Gaspare Pisciotta
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Gaspare Pisciotta (Montelepre, 5 marzo 1924 - Palermo, 9 aprile 1954) è stato un personaggio della storia siciliana del secondo dopoguerra.
Gaspare Pisciotta (5 marzo, 1924 – 9 febbraio, 1954) era compagno e amico del bandito siciliano Salvatore Giuliano e considerato il vice di Giuliano nella banda omonima. È noto per essere stato uno dei partecipanti alla strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947. È considerato il responsabile dell'uccisione del bandito Salvatore Giuliano.
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[modifica] Origini
Gaspare Pisciotta, soprannominato "Aspanu" dagli amici, nacque a Montelepre nella Sicilia occidentale nel 1924. Contrariamente a quanto è largamente ritenuto, lui e Giuliano non erano cugini, ma si conobbero da bambini e diventarono amici da ragazzi. Mentre Giuliano rimase a Montelepre durante la guerra, Pisciotta si arruolò nell' esercito e fu catturato mentre combatteva contro i tedeschi. Fu rilasciato nel 1945 e ritornò in Sicilia, dove si unì alla campagna separatista di Giuliano, diventando uno dei membri fondatori della banda.
[modifica] Arresto
Poco dopo la morte di Giuliano, avvenuta il 5 luglio 1950, Pisciotta fu catturato e incarcerato. In carcere fece la sorprendente rivelazione che fu lui ad uccidere Giuliano nel sonno, un'affermazione che contraddiceva la versione delle forze dell'ordine che Giuliano fosse stato ucciso dal capitano dei Carabinieri Antonio Perenze in uno scontro a fuoco a Castelvetrano. Sosteneva di aver ucciso Giuliano dietro istruzioni del Ministro dell'Interno Mario Scelba e di aver raggiunto un accordo con il colonnello Luca, comandante delle forze anti banditismo in Sicilia, di collaborare, a condizione che non fosse condannato e che Luca sarebbe intervenuto in suo favore qualora fosse stato arrestato. Ciò nonostante, durante il processo Pisciotta fu reticente nel rivelare i nomi dei responsabili della strage di Portella della ginestra e non poté documentare le accuse di Giuliano contro il Governo italiano, ufficiali dei Carabinieri e mafiosi coinvolti nella banda Giuliano. Egli fu condannato all'ergastolo ed incarcerato all'Ucciardone di Palermo.
La madre di Giuliano sospettò Pisciotta come un potenziale traditore del figlio prima che lo stesso fosse assassinato, benché Giuliano le avesse scritto: "...noi ci rispettiamo come fratelli...". Se la testimonianza di Pisciotta fu vera, Giuliano non sospettò nulla fino alla sua morte.
[modifica] Prigionia e morte
In prigione, Pisciotta capì che la sua vita era in pericolo. Venne scritto che egli disse: “Uno di questi giorni, mi uccideranno” tanto che rifiutò di dividere la cella con qualcuno prima della sentenza del processo. Secondo alcuni, Gaspare aveva un piccolo passero al quale faceva mangiare il cibo prima di mangiarlo a sua volta, per paura di essere avvelenato e non mangiava il cibo del carcere ma soltanto quello preparato da sua madre e che gli veniva recapitato in cella. In ogni caso la mattina del 9 febbraio1954, Gaspare prese un preparato vitaminico che lui stesso sciolse nel caffè. Quasi immediatamente venne colpito da lancinanti dolori addominali e nonostante fosse portato immediatamente all'infermeria della prigione, morì nel giro di quaranta minuti. La causa del decesso, secondo gli esiti dell'autopsia, fu dovuta all'ingestione di 20 mg di stricnina.
Sia il Governo italiano che la mafia furono indicati come i mandanti dell'uccisione di Pisciotta, ma messuno venne processato per la sua morte. La madre di Gaspare, Rosalia, scrisse una lettera aperta alla stampa il 18 marzo di quell'anno denunciando il possibile coinvolgimento di politici corrotti e della mafia nell'uccisione del figlio, dicendo: “Si, è vero che mio figlio Gaspare non potrà più parlare e molta gente è convinta di essere al sicuro; ma chi sà.forse qualche altra cosa può venir fuori.” Gaspare Pisciotta si suppone abbia potuto scrivere una autobiografia in carcere, alla quale la madre probabilmente si riferiva e che il fratello Pietro provò a far publicare. Questo documento andò però smarrito ed il suo contenuto rimase sempre un segreto.