Utente:Frecciaverde
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salento arbereshe popoli dell'italiataranto L’INSEDIAMENTO DI LINGUA ARBERESHE A SAN MARZANO DI SAN GIUSEPPE
L’insediamento di lingua albanese in Italia e nel Salento, va fatto risalire al XV sec. E si lega alle vicende storiche dell’Albania in quegli anni: l’eroe nazionale albanese, Giorgio Castriota Scanderbeg, impegnato nel respingere i turchi dall’Albania, stringe a Gaeta un giuramento di vassallaggio nei confronti del re di Napoli Alfonso V d’Aragona, in cambio di aiuti militari e viveri che garantì per molti anni nella lotta contro i turchi le spalle coperte . Il patto costituì così la base giuridica con cui può spiegarsi la successiva immigrazione e stanziamento degli albanesi nell’Italia meridionale. Con la morte di Giorgio Castrista Scanderbeg nel1468 e la successiva presa della roccaforte di Croja da parte dei turchi nel 1478, ha inizio la via dell’esilio delle popolazioni albanesi verso l’Italia . La costituzione di comunità albanesi non è avvenuta d’un colpo, con uno spostamento netto e definitvo, alle date tradizionali delle immigrazioni quattro-conquecentesche, ma è il risultato di un lungo e tormentato processo, che comprende passaggi senza stanziamento attraverso centri diversi, rapido insorgere e rapido deperire di agglomerati provvisori, l’assorbimento in comunità italiane di stanziamenti albanesi minoritari, fusione sul suolo italiano tra albanesi di diversa provenienza a tra albanesi e italiani, spostamenti ancora da un centro albanese ad un altro . San Marzano, come tutte le popolazioni ad esso limitrofe, subiì intorno al sec. XV quella che fu nella storia delle colonie albanesi in Italia, la terza migrazione. La terza migrazione risale agli anni 1461 - 1470, quando Giorgio Castriota Scanderberg (principe di Krujia), inviò un corpo di spedizione di circa 5.000 albanesi guidati dal nipote Coiro Stresio in aiuto a Ferrante I d'Aragona nella lotta contro Giovanni d'Angiò. Coiro Stresio sgominò, il 18 agosto del 1461, a Lago di Sangue, posta tra Greci, Orsara di Puglia e Troia, le truppe partigiane di Giovanni d'Angiò guidate da Piccinino.
Per i servizi resi, furono concessi al principe Scanderberg diritti feudali su Monte Gargano, San Giovanni Rotondo e Trani e fu concesso ai soldati e alle loro famiglie di stanziarsi in ulteriori territori. In tali possessi, dal 1463 al 1470 sarebbero sorte le comunità albanesi di: Belvedere, Coronno, Civitella, Faggiano, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Roccaforzata, Crispiano, San Giorgio, San Martino, Santa Maria della Camera, Mennano, Sant'Elia, Lupara,San Paolo in Civitate, Castelmauro e San Giacomo degli Schiavoni (alcune estinte). E quelle di: San Marzano, Chieuti, Campomarino, Casalvecchio, Portocannone, Montecilfone ed Ururi (ancora viventi).
Ferdinando I attuò una politica di ripopolamento di alcune aree in Puglia e diede ai fuggitivi un sicuro asilo ad interi nuclei familiari di ogni classe sociale giunti nel sud Italia per non cadere in schiavitù e non rinunciare alla propria fede. E l’immigrazione continuò per tutto il XVI sec. a più riprese. E’ in questo periodo quindi che si origina l’Albania Salentina al cui interno si condensarono dodici comunità albanofone: la prima fu Faggiano e poi le altre,San Crispieri, San Giorgio, Carotino,Montemesola, Monteiasi, Monteparano, San Marzano, i casali Belvedere, Civitella e San Martino. Il territorio attuale di San Marzano di San Giuseppe fino al 1530 si divedeva in due circoscrizioni: il feudo di San Marzano e la masseria “de li Rizzi”. Di questi le prime notizie certe risalgono al 1281 il primo e al 1196 la seconda; pare che si trattasse di zone che si spopolarono e restarono pressochè disabitate fino all’arrivo degli albanesi. Nel 1530 il capitano albanese Demetrio Capuzzimati acquistò il feudo di San Marzano e la masseria “de li Rizzi” riunificando i territori che compongono ancora oggi il territorio di San Marzano do San Giuseppe. Per facilitare l’immigrazione di famiglie che potessero abitare il feudo, fu concessa ai futuri abitanti l’esenzione da tutti gli oneri fiscali dovuti alla regia corte, per la durata di dieci anni . I profughi albanesi che ripopolarono il casale portarono le proprie tradizioni, la propria religione e la propria lingua. Il culto greco-albanese scomparve a partire dal XVII secolo soccombendo al lungo conflitto che lo contrappose al rito latino della Chiesa cattolica romana tanto che nel 1866 il nome di “San Giuseppe” fu aggiunto a quello di San Marzano,in origine unico nome del paese; anche la chiesa dedicata a Santa Venere, tipica Santa orientale, venne fatta ribattezzare al in onore del Santo latino San Carlo Borromeo . Secondo alcuni autori la scomparsa della lingua arbereshe dall’ Arberia Salentina, con l’unica eccezione di San Marzano, è anche dovuta all’impossibilità per gli arbereshe del Salento di professare il rito greco-albanese, ciò li avrebbe portati ad emigrare verso l’Arberia calabrese che è riuscita a mantenere il rito fino a oggi. Infatti i Vescovi non solo nell’Arberia Salentina ma in tutte le diocesi in cui erano siti gli albanesi, “non hanno avuto altra cura” come afferma il Masci “che di abbattere il rito greco adottato da essi invece di promuovere in questi gli studi, far crescere i lumi, proteggere le scienze e le arti. Da ciò sono venuti eterni litigi e reciproche ostilità . La lotta per la difesa del rito greco-bizantino non rivestì un carattere solo ed esclusivamente religioso, ma rappresentò nella storia delle comunità arbereshe un momento significativo di resistenza all’assimilazione che veniva dal potere e dai gruppi dominanti (feudatari laici ed ecclesiastici) dell’ambiente italiano circostante. Molte comunità albanesi, incluse quelle pugliesi, furono però alla fine costrette o per mancanza di sacerdoti o per i metodi coercitivi dei vescovi latini o dei baroni locali, ad abbandonare il rito religioso originario e a sottomettersi alla chiesa latina. Col trionfo della Controriforma e le norme del Concilio di Trento, si mirò ad estirpare ogni traccia superstite della giurisdizione episcopale ortodossa. E’ solo col pontificato del papa di origine albanese Clemente XI (1700-1721) e di Clemente XII (1730-1740) si rende possibile per gli albanesi di Calabria la fondazione del Collegio “Corsini” nel 1732, e per gli albanesi siciliani la fondazione del seminario greco-albanese di Palermo nel 1734: ma niente viene istituito per gli albanesi del Salento anche se tutta l’intellighentia arbereshe per tutto il XIX sec. si formerà attorno a questi due centri che divengono un centro d’attrazione per tutti gli arbereshe. Non è un caso che saranno solo le comunità arbereshe siciliane e calabresi che per secoli produrranno notevoli prodotti culturali, letterari e politici. E’ soprattutto a partire dal XVIII sec. che fioriranno opere letterarie in lingua arbereshe e molti arbereshe diverranno protagonisti delle vicende politiche dell’Italia con un’attenzione sempre rivolta alla patria d’origine: Francesco Crispi ed Antonio Gramsci sono solo due esempi fra le tante personalità di spicco della comunità arbereshe. Tornando a San Marzano, nel corso dei secoli dopo i Capuzzimati, i proprietari del paese furono i Lopez, i Capace, i Castriota e i Bonelli. Nel 1806 con la legge sull’eversione delle feudalità, la gestione politico-amministrativa del feudo passò alla comunità locale. Nel XX secolo si sono sviluppati i commerci e s'ammodernò l'agricoltura. Nacque una distilleria che produsse un liquore, il "San Marzano", divenuto famoso in Italia e all'estero. Ha dato i natali al matematico Oreste Del Prete (1876-1956). Alle antiche radici albanesi oggi può ricondursi la tradizione di radunare le fascine benedette in uno spazio alla periferia del paese e lì date alle fiamme, mentre si premiano i carri più grandi e meglio allestiti. Si tratta di riti legati alla prosperità e collegate alla terra in una zona che per motivi feudali e religiosi, fu a lungo sottoutilizzata nell’economia agricola. Legata alle origini albanesi è anche l’usanza di imbandire una tavola davanti all’effigie del Santo ed offerta per impetrare la protezione o adempiere a un voto. La preparazione di queste tavole ha inizio molti giorni prima della festa patronale e coinvolge i parenti e la famiglia che organizza la cerimonia. I piatti preparati che poi vengono offerti a turisti e visitatori devono essere tredici. Tutte le pietanze sono caratterizzate da una forte carica energetica: molto pepe nei piatti salati, zucchero e miele in abbondanza in quelli dolci. Matrice albanese che persiste tutt’ora è anche la sfilata dei carri davanti alla statua del patrono il giorno della sua festa . Nel passare in rassegna brevemente la storia degli arbereshe, in particolare sanmarzanesi, si deve ricordare il più importante intellettuale contemporaneo che a partire dalla seconda metà del XX sec. ha dato un importante contributo alla comunità arbereshe sanmarzanese, scomparso da pochi anni: Carmine De Padova. Le poche opere scritte in arbereshe sanmarzanese portano la sua firma e in tutta la sua vita dedicandosi alla causa arbereshe ha notevolmente arricchito e contribuito a custodire la preziosa tradizione arbereshe di un’isola linguistica qual è San Marzano di San Giuseppe. Fra le sue opere: “Dy Miqte ( i due amici)” (1998) e “San Marzano di San Giuseppe – storia, tradizioni, folklore dell’unico paese albanese di Puglia” (1998). --Frecciaverde 03:45, 27 apr 2006 (CEST)