I cattolici intransigenti
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Per Cattolici intransigenti, in contrapposizione con Cattolici liberali, si intende quel movimento che, specialmente a partire dal terzo decennio del XIX secolo contraddistingue la maggioranza del clero e del laicato cattolico.
Di fronte alle libertà moderne, che trovano la loro ragione teorica nella rivoluzione francese, e che si svilupperanno con sempre maggiore costanza ed in modo inarrestabile nel corso dell'Ottocento, l’atteggiamento generale dei cattolici è quello di un netto rifiuto: la libertà è figlia del demonio perché apre la via a innumerevoli peccati; in sé il liberalismo è perverso, dunque le sue dottrine sono da rigettarsi in blocco (cfr. Sardá y Salvany, El liberalismo es pecado, 1884). Vari elementi concorsero nell’Ottocento a formare questa mentalità.
Indice |
[modifica] 1. Caratteristiche generali
[modifica] Un forte conservatorismo
Non nuovo di quest’epoca, ma che ora trae dagli orrori della rivoluzione francese nuovo stimolo. Il timore di perdere gli antichi privilegi, la diffidenza spontanea verso quanto non si conosce, lo sforzo di abbandonare ciò verso cui ci si era abituati, tutto questo creava l’avversione verso le novità. Inoltre c’era la constatazione dei mali causati dalla rivoluzione con il rovesciamento dell’ordine antico. L’epoca di Luigi XIV era sicuramente l’epoca d’oro per la Chiesa.
[modifica] Un certo spirito manicheo
Era poi vivo in molti ambienti ecclesiastici e non, un certo spirito manicheo, che porta a considerare cattivo tutto ciò che non è ancora elevato all’ordine soprannaturale; che divide semplicisticamente il mondo in buoni e cattivi (distinzione che compare spesso nell’Ottocento nel carteggio della Segreteria di Stato). Ogni proposta degli avversari della Chiesa o di coloro che ne erano solamente lontani sono considerate sotto una luce sfavorevole, anche quando non contengono nulla contro la fede e i costumi. Questa mentalità è evidente in tutti i campi:
- le filosofie dell’Ottocento sono "aberrazioni dell’uomo abbandonato alle vertigini del suo orgoglio";
- le innovazioni tecniche sono guardate con diffidenza;
- l’uguaglianza e la promozione delle classi meno abbienti e la diffusione dell’istruzione sono pericolosissime.
[modifica] Critica al liberalismo
Gli intransigenti muovevano anche una critica serrata alle lacune ed agli errori del liberalismo, ossia: la ragione umana come unico criterio di verità, l’indifferentismo sistematico, il misconoscimento della rivelazione, lo Stato fonte di tutti i diritti della persona umana, la religione ridotta a funzione sociale. Questi errori minavano la fede soprattutto nelle masse ed erano accompagnati da una politica che ledeva gravemente i diritti e la libertà della Chiesa.
[modifica] Difesa delle strutture cristiane della Società
Nel campo pratico gli intransigenti si preoccupavano della difesa delle strutture cristiane della società. Ma la preoccupazione di difendere la dimensione religiosa e cristiana della società, comprensibilissima, era concretizzata spesso con una tattica discutibile e storicamente errata. Gli intransigenti infatti non concepivano altra forma di società cristiana che non fosse quella dell’ancien règime. Si continuò così:
- a difendere una società organizzata gerarchicamente e fondata sul privilegio
- a concepire una società religiosamente unita, in cui la fede cattolica era considerata l’unico e solo fondamento dello Stato
- a vedere i diritti civili e politici subordinati alla fede e alla pratica religiosa
- ad opporsi all’emancipazione civile e politica degli acattolici, all’effettiva promozione del proletariato, alla libertà di stampa, al regime parlamentare, ad un maggior distacco fra Stato e Chiesa, all’indipendenza degli Stati (in base al principio che, in caso di conflitto tra le tendenze nazionali e i diritti dei sovrani, prevalgono questi ultimi).
[modifica] 2. Alcuni esponenti del cattolicesimo intransigente
- Giuseppe De Maistre
- Félicité Robert de Lamennais (periodo «intransigente» 1809-1826)
[modifica] 3. L’intransigenza in Italia durante la Restaurazione
In genere la cultura italiana conservatrice subisce l’influsso del primo Lamennais e di Giuseppe De Maistre. Questi è ripreso dai teologi per affermare l’azione riformatrice della Chiesa e l’infallibilità papale; le opere del bretone sono diffusissime (almeno fino al 1829, quando Lamennais passa al campo opposto).
Troviamo intransigenti tra il clero (il gesuita poi teatino Gioacchino Ventura di Raulica, l’abate Baraldi, il domenicano Jabalot), tra l’aristocrazia (Cesare Taparelli d’Azeglio, padre di Luigi e Massimo, Clemente Solaro dalla Margherita, a lungo ministro di Carlo Alberto, Antonio Capece Minutolo principe di Canosa, ecc.) e nell’alta borghesia professionale ed universitaria (soprattutto nel centro-nord della penisola). Non va dimenticato il vescovo di Torino, Fransoni.
Mezzi di comunicazione intransigenti:
- periodici: (Ventura a Napoli, 1821), Giornale ecclesiastico di Roma (Jabalot, Ventura, 1825), Memorie di religione, morale e letteratura (Baraldi a Modena, 1822), Pragmatologia cattolica (Lucca dal 1822), L’amico d’Italia (D’Azeglio a Torino, 1822-1829). Dopo il 1830 molti di questi chiudono, ma se ne aprono altri più radicali: La voce della Ragione (Pesaro, 1832-1839), La voce della verità (Modena, 1831-1841);
- opuscoli teoricamente inconsistenti, utopici: I pifferi di montagna del Capece Minutolo, i Dialoghetti sulle materie correnti nell’anno 1831 e Le illusioni della pubblica carità del Monaldo Leopardi.
Caratteristiche dell’intransigentismo italiano:
- opposizione al liberalismo: principio generale è che si può accettare la libertà per tutti quando i cattolici sono in minoranza, mentre ove essi sono in maggioranza non si può accettare la libertà (dei culti specialmente); ci si oppone alla Restaurazione non perché antistorica, ma perché è un compromesso fra vecchio e nuovo, perché non è un puro ritorno all’antico;
- necessità della religione come base dell’ordine sociale: la religione ha una funzione sociale (riprese le idee del De Maistre) ed è l’unico fondamento dello Stato (affermazione detta proprio in un periodo in cui si stava lentamente attuando una nuova base dell’unità politica, l’identità di interessi politici dei cittadini);
- difesa di una società ufficialmente cristiana e gerarchica: affermazione cioè del principio di uno Stato cattolico che discrimina i cittadini secondo le confessioni; da qui l’opposizione all’emancipazione degli ebrei, avversione alla diffusione dell’istruzione;
- diffidenza e condanna di molte innovazioni: ferrovie, illuminazione a gas, scuole magistrali (per insegnare un metodo);
- legittimismo: ogni rivoluzione è illecita, fosse pure quella dei Greci contro i Turchi.
- ultramontanismo e antigiansenismo: il primo spiega il progressivo rafforzamento del potere papale almeno inizialmente per un moto dal basso.
L’intransigentismo italiano si rivelò soprattutto nella difesa del potere temporale e nella lotta contro le leggi laicizzanti. Lo stesso gruppo dei cardinali era diviso fra gli zelanti, intransigenti, e i politici, propensi ad una conciliazione col mondo moderno.
In conclusione: occorre distinguere gli aspetti positivi dell’intransigentismo cattolico (critica all’incipiente laicizzazione, impulso al moto ultramontano), da quelli negativi (chiusura drastica ed utopistica al progresso, fiducia cieca nell’autorità, preoccupazione di mantenere le classi disagiate rassegnate al loro stato, ecc.).
[modifica] Bibliografia
G. Martina, Storia della Chiesa da Lutero ai nostri giorni, III, L’età del Liberalismo, Brescia, 1995