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Ciao,
ti contatto in quanto qui leggo che vivi in Veneto; stiamo organizzando per questo giugno un grande raduno e presentazione a Vicenza: se sei interessata/o clicca qui per avere tutte le informazioni e collaborare con noi, a presto --piero tasso 21:17, 19 feb 2006 (CET)
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VERSIONE AGGIORNATA CON I CAMBIAMENTI CONFERMATI
Indice |
[modifica] MODIFICHE Da APPORTARE e FONTI
- Agim Ceku, criminale di guerra e capo di una banda di gangster (parola di Kofi Annan, vedi secondo e terzo link): [1],[2], [3], [4], [5]
- Su Milosevic e il TPI: articolo da leggere
- Sulla presenza di PSYOPS del Pentagono nella NewsRoom CNN: [6]
- Sulla falsità del "Genocidio", il NY Times: [7]
- Cronologia Kosovo BBC: [8]
- La guerra NATO ha un vincitore, la mafia albanese, lo dice una pubblicazione sponsorizzata dal MIT di Boston: [9]
- UCK, traffico d'armi e droga: [10]
- Human Right Watch smaschera le cifre addomesticate sul massacro di civili serbi durante la guerra aerea: [11]
- Cronologia PBS, che smaschera diversi miti creati dalla stampa (su tutti, la mancata autorizzazione ONU all'attacco): [12]
[modifica] Antefatto
Versione pubblicata
[modifica] Antefatto
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Per approfondire, vedi la voce Guerra del Kosovo. |
Le origini della crisi in Kosovo risalgono alla revoca delle autonomie della regione del governo presediuto da Slobodan Milošević, presidente della Serbia, nel 1989. Al seguito della revoca delle autonomie e di una ventata di nazionalismo serbo che minacciava la minoranza etnica albanese-kosovara, il leader del partito LDK (Lega Democratica del Kosovo), Ibrahim Rugova, promosse forme di resistenza non-violenta, rivendicando l'autonomia kosovara.
Dal 1995 alla protesta non-violenta si aggiunse una resistenza di guerriglia, da parte del neonato UÇK, sorto poco dopo la fine della guerra in Bosnia-Erzegovina e infiltrato da veterani mussulmani anche croati. Questo movimento di guerriglia, inizialmente poco operativo, emerse allo scoperto nell'aprile 1996 con alcuni omicidi e con attentati terroristici (inclusa la distruzione di raccolti) prevalentemente contro cittadini d'etnia serba, ma anche contro cittadini di altre etnie, inclusa l'albanese, perché reputati collaborazionisti verso il governo di Belgrado o semplicemente (come nel caso dei Rom) non graditi; l'UÇK mirava all'indipendenza completa del Kosovo, in polemica con Rugova.
L'UÇK si distinse sin dalle sue origini per infiltrazioni fondamentaliste islamiche e per connessioni - documentate presso l'Interpol - con traffici illeciti nel campo delle droghe, delle armi e della prostituzione, impiegati come forma di autofinanziamento.
Nel marzo 1998 iniziò l'escalation della crisi, caratterizzata dall'intensificarsi delle attività dell'UÇK e da una militarizzazione progressiva del Kosovo da parte delle forze militari e paramilitari serbe. In questo momento la comunità internazionale inizia a seguire la crisi, con l'interessamento di vari paesi europei e degli Stati Uniti, nonché con l'intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. L'interessamento internazionale riguardò anche il "gruppo di contatto" per l'ex Jugoslavia, già attivo con la guerra in Bosnia-Erzegovina.
A fine marzo il Consiglio di Sicurezza dell'ONU emana una risoluzione (1160) con la quale condanna l'eccessivo uso della violenza da ambo le parti, successivamente (maggio) la comunità internazionale mette sotto embargo per gli armamenti la Repubblica Federale Jugoslava.
Nel giugno anche la NATO ed il G8 si esprimono sulla crisi ed a settembre viene emessa una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la 1199, nella quale si rafforza la richiesta di cessare le ostilità e si esprime forte preoccupazione per la sicurezza e la stabilità della regione.
Nel luglio ormai il Kosovo si fa massiccia la presenza militare dello Stato centrale e, disattese le risoluzioni ONU, la NATO minaccia la possibilità di intervenire militarmente nella crisi proclamando un Activation Order, che sarà seguito, nei mesi successivi, da un rischieramento di circa 500 aerei NATO in varie basi italiane (principalmente Aviano e Istrana).
Nel novembre l'OSCE media un accordo grazie al quale invierà duemila osservatori in Kosovo, per verificare la presenza di violenze e le responsabilità delle parti, nonché di sorvoli di ricognizione da parte di aerei NATO sul Kosovo (risoluzione 1203 del Consiglio di Sicurezza).
Successivamente alcuni paesi NATO rischierano in Macedonia un contingente di forze terrestri (operazione Joint Guarantor) con il triplice scopo di fare da deterrente contro eventuali infiltrazioni in Macedonia, di fare pressioni sul governo serbo e soprattutto quello di operare come forza di esfiltrazione (extraction force), in favore degli osservatori internazionali, qualora si fossero presentati pericoli.
Durante l'inverno gli scontri continuano, seppur a bassa intensità. A metà gennaio 1999 avviene però la Strage di Rackak, sotto molti aspetti controversa, nella quale vengono rinvenuti 40-45 cadaveri di kosovari di etnia albanese (sia il numero, sia l'identità delle vittime sono controverse), apparentemente giustiziati, al seguito di violenti scontri tra forze di polizia serbe ed elementi dell'UÇK, sotto lo sguardo degli osservatori internazionali e della stampa. La situazione, già precaria, peggiora notevolmente.
Nel febbraio 1999 si svolge la Conferenza internazionale di pace di Rambouillet, ultimo tentativo di ricomporre la crisi; le condizioni poste alla Serbia saranno l'accettare l'occupazione del Kosovo da parte di forze internazionali, al fine di risolvere la crisi: il documento verrà firmato solamente dal rappresentante dell'UÇK Adem Demaçi, mentre la Serbia rifiuta le imposizioni appellandosi al rispetto della sovranità nazionale, che risulta totalmente violata dall'aggiunta di un annesso all'accordo che preved, di fatto, l'occupazione dell'intera Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro), della quale il Kosovo è una provincia, da parte delle forze NATO Appendici.
A marzo a seguito di risposte negative da parte della Serbia e dopo ripetute minaccie di intervento da parte della NATO, con il parere fortemente negativo della Russia e della Cina, senza alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza, la NATO decide unilateralmente di intervenire con attacchi aerei per imporre alla Serbia la firma ed il rispetto degli accordi di Rambouillet.
Pochi giorni prima gli osservatori dell'OSCE evacuano dal Kosovo.
[modifica] MODIFICHE
Ecco le modifiche che non avevo salvato perché non m'ero accorto del conflitto d'edizione con le tue: (IN NERETTO CI SONO I "CONSIGLI". Ho INOLTRE APPORTATO QUALCHE MODIFICA LA TESTO, FAI ATTENZIONE. GRAZIE)
(UCK andrebbe con la cediglia) -> cediglia?
- Sì! :-) Così: Agim Çeku e UÇK. E poi dovremmo, credo, citare almeno una volta la dizione Kosova albanese e Kosovo i Matohia (verificare grafia) serba. --Piero Montesacro 17:09, 10 mar 2006 (CET)
[modifica] Bozza 1
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Per approfondire, vedi la voce Guerra del Kosovo. |
Le origini della crisi in Kosovo risalgono alla revoca delle autonomie della regione da parte del governo presediuto da Slobodan Milošević, presidente della Serbia (CHI ERA ALL'EPOCA IL PRESIDENTE FEDERALE? ->non ho trovato il dato, apparentemente Stambolič, mi viene il dubbio che Milosevic fosse presidente serbo), nel 1989 (forse 88).
- Anche a me viene il dubbio. Per questo bisogna verificare chi fosse il presidente Jugoslavo e chi quello Serbo. Anche se per avventura fossero la stessa persona, occorre distinguere tra le cariche. Giusto?
A seguito della revoca delle autonomie e di una ventata di nazionalismo serbo che minacciava la minoranza etnica albanese-kosovara, il leader del partito LDK (Lega Democratica del Kosovo), Ibrahim Rugova, promosse forme di resistenza non-violenta, rivendicando l'autonomia kosovara.
Dal 1995, alla protesta non-violenta si aggiunse una resistenza di guerriglia, da parte del neonato UÇK, sorto poco dopo la fine della guerra in Bosnia e guidato da veterani mussulmani di Bosnia, come il colonnello Agim Çeku.
- Non ho detto che fosse fondamentalista, ma mussulmano credo lo sia. Che sia un colonnello Croato veterano della guerra in Bosnia credo sia vero. Era stato segnalato al Tribunale come criminale di guerra. Che poi non sia stato incriminato è un altro affare, difatti non avevo espresso certezza in questo senso e ho scritto a memoria. Se non vuoi farlo tu, cerco io materiale in proposito, credo sia tanto più rilevante, visto che nel frattempo ne hanno fatto un primo ministro.
Questo movimento di guerriglia, inizialmente poco operativo, emerse allo scoperto nell'aprile 1996 con alcuni omicidi e con attentati (inclusa la distruzione di raccolti) contro cittadini d'etnia serba; l'UÇK mirava all'indipendenza del Kosovo, in polemica con Rugova.
L'UÇK si distinse sin dalle sue origini per infiltrazioni fondamentaliste islamiche e per connessioni - documentate presso l'Interpol - con traffici illetici nel campo delle droghe,, delle armi e della prostituzione, impiegati come forma di autofinanziamento.
Nel marzo 1998 iniziò l'escalation della crisi, caratterizzata dall'intensificarsi delle attività dell'UÇK e da una militarizzazione progressiva del Kosovo da parte delle forze militari e paramilitari serbe. In questo momento la comunità internazionale inizia a seguire la crisi, con l'interessamento di vari paesi europei e degli Stati Uniti, nonché con l'intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
[modifica] Bozza 2
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Per approfondire, vedi la voce Guerra del Kosovo. |
Le origini della crisi in Kosovo risalgono alla revoca delle autonomie della regione del governo presediuto da Slobodan Milošević, presidente della Serbia, nel 1989. Al seguito della revoca delle autonomie e di una ventata di nazionalismo serbo che minacciava la minoranza etnica albanese-kosovara, il leader del partito LDK (Lega Democratica del Kosovo), Ibrahim Rugova, promosse forme di resistenza non-violenta, rivendicando l'autonomia kosovara.
Dal 1995 alla protesta non-violenta si aggiunse una resistenza di guerriglia, da parte del neonato UÇK, sorto poco dopo la fine della guerra in Bosnia e infiltrato da veterani mussulmani anche croati. Questo movimento di guerriglia, inizialmente poco operativo, emerse allo scoperto nell'aprile 1996 con alcuni omicidi e con attentati (inclusa la distruzione di raccolti) contro cittadini d'etnia serba; l'UÇK mirava all'indipendenza completa del Kosovo, in polemica con Rugova.
L'UÇK si distinse sin dalle sue origini per infiltrazioni fondamentaliste islamiche e per connessioni - documentate presso l'Interpol - con traffici illeciti nel campo delle droghe, delle armi e della prostituzione, impiegati come forma di autofinanziamento.
Nel marzo 1998 iniziò l'escalation della crisi, caratterizzata dall'intensificarsi delle attività dell'UÇK e da una militarizzazione progressiva del Kosovo da parte delle forze militari e paramilitari serbe. In questo momento la comunità internazionale inizia a seguire la crisi, con l'interessamento di vari paesi europei e degli Stati Uniti, nonché con l'intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. L'interessamento internazionale riguardò anche il "gruppo di contatto" per l'ex Jugoslavia, già attivo con la guerra in Bosnia-Erzegovina.
A fine marzo il Consiglio di Sicurezza dell'ONU emana una risoluzione (1160) con la quale condanna l'eccessivo uso della violenza da ambo le parti, successivamente (maggio) la comunità internazionale mette sotto embargo per gli armamenti la Repubblica Federale Jugoslava.
Nel giugno anche la NATO ed il G8 si esprimono sulla crisi ed a settembre viene emessa una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la 1199, nella quale si rafforza la richiesta di cessare le ostilità e si esprime forte preoccupazione per la sicurezza e la stabilità della regione.
Nel luglio ormai il Kosovo è sotto l'occupazione militare Serba e, disattese le risoluzioni ONU, la NATO minaccia la possibilità di intervenire militarmente nella crisi proclamando un Activation Order, che sarà seguito, nei mesi successivi, da un rischieramento di circa 500 aerei NATO in varie basi italiane (principalmente Aviano e Istrana).
Nel novembre l'OSCE media un accordo grazie al quale invierà duemila osservatori in Kosovo, per verificare la presenza di violenze e le responsabilità delle parti, nonché di sorvoli di ricognizione da parte di aerei NATO sul Kosovo (risoluzione 1203 del Consiglio di Sicurezza).
Successivamente alcuni paesi NATO rischierano in Macedonia un contingente di forze terrestri (operazione Joint Guarantor) con il triplice scopo di fare da deterrente contro eventuali infiltrazioni in Macedonia, di fare pressioni sul governo serbo e soprattutto quello di operare come forza di esfiltrazione (extraction force), in favore degli osservatori internazionali, qualora si fossero presentati pericoli.
Durante l'inverno gli scontri continuano, seppur a bassa intensità. A metà gennaio 1999 avviene però la Strage di Rackak, sotto molti aspetti controversa, nella quale perdono la vita numerosi kosovari di etnia albanese, apparentemente giustiziati, al seguito di violenti scontri tra forze di polizia serbe ed elementi dell'UÇK. La situazione, già precaria, peggiora notevolmente.
Nel febbraio 1999 si svolge la Conferenza internazionale di pace di Rambouillet, ultimo tentativo di ricomporre la crisi; le condizioni poste alla Serbia saranno l'accettare l'occupazione del Kosovo da parte di forze internazionali, al fine di risolvere la crisi: il documento verrà firmato solamente dal rappresentante dell'UÇK Adem Demaçi, mentre la Serbia rifiuta le imposizioni appellandosi al rispetto della sovranità nazionale.
A marzo a seguito di risposte negative da parte della Serbia e dopo ripetute minaccie di intervento da parte della NATO, con il parere fortemente negativo della Russia e della Cina, ma dietro un silenzio del Consiglio di Sicurezza, la NATO decide unilateralmente di intervenire con attacchi aerei per imporre alla Serbia la firma ed il rispetto degli accordi di Rambouillet.
Pochi giorni prima gli osservatori dell'OSCE evacuano dal Kosovo.
[modifica] Appunti
- maggio: il gruppo di contatto decide un embargo sugli investimenti esteri in Jugoslavia.
- luglio 1998: l'esercito serbo occupa militarmente il Kosovo.
- novembre 1998: l'OSCE media un accordo, invierà 2000 osservatori.
- 17 gennaio 1999: strage di Rackak.
- 6 febbraio 1999: Conferenza internazionale di pace di Rambouillet, firmerà solo il rappresentante dell'UCK Adem Demaçi, sulla presenza di truppe NATO in Kosovo, i serbi rifiutano.