Carmine Pecorelli
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Carmine Pecorelli (Sessano del Molise (IS), 14 settembre 1928 - Roma, 20 marzo 1979), conosciuto come Mino, fu un giornalista italiano assassinato il 20 marzo 1979 a Roma in circostanze ancora non del tutto chiarite. Dopo la laurea in Giurisprudenza, iniziò la carriera di avvocato, diventò un esperto di diritto fallimentare e fu nominato capo ufficio stampa del ministro Fiorentino Sullo, iniziando così ad entrare nel giornalismo.
Fondò l'agenzia di stampa Osservatorio Politico (OP) che divenne poi anche una rivista.
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[modifica] OP
OP trattava di politica, in particolare di scandali della politica, e comunque di chi in qualche modo aveva qualche potere in Italia, fornendo notizie in anteprima che il Pecorelli stesso raccoglieva grazie alle sue numerosissime aderenze in molti ambienti dello stato, ed accompagnandovi analisi dello stesso.
La testata (il cui nome coincideva con l'acronimo in uso per "ordine pubblico", locuzione di molte accezioni negli ambienti frequentati) divenne presto molto nota ed ebbe anche una certa centralità in ambiti politici, militari e di intelligence, costituendo una sorta di elitaria fonte di comunicazione o di informazione specializzata: politici, dirigenti statali, militari, agenti segreti (e forse anche criminali d'alto bordo) la leggevano con frenetica costanza per scorgervi acute indicazioni su cosa era successo o sagaci previsioni su cosa stava per accadere.
Di diffusione settoriale, era in questo settore praticamente l'unica (se si eccettuavano le agenzie che si limitavano alla diffusione di comunicati stampa) e divenne punto di riferimento anche per una parte del giornalismo d'opinione che, secondo comodo, di volta in volta vi attingeva per costruire argomenti. Soprattutto verso la fine degli anni '70, OP fu spesso la fonte basilare di diverse campagne condotte su settimanali come L'Espresso o Panorama.
[modifica] Giornalista, cronista e storico
Pecorelli aveva una singolare predisposizione, quasi un dono, a scorgere immediatamente fra le righe di uno scarno comunicato o nella banalità di una semplice frase indizi rivelatori di oscuri collegamenti, occulte manovre, recondite intenzioni. Dotato di spiccato senso storico e grandissimo conoscitore della realtà politica, militare, economica e criminale italiana, riusciva a tradurre gli apparentemente innocui avvenimenti in corso in deduzioni che registravano con scabra fedeltà chi faceva cosa in Italia. Va detto che il corpus delle sue edizioni è stato oggetto di una mole impressionante di smentite (soprattutto dopo la sua morte), ma stranamente pochissime accuse hanno resistito in sede giudiziaria di fronte a querele o ad altri procedimenti.
Si è discusso se abbia, nelle sue analisi, inviato talvolta messaggi in codice.
La particolarità del lavoro che svolse, sia per argomenti trattati che per modo di trattarne, fece sì che molte delle sue indicazioni potessero essere sinteticamente definite da altri colleghi "profezie", come ad esempio le note righe sul "generale Amen", nome dietro al quale molti hanno letto la figura del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: sarebbe lui che - secondo la narrazione del Pecorelli - durante il sequestro Moro avrebbe informato il ministro dell'interno Francesco Cossiga dell'ubicazione del covo in cui era detenuto (ma, sempre stando a questa ipotesi, Cossiga non avrebbe "potuto" far nulla poiché obbligato verso qualcuno o qualcosa). Il generale Amen, sostenne Pecorelli nel 1978, senza mezzi termini, sarebbe stato ucciso; per il movente, infilò fra le righe un'allusione alle lettere che Moro scrisse durante la sua prigionia.
Dopo l'omicidio dello statista, Pecorelli aveva pubblicato sulla sua rivista, nel frattempo divenuta settimanale, alcuni documenti inediti sul sequestro, come tre lettere inviate alla famiglia. La ricerca lo aveva portato, ormai senza forse, a scoprire alcune verità scottanti, tanto che profetizzò anche il suo stesso assassinio.
[modifica] Chi trova un nemico...
Nemici, nella sua carriera, se ne era accaparrati tanti. E non gli mancavano i modi per incrementare il bottino.
Con la specialissima autorevolezza che si era guadagnato, anche piccole parole, sbadati aggettivi con i quali apostrofava i soggetti di cui trattava, potevano alla fonte lasciar trasparire un certo marcato disprezzo ch'egli nutriva verso quei politici e quei pubblici funzionari che non solo smaniavano e tramavano per soddisfare misere ambizioni personali, ma lo facevano anche grossolanamente, confusamente, pedestremente. Dall'altra parte, gli interessati sapevano che in ambiti in cui il sospetto è la regola e la diffidenza è la salvezza, quei piccoli aggettivi potevano in un niente distruggere carriere, sogni, ambizioni, programmi. Ed anche uccidere.
E Pecorelli non scriveva solo aggettivi, certamente, ma talora sinteticamente, talaltra con enfasi, descriveva con fulgida ferocia quadri programmatici leciti ed illeciti, anticipava mosse, spiegava fatti strani, svelava piani e mène, individuava fronde ed intuiva tradimenti. Non a tutti questo scrivere poteva fare gran comodo, non a tutti questo scrittore poteva star simpatico.
Eppure, le tante inimicizie non gli impedivano di trattare direttamente con gli ostili che anzi nell'esasperazione del rapporto gli risultavano anche più utili per raccogliere agevolmente "ghiottonerie" e scoop da parte dei molti inclini o interessati a fornirgli ingenti maldicenze e molte informazioni.
Sorvegliato speciale dei servizi segreti, aveva con essi un ambiguo rapporto di scambio di informazioni, probabilmente essendo più venditore che acquirente, come provano i tantissimi piccoli indiretti accenni che a proposito delle vicende più disparate ebbero a sortire in procedimenti giudiziari e di commissioni inquirenti. OP appare, almeno incidentalmente, in talmente tanti procedimenti, da costituire quasi un soggetto storico a sé nel riferimento del periodo.
Pecorelli era iscritto alla Loggia massonica P2 di Licio Gelli. Il ritrovamento del suo nome nelle liste degli aderenti non destò alcuna sorpresa.
[modifica] Il delitto
La sera del 20 marzo 1979 fu ucciso nel quartiere Prati di Roma, poco lontano dalla redazione del suo giornale, con quattro colpi di una pistola calibro 7,65. I proiettili trovati nel suo corpo sono molto particolari, della marca Gevelot, assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell'arsenale della Banda della Magliana nascosto nei sotterranei del Ministero della Sanità.
L'indagine aperta all'indomani del delitto coinvolse nomi tra virgolette noti come Massimo Carminati (esponente dei Nuclei Armati Rivoluzionari e della Banda della Magliana), Licio Gelli, Antonio Viezzer, Cristiano e Valerio Fioravanti, tutti poi prosciolti il 15 novembre 1991.
Nei mesi a seguire le ipotesi sul mandante e sul movente nacquero a grappoli: da Gelli e la mafia, fino ad arrivare ai petrolieri ed ai falsari di De Chirico. La supposta relazione tra l'omicidio Moro e quello di Pecorelli, teoria che attualmente gode del maggior credito, venne fuori solo più tardi.
[modifica] Effetti giudiziari
Il 6 aprile 1993, il pentito Tommaso Buscetta, interrogato dai magistrati di Palermo, parlò per la prima volta dei rapporti tra politica e mafia e raccontò, tra le altre cose, di aver saputo dal boss Gaetano Badalamenti che l’omicidio Pecorelli sarebbe stato compiuto nell’interesse di Giulio Andreotti.
Si aprì un fascicolo sul caso, ed in questo faldone vennero nel tempo ad accalcarsi, grazie alle deposizioni di alcuni pentiti della banda della Magliana, Andreotti, l'allora pm Claudio Vitalone, Badalamenti, Giuseppe Calò, Michelangelo La Barbera, Carminati e diversi altri personaggi di quella stagione dell'italica storia.
Il 24 settembre 1999 fu emanata la sentenza di assoluzione per tutti gli imputati "per non avere commesso il fatto".
Il 17 novembre 2002, in appello, Andreotti e Badalamenti furono condannati a 24 anni di reclusione.
Il 30 ottobre 2003 la Corte di Cassazione annullò senza rinvio la condanna a 24 anni inflitta al senatore a vita Giulio Andreotti e a Badalamenti dalla corte d’Assise d’appello di Perugia.
[modifica] Voci correlate
- Osservatorio Politico