Femmina accabadora
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Con il termine sardo femmina accabadora (s'accabadóra, lett. "colei che finisce", probabilmente dallo spagnolo acabar, finire, terminare) si soleva indicare una donna che uccideva persone anziane in condizioni di malattia tali da portare i familiari a richiedere questo servizio di "eutanasia".
Diverse sono le pratiche di uccisione utilizzate dalla femmina accabadora: si dice che entrasse nella stanza del morente vestita di nero e con il volto coperto, e che lo uccidesse tramite soffocamento con un cuscino, oppure colpendolo sulla fronte tramite un bastone d'olivo (su mazzolu), o ancora strangolandolo ponendo il collo tra le sue gambe.
Si hanno prove di pratiche della femmina accabadora fino a pochi decenni fa. Una delle teorie per giustificare questo tipo di pratica è basata sulle difficoltà di spostamento e di sussidio nei tempi passati, per cui nei paesi isolati e molto distanti da qualsiasi ospedale la famiglia di un soggetto anziano non autosufficiente e quindi in bisogno di cure assidue avrebbe avuto numerosi problemi ad assisterlo, dal momento che il lavoro agricolo era l'unica loro possibilità di sussistenza.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
Bucarelli Alessandro, Lubrano Carlo, Eutanasia ante litteram in Sardegna. Sa femmina accabbadòra. Usi, costumi e tradizioni attorno alla morte in Sardegna, Scuola Sarda, 2003 (ISBN 8887758042)