Giuseppe Ferrari
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Giuseppe Ferrari (Milano, 7 marzo 1811 - 2 luglio 1876) fu un filosofo ed un politico italiano. Di posizioni democratiche e socialiste, fu deputato nel Parlamento italiano dal 1860.
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[modifica] Biografia
Ferrari, dopo la morte dei suoi genitori avvenuta quando era ancora giovane, poté godere di una piccola rendita grazie alla quale visse senza particolari problemi economici. Si laureò in legge a Pavia nel 1831. Nel 1839 si recò a Parigi. A causa delle sue convinzioni politiche, passò la maggior parte della sua vita all'estero, in particolare in Francia: fu docente di lettere alla Sorbona, professore di filosofia all'Università di Rochefort, poi a Strasburgo. Ritorna in Italia nel 1859, per partecipare alle vicende che porterranno all'unificazione ed alla nascita dello stato italiano.
[modifica] Il socialismo di Ferrari
Come tutti i teorici socialisti italiani del primo ottocento, Ferrari è fortemente influenzato dalle teorie francesi, ed in particolare dall'Illuminismo. Il suo socialismo si costituisce quindi come una radicalizzazione del principio di uguaglianza affermato dalla Rivoluzione francese.
Ferrari riconosce come unico fondamento della proprietà il lavoro: propone quindi un socialismo che, non strettamente in opposizione al liberalismo, fondato sul merito individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la nascente borghesia, Ferrari si pone dunque in contrasto con i residui feduali ancora presenti in Italia, ed auspica uno sviluppo industriale ed una rivoluzione borghese.
Partecipa anche attivamente al dibattito risorgimentale: contrario all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una federazione di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole regioni. Questo progetto doveva essere attuato attraverso un'insurrezione armata aiutata dall'intervento francese. Lontano dalla maggioranza dei teorici risorgimentali (in particolare Giuseppe Mazzini), che credevano che l'Italia avesse una missione storica, egli credeva -abbastanza pragmaticamente- che fosse necessario l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei diversi stati italiani.
L'opinione pubblica doveva essere preparata alla rivoluzione (che doveva avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori) da un partito di stampo democratico, repubblicano, federalista e socialista (la questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale). Il futuro stato federale sarebbe stato gestito da una assemblea nazionale e da tante assemblee regionali.
Ferrari inoltre era critico verso la formula liberale libera Chiesa in libero Stato, ed affermava la necessità di una superiorità dello Stato rispetto alla Chiesa, corrispondente alla superiorità della ragione rispetto alla credenza religiosa.
[modifica] Bibliografia
- La Federazione repubblicana, 1851
- La Filosofia della rivoluzione, 1851
- L'Italia dopo il colpo di Stato, 1852
[modifica] Collegamenti esterni
- Giancarlo Iacchini, Giuseppe Ferrari: il primo radicalsocialista italiano, dal sito del Movimento RadicalSoialista