Pier Candido Decembrio
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Pier Candido Decembrio (Pavia 1392 - Milano 1477) fu un letterato e storico dell'età umanistica.
[modifica] Nota biografica
Nato a Pavia, figlio del vigevanese Uberto Decembrio che fu uno dei primi umanisti lombardi, seguendo le orme paterne si formò nelle belle lettere e nelle arti liberali, e nel 1419 fu chiamato da Filippo Maria Visconti alla corte milanese, divenendo segretario del Duca. Dopo la sua morte (1447), parteggiò per la Repubblica Ambrosiana, che lo inviò ambasciatore in Francia per chiedere soccorso contro Francesco I Sforza, che stava per sottometterla: egli stesso fu poi incaricato di consegnare al nuovo padrone le chiavi della città. Ovviamente contrario al nuovo regime, nel 1450 esulò a Roma, dove il papa Niccolò V lo nominò segretario apostolico, ruolo che svolse anche sotto il suo successore, Callisto III. Ebbe poi simile incarico dal re di Napoli, Alfonso d'Aragona. Nel 1459, riconciliatosi con il duca Francesco, tornò a Milano; tra il 1466 e il 1474 fu a Ferrara allo corte di Borso d'Este. Rientrato definitivamente a Milano, una malattia improvvisa pose termine alla sua vita il 12 novembre 1477. Fu tumulato in un fastoso sepolcro nella basilica di Sant'Ambrogio.
[modifica] Opere
La straordinaria produzione del Decembrio (gli sono attribuite centoventisette opere) si divide essenzialmente tra le traduzioni e le opere storiche. Tradusse dal greco in latino parte dell'Iliade, la Ciropedia di Senofonte, alcune Vite di Plutarco, le Storie di Appiano; e dal latino in italiano i Commentari di Giulio Cesare, la Storia di Curzio Rufo, la prima decade di Tito Livio.
Scrisse un Compendio di Storia Romana e un riassunto delle Vite di Plutarco; la Peregrina Istoria sulle magistrature romane.
Le sue opere più note sono le Vite dei duchi Filippo Maria Visconti e Francesco Sforza. Prendendo a modello Svetonio, come lui fu pronto a scrivere dei due sovrani, anche e specie del primo di cui pure fu segretario, un ritratto a volte impietoso, mettendone in luce i vizi e le debolezze. Questo forse contribuì all'immagine negativa della personalità del duca Filippo Maria che tuttora si tramanda. Per questo suo animo così poco cortigiano subì prima il sarcasmo di Francesco Filelfo e poi la censura di Paolo Giovio, lo storico "ufficiale" dei duchi di Milano. La lettura dei classici gli avevano ispirato l'amore per le libertà repubblicane (da cui il vano sostegno alla repubblica ambrosiana, duramente pagato) e l'odio per i tiranni. Posizioni ormai anacronistiche, come lo furono quelle dei suoi modelli, ma che rivelano la nobiltà del suo animo.
Di lui si conserva anche una vastissima corrispondenza.