Giovanni Marinelli
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Giovanni Marinelli (Adria 18 ottobre 1879 - Verona 11 gennaio 1944) è stato un uomo politico italiano.
Economicamente molto agiato, aderì al fascismo fin dalla sua fondazione sostenendo finanziariamente la marcia su Roma. Fu segretario amministrativo del Partito Nazionale Fascista.
Fu inizialmente imputato per il sequestro (ma non per l'omicidio) del deputato socialista Giacomo Matteotti, ma non venne mai processato in quanto il reato venne estinto da un provvedimento di amnistia del 31 Luglio 1925. Ricercato come mandante del sequestro si consegnò alla polizia il 22 Giugno. Al contrario degli altri due coimputati come mandanti, organizzatori e favoreggiatori (Fillippo Filippelli e Cesare Rossi, anch'essi amnistiati), non accusò mai esplicitamente il Duce come mandante principale. Fu fautore e fondatore, se non su ordine, perlomeno con l'assenso di Mussolini, della cosiddetta "Ceka fascista" o "Ceka del Viminale", una piccola e violenta squadra speciale che agiva a fini politici, istituita poco tempo prima del delitto Matteotti.
Membro del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio del 1943 egli votò sì all'o.d.g. Grandi, che chiedeva al Duce di rimettere nelle mani degli organi costituzionali deputati tutti i poteri a loro spettanti secondo la legislazione fascista (tra cui il restituire il totale controllo delle forze armate al Re, secondo il relativo articolo dello Statuto Albertino mai abolito). Condannato a morte nel processo di Verona del 1944, quando i soldati arrivarono nella sua abitazione per portarlo al patibolo egli si mise a piangere e fu staccato con la forza dalla moglie e dai figli: tra i condannati di Verona fu l'unico, insieme a Carluccio Pareschi, ad avere una reazione del genere.