Discussione:Lingue italiche
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Chiedo a qualcuno più esperto di me di formattare l'articolo: LINGUE ITALICHE ANTICHE. - Numistro.
[modifica] Tale affermazione non corrisponde al vero!
Nell'articolo è scritto:
Le lingue Italiche sono attestate per la prima volta da iscrizioni latine che datano al sesto o V secolo AC.
Tale asserzione non corrisponde al vero in quanto le iscrizioni in venetiko o paleoveneto sono più antiche, datate all'ottavo e al settimo secolo a.C..--Paolo sarpi II 12:39, 9 feb 2006 (CET)
[modifica] Anche quest'affermazione non corrisponde al vero!
La seguente affermazione dell’articolo:
“il Latino divenne dominante sulle altre lingue italiche, che cessarono completamente di essere parlate forse nel I secolo”
è assurda e falsa!
Per esteso riporto l’intero paragrafo dell’articolo:
“Appena Roma estese il suo dominio politico sull'intera penisola italiana, il Latino divenne dominante sulle altre lingue italiche, che cessarono completamente di essere parlate forse nel I secolo d.C.. Dal cosiddetto Latino volgare emersero le lingue romanze o neolatine.”
Non esiste alcuna prova di quanto testè affermato, il che, oltre tutto, è in contrasto con le piú ordinarie e scolastiche teorie linguistiche, secondo le quali nei dialetti e nelle lingue romanze/i permane viva la presenza dei sostrati prelatini che lascia chiaramente intendere come le lingue parlate prima e durante la romanità non siano mai scomparse del tutto.
Tale arbitraria affermazione rientra nel quadro della piú ampia teorizzazione ideologica (totalmente priva di scientificità e del tutto insensata anche alla luce delle nuove scoperte archeologiche relativamente alle lingue mesopotamiche) secondo la quale la romanità-latinità avrebbe cancellato completamente le culture, le lingue e le identità preromane sostituendosi interamente ad esse.
I linguisti pur adeguandosi al "politicamente corretto" e alla teoria tradizionale (penalizzata per secoli dalla non conoscenza delle lingue antiche prelatine e pregreche) non sono mai giunti ad affermare quanto si asserisce in questo articolo enciclopedico, ossia a negare una persistenza e una continuità storica delle lingue parlate, sia pur ridotte a mero sostrato.
Inoltre va considerato che:
a) le antiche testimonianze scritte della lingua latina e greca non possono essere assunte come dirette testimonianze delle lingue realmente parlate poiché totalmente arbitrario;
b) l’assenza di testimonianze scritte o d’altra natura non considerata dagli storici delle lingue/dialetti, relativamente alle lingue parlate prima del latino e durante l’epoca romana, di per sé non costituisce prova che queste lingue non esistessero e non abbiano continuato ad esistere.
Altresí, costituisce prova palese dell’esistenza di queste lingue/dialetti, la varietà linguistica delle lingue/dialetti parlati oggi. Varietà che non può che affondare nell’antichità piú remota oltreché nelle successive influenze delle lingue dei popoli aggiuntisi, negli ultimi secoli di vita dell’impero romano d’occidente, nelle aree italica e romanica.
Inspiegabili resterebbero queste diversità e queste varietà se si assumesse l’ipotesi che un tempo tutte le persone nell’ambito italico e della Romania parlassero esattamente la medesima lingua, oltreché ad adoperare il latino, propriamente detto come seconda lingua parlata e scritta da una minoranza.--Paolo sarpi II 13:00, 9 feb 2006 (CET)
[modifica] Falsa affermazione di falsità
- Le prime iscrizioni venetiche sono datate al VI secolo e non all'VIII secolo ed erano scritte in alfabeto derivato da quello etrusco, a sua volta tratto da quello greco in uso nella colonia di Cuma, fondata tra 750 e 725 AC, da cui deriva anche l'alfabeto latino.
- La permanenza dei sostrati prelatini non implica in nessun modo che questi, appunto, sostrati, permanessero come lingue effettivamente parlate.
- Non esiste alcuna prova concreta di una continuità degli elementi riscontrabili della cultura paleoveneta dopo il I secolo DC: le iscrizioni in lingua scompaiono e gli oggetti materiali rinvenuti negli scavi, anche in contesti privati, sono simili a quelli che si trovano in qualsiasi altra regione dell'impero. Il latino è invece attestato nelle iscrizioni e le forme artistiche "romane" nei resti e nei materiali archeologici. Che ci sia stato, nel processo di acculturazione (lento e progressivo, durato al meno un paio di secoli) un complesso gioco di reciproche influenze, qui come in altre regioni dell'impero romano, nessuno intende negarlo e, senza entrare in dettaglio, è aspetto riscontrabile nei dati archeologici. Tuttavia affermare un'identità culturale tra paleoveneti e abitanti dell'attuale Veneto dopo la caduta dell'impero è un'illazione (poco probabile per giunta) e non un fatto. Liberissimo chiunque di sentirsi legato ai Paleoveneti e non ai Romani, purché si sia consci che si tratta di una sensazione, di una credenza, perfettamente legittima, e non di fatti e ragionamenti (e che solo questi ultimi hanno luogo ad essere trattati in un'enciclopedia).
- La lingua o dialetto veneto oggi parlato deriva dal latino (da una delle sue molteplici varianti dialettali, che non si trattava di una lingua "monolitica" come non lo è oggi l'italiano parlato), e non da un ceppo separato, al quale invece apparteneva il paleoveneto.