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione (che permane tutt'ora), è stato dichiarato incostituzionale e non più utilizzato. Restano ancora in vigore anche alcuni contratti collettivi del periodo corporativo, soppresso nel 1945, ma mantenuti in vigore per legge per non creare un vuoto normativo. Ma il loro ruolo è ormai praticamente inesistente.
[modifica] Usi, equità e autonomia individuale
La discipilina del rapporto di lavoro può essere affidata agli usi normativi, nel caso in cui non ci siano disposizioni di legge o contratti collettivi relativi (art. 2078 c.c.). Gli usi possono sussistere e prevalere anche in caso di disposizione di legge se prevedono una tutela più efficiente, ma non prevalere sul contratto di lavoro.
L'autonomia individuale costituisce fonte di diritto nel senso limitato che il contratto che ne è espressione ha "forza di legge tra le parti" (art. 1372 c.c.) (Persiani-Proia).
È vista d'altronde in maniera assai sfavorevole dal legislatore, per la debolezza del lavoratore nei confronti del datore, e pertanto accolta e prevalente nei confronti di legge e contratti collettivi, soltanto quando preveda vantaggi maggiori rispetto a questi ultimi.
[modifica] Principali argomenti della disciplina
- Lavoro
- Lavoro subordinato e figure parallele.
- Sistema di collocamento pubblico
- Classificazione dei lavoratori
- Contrattazione collettiva
- Contratto di lavoro
- Contratto di lavoro a tempo parziale (o ad orario ridotto, o ancora "part time")
- Modello d'orario di lavoro
- Contratto di lavoro intermittente
- Contratto di lavoro ripartito
- Contratti di lavoro con funzione formativa
- Contratto di lavoro a chiamata
- Svolgimento del rapporto di lavoro
- Vicende del rapporto di lavoro
- Estinzione del rapporto di lavoro
Voci: Diritto: Aerospaziale · degli Animali · Bellico · Internazionale privato · | |
Categorie: Diritto: Agrario · Amministrativo · Assicurazioni · Bancario · Canonico · Civile · Costituzionale · Commerciale · Comparato · Comune · Comunitario · Ecclesiastico · Fallimentare · Famiglia · Finanziario · Industriale · Informatico · Informazione · Internazionale · Lavoro · Penale · Penitenziario · Privato · Processuale civile · Processuale penale · Pubblico · Romano · Tributario |