Triangolo della morte
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L'espressione triangolo della morte appartiene in origine al linguaggio giornalistico, dal quale è passata alla lingua di tutti i giorni. Indica in generale un'area geografica (caratterizzata da tre vertici, tipicamente altrettante città) che assurge all'onore delle cronache a causa dell'elevato numero di omicidii commessi. Assomiglia quindi all'espressione "triangolo industriale" o a "triangolo delle Bermuda".
In particolare, il triangolo della morte indica l'area del Nord Italia che, durante e dopo la guerra civile italiana e la Liberazione dell'aprile 1945, registrò il maggior numero di uccisioni da parte dei militanti partigiani, e in particolare comunisti. L'espressione viene spesso utilizzata in modo polemico per sottolineare l'illegittimità delle violenze compiute (molte volte a danno di civili e innocenti, a scopi di vendetta personale o rapina), che non possono essere inquadrate fra le azioni di guerra e che proseguirono fino al biennio 1946-1947, ben oltre la fine della guerra. Data la matrice comunista della maggior parte di queste violenze, si parla talvolta anche di triangolo rosso.
Secondo Giampaolo Pansa, giornalista e storico antifascista autore di libri molto discussi su questo periodo, in origine l'espressione servì per indicare una zona del Modenese piuttosto ristretta, corrispondente al triangolo compreso fra Castelfranco Emilia e due sue frazioni, Piumazzo e Manzolino (pp. 347-348). Pansa tende ad attribuire ai giornalisti Enzo Biagi e Lamberto Sechi la paternità dell'espressione. In seguito, l'espressione è stata ripresa per indicare aree di volta in volta più ampie, sia dentro che fuori dell'Emilia.
[modifica] Riferimenti bibliografici
- Giampaolo Pansa, Il sangue dei vinti, Sperling & Kupfer, 2003 (citazioni dall'edizione 2006).
- Giorgio e Paolo Pisanò, Il Triangolo della Morte. La politica della strage in Emilia durante e dopo la guerra civile, Mursia, 1992.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Vittime del "triangolo della morte", un elenco a cura di Fabio Galante, tratto essenzialmente dal libro dei Pisanò (Mursia, 1992), con nomi, data e luogo di uccisione e ritrovamento degli assassinati nelle zone di Modena, Reggio Emilia, Bologna e Ferrara.